Mouchette - Tutta la vita in una notte - Film (1967)

Mouchette - Tutta la vita in una notte
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Titolo originale: Mouchette
Anno: 1967
Genere: drammatico (colore)
Note: Il soggetto del film è tratto dal romanzo dello scrittore francese Georges Bernanos "Nouvelle histoire de Mouchette" pubblicato nel 1937.

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TITOLO INSERITO IL GIORNO 15/07/07 DAL BENEMERITO RENATO
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Renato 15/07/07 17:06 - 1648 commenti

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La storia di Mouchette, adolescente francese che cerca di crescere tra mille problemi. Bresson descrive l'ambiente famigliare come qualcosa di freddo, neutrale quando non addirittura ostile, e lascia che la sua protagonista vagabondi nella vana ricerca di una tranquillità che sembra non esistere nel suo orizzonte...un grande film, che mette i brividi per la sincerità persino brutale che viene utilizzata per raccontarci quella che in fondo, per quanto triste, è una storia semplice.

Harrys 29/09/10 13:05 - 687 commenti

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L'essere predestinato ad un'esistenza priva di qualsivoglia gratificazione. Umiliato, vessato, precoce. Inglobato in un ambiente rurale, le cui leggi sembrano lontane anni luce da noi, ma che in realtà risiedono beatamente nell'ordinario. Ogni piccolo gesto appare come fautore di una "secondità". Un elogio della piccola forma protratto da un incedere che ci catapulta in un rapporto quasi carnale con l'adolescente protagonista. Essenziale, minimalista, tanto che udiamo la voce di Mouchette solo dopo la mezz'ora. Più duro di un qualsiasi torture-porn.

Cotola 21/11/11 23:32 - 9052 commenti

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Successivamente al capolavoro Au hasard Balthazar, Bresson ritrae un altro personaggio femminile del tutto simile al precedente (con risultati un po' inferiori), marchiato dalla sofferenza e predestinato ad un tragico epilogo. Mouchette è un essere puro ed indifeso che finisce, infatti, vittima del violento ed insensibile mondo circostante, dinanzi al quale non c'è che un'unica strada da percorrere. Al solito il regista francese è estremamente sobrio ed essenziale nella messa in scena, eppure emoziona come capita solo ai grandi maestri.

Mickes2 1/11/12 16:40 - 1670 commenti

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Tragico ritratto di un’adolescenza negata. Quel periodo della crescita simbolo di vitalità e scoperta, qua è solo squallore e violenza; non c’è spazio, non c’è luce dietro l’angolo: solo l’infinita tristezza dell’animo materializzata in genitori egoisti, ubriaconi, moribondi. Nessuna facile accoglienza nel mondo reale, l’esistenza è un microcosmo intriso di stenti e povertà, una società ostile, istituzioni assenti condannando a priori i più deboli. La liberazione è una sola, l’unica possibile per essere accolte in un candido e sereno Domani.
MEMORABILE: Il finale.

Deepred89 23/12/12 05:09 - 3707 commenti

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I quattrocento colpi secondo Bresson, ovvero essenzialità, prevalenza del dettaglio e sottorecitazione al servizio di una storia di (mala) adolescenza. Il risultato appare piuttosto faticoso anche se non privo di suggestione: le divagazioni extra-Mouchette (troppe, per un'ora e un quarto di durata) appesantiscono ulteriormente una narrazione già fredda di partenza, ma le ambientazioni e gli sviluppi della trama riescono a creare un'atmosfera cupa e fiabesca in grado di suscitare, se non vera emozione, perlomeno interesse. Non il miglior Bresson.
MEMORABILE: Gli autoscontri con la musica beat in sottofondo.

Tarabas 11/05/16 12:05 - 1878 commenti

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Mouchette è un animalino selvatico arrabbiato, spaventato, disperato. Bresson la segue durante una giornata o poco più della sua vita miserabile, in una campagna che non ha nulla di idillico. Con una messa in scena scarna come la recitazione degli attori e come l'esistenza dei protagonisti, il regista sembra dire allo spettatore: sei tu a dover provare qualcosa di fronte a questa ragazzina, alla sua storia. Io non te lo suggerirò con trucchi retorici. Quel che provi è la prova di chi sei. Programmaticamente ostile, a tratti insostenibile, intenso.

Giufox 1/05/21 09:49 - 324 commenti

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Allegoria biblica più che trattato naturlastico, costruisce il suo personaggio per scontri con il mondo circostante elevandolo in una sfera di santità. Richiama le rivolte adolescenziali e le predestinazioni contadine dei precedenti, obbligando, tra nuove atrocità e dolcezze, ad un maggiore sforzo empatico. Molteplici letture ed una certezza: la commovente sobrietà che accarezza le immagini. Li risiede la forza austera di Bresson, che fa di Mouchette un canto d'orgoglio, crudeltà e innocenza. Pochi son riusciti con due stracci, tre muri e un croissant a raccontare la vita in un'ora.
MEMORABILE: Le inquadrature sulle mani; Mouchette che si occupa del fratellino; Le sequenze col cacciatore; L'incipit e Il finale.

Daniela 13/12/21 15:33 - 12666 commenti

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Mouchette è una ragazzina introversa, emarginata dalle compagne, con un padre alcolizzato e violento, una madre malata, un fratellino neonato di cui si deve prendere cura. Quando un bracconiere abusa di lei, nessuno prende le sue difese... Bresson dirige un'altra parabola pessimista, quasi la continuazione della storia di Balthazar, anche se, a differenza dell'asinello incolpevole, Mouchette sembra essere già contaminata della grettezza del meschino ambiente rurale in cui è vive. Disturbante l'epilogo in cui l'esito tragico si lega al recupero dell'innocenza attraverso il gioco.

Cerveza 26/09/23 21:14 - 370 commenti

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Figure inespressive si muovono in modo palesemente artificioso come sagome cartonate mosse dal regista tramite carrucole. Automi senz'anima che non trasmettono alcuna empatia, Mouchette compresa: indifferenti che lasciano indifferenti. Pochi i dialoghi, ma, per quello che hanno da esprimere, era meglio a quel punto eliminarli del tutto. Freddo, asettico, sommario, di un poverismo affettato simile a certi fricchettoni dalla trasandatezza studiatissima regolare come una cravatta regimental. Una polpetta insapore fatta di gesso, ma truccata al di fuori per farla sembrare vera.
MEMORABILE: “Perché hai tanta paura di tradirmi?“ (dopo averle detto: “Se parli t'ammazzo”); La moribonda che beve grappa e poi: “Non dare retta agli ubriaconi”.

Paulaster 18/10/23 18:03 - 4421 commenti

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Giovane ragazza viene violentata da un bracconiere. Esistenzialismo senza speranza, sia a livello familiare che ambientale, che Bresson rende con il suo rigore stilistico. La vita senza allegria (tranne un solo barlume) è descritta in un modo fin troppo asciutto e fa perdere la spontaneità. La dispettosa e poco socievole protagonista regge il clima di crudeltà sparso e fa parteggiare per le sue sorti, alla stregua di un film di Truffaut. Bianco/nero glaciale che si adatta bene alla mesta vicenda.
MEMORABILE: Il padre ubriaco; Sugli autoscontri; La crisi nella capanna; La madre morta in casa.

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