Il grande regista inglese riprende (e migliora) un suo vecchio film trasferendone l'ambientazione dalla Svizzera al più misterioso (specie all'epoca) Marocco. Il risultato è una delle sue opere migliori, girata nel periodo creativo più fertile. Molti dei "tòpoi" narrativi del thriller (il rapimento, il ricatto, le frenetiche ricerche) sono abilmente sfruttati da un film la cui sceneggiatura è ottimamente calibrata e che presenta alcune scene (specie quella celeberrima alla Royal Albert Hall) entrate nella storia del cinema. Bravi gli interpreti.
Remake di un film dello stesso Hitchcock del 1936, un'opera inferiore all'originale e, sopratutto, agli altri classici diretti dal Maestro del Brivido negli anni 50. E questo nonostante una sceneggiatura di rispetto, di alcuni momenti memorabili (specie nella parte finale, alla Royal Albert Hall) e di interpreti misurati e adattissimi ai loro ruoli. Ma il procedere della storia è abbastanza faticoso: colpa di un ritmo decisamente troppo basso, rispetto alla storia narrata.
Non mi ha mai fatto impazzire, perché mi pare che il Maestro qui non faccia scaturire dalle immagine le magìe delle quali è capacissimo (sarà banale citare Psyco o Gli uccelli, ma lo faccio lo stesso). Tutto corretto, ma manca la tensione e, mancando essa, la vera presa sullo spettatore. Solo discreto.
Degno auto-remake di un classico: L'uomo Che Sapeva Troppo. Certo nella nuova versione non c'è più Peter Lorre, ma in compenso come protagonista troviamo un grandissimo James Stewart e una raggiante Doris Day che si dimostra convincente anche in un ruolo drammatico. Ottimi anche il resto del cast (tra cui Brenda De Baze) e la scena nel teatro con la pistola.
Un uomo è coinvolto in qualcosa che non riesce a capire ma che ne determinerà il destino a cominciare dal rapimento del figlio. Remake di un film dello stesso regista, l'opera anticipa il meccanismo di Intrigo internazionale e come questo è pieno di scene memorabili dalla suspence mozzafiato, che sarebbe lungo elencare: cito solo il potente concerto alla Royal Albert Hall che anticipa l’eccezionale finale altrettanto, ma diversamente, musical-rivelatore. Grandioso.
Il minore degli Hitchcock maggiori: sarà che il family drama, gestito da una coppia non troppo brillante (particolarmente la Day), stenta a lambire i confini dell'immaginifico; che la cura nel rintracciare un uso innovativo del sonoro smorza la tensione; che cromaticamente il film affonda su tinte livide e terrose: ma la malia non scatta e il film non seduce malgrado le molte sequenze da antologia. Va da sé che la regia è sempre improntata a misura e intuizione, e la tematica cara al maestro – l'uomo comune imbrigliato da arabeschi di misura incommensurabile – è gestita con economia esemplare.
MEMORABILE: Il pedinamento con l'eco dei passi; la fuga dal campanile; il concerto all'Albert Hall.
Questo celebrato remake non mi sembra tra i migliori lavori di Hitchcock. Sfilacciato e senza particolare mordente nei primi due terzi di proiezione, si anima nella cappella Ambers e nella Albert Hall per poi concludersi in maniera discreta ma un attimo gigiona. Direi che sia Stewart che Doris Day fanno il loro; mi sembra che proprio sir Alfred si sia preso una (meritata) vacanzuola.
Un auto-remake certamente ben fatto ma forse non proprio indispensabile, nonostante la presenza di Stewart che si conferma interprete ideale delle pellicole del maestro (l'unico che può stargli alla pari in questo campo è Cary Grant). La trasposizione della prima parte della vicenda nell'esotico Marocco non appare felice, come pure la scelta di Doris Day: bionda sì, ma con il suo aspetto casalingo ben lontana dalle classiche bionde algide care al regista. Molto migliore la seconda parte, culminante con la formidabile scena della suspence "sonora", che fa guadagnare un esclamativo al film.
Non il miglior film di Hitchcock ma decisamente una buona pellicola. Magari non troppo originale a livello di sceneggiatura ma ottimamente diretto e con diverse scene da antologia (quella del tentato omicidio all'Albert Hall in primis). James Stewart carismatico come al solito e brava Doris Day, che nel bel finale canta "Que sera, sera". Da non perdere.
"Whatever will be" è il motivo risolutore messo in bocca all'amabile Doris Day (nel pieno rispetto di una celebre teoria hitchcockiana, ovvero quella della "bionda in pericolo", poi ripresa dal nostro Fulci). L'intrigo del giallo, magistralmente composto e confezionato con grande abilità artigiana, viene risolto da un passaggio "chiave" della melodia musicale. La lentezza di un remake, che molto meglio funziona nel secondo tempo, si riscatta grazie alla trovata (con inevitabile risvolto da happy end) che penetra l'orecchio dello spettatore per poi fissarsi indelebilmente nella memoria.
Non il miglior Hitchcock, ma questo insolito intrigo, che vede involontari protagonisti una placida coppia di vacanzieri con figlioletto al seguito, non manca di coinvolgere. Da un momento all'altro, vediamo Stewart e la Day entrare in una dimensione eroica, trasformarsi in investigatori e persino in agenti segreti per sventare il complotto e salvare la vita del loro piccino. E ci mettono del loro, dimostrando un'audacia e un'inventiva non comuni. Il finale all' Albert Hall è indimenticabile.
MEMORABILE: L'assassinio nella piazza del mercato.
Primo ed ultimo "auto-remake" realizzato da Hitchcock. L'intrigo internazionale si serve del fascino oscuro ed esotico del Marocco. Da lì ci si sposterà a Londra, dove l'irreprensibile minaccia di una forza oscura tanto astratta quanto tangibile si farà più vivida che mai. Siamo oramai abituati all'apparente leggiadria con cui vengono tratteggiate queste fantomatiche organizzazioni sovversive. Forse Hitch è stato il primo a capire che troppe spiegazioni in merito non servono a nulla, se non a tediare. Magnifica la sequenza all'Albert Hall. ****
La vicenda è la stessa del film del 1934, ma sono cambiati naturalmente gli interpreti, il film è a colori e la prima parte si svolge in Marocco piuttosto che sulle Alpi svizzere. Sono passati più di vent'anni e lo stile ora è quello riconosciuto del maestro e quindi universalmente più apprezzato. La sequenza più famosa alla Royal Albert Hall è praticamente identica, con la tenda che si sposta alla stessa maniera e la canna della pistola che appare, il primo ministro che si sporge quasi a offrirsi al colpo. Bravi tutti gli interpreti. Identiche parole nelle due versioni per l'attimo dello sparo.
MEMORABILE: La lotta di Stewart tra gli animali imbalsamati.
Magnifico esempio di cinema. La prova provata che per fare un grande film non servono grandi idee o grandi mezzi. Servono grandi professionisti. Da un soggetto tutto sommato poco ricercato (è anche un auto-remake) si snoda una sceneggiatura avvicente. Fotografia perfetta e dialoghi sempre coinvolgenti. Stewart, elegante e risoluto, tiene la scena come pochi e Day, perfetta nel ruolo, si integra in maniera impeccabile. Il montaggio dà il tocco finale e tiene sempre vivo un film che di azione vera non ne ha. Ciliegina con la canzone "Que sera, sera".
Elegante auto-remake basato su uno dei temi più cari ad Hitchcock: l'uomo medio involontariamente coinvolto in un caso criminale. Inevitabile, quindi, che il ruolo del protagonista fosse affidato all'ottimo Stewart. Sorprendente, invece, la scelta di Doris Day, così distante dalle algide donne predilette dal regista, ma forse proprio per questo adatta al ruolo della madre angosciata. L'intrigo si dipana fra il Marocco e Londra, tenendo lo spettatore sulle spine fino alla celebre conclusione all'Albert Hall.
Raro esempio di autoremake: Hitchcock rifa se stesso e supera di gran lunga
l'originale. Tutto ciò è possibile grazie ad una maggiore maturità tecnico-
registica e ad una bella sceneggiatura che sfrutta ottimamente temi e situazioni care
al regista. Anche il ritmo, una volta partito il meccanismo della tensione, non si arresta più. Stewart è la solita garanzia, mentre la Day è perfetta per il ruolo. Grandissimo uso del suono, come solo i maestri sanno fare, che è fondamentale in tutti
i momenti topici della pellicola.
MEMORABILE: La scena del concerto. "Que sera, sera"...
Usuale classe e prestigiosa regia, per quast'ennesimo gioiello di tensione corredato da una coppia Stewart/Day davvero ben assortita e credibile. Arricchiscono il tutto gli scenari orientali della prima parte del film. Qualche esagerazione nella trama, ma tutto scompare quando scatta il momento in cui la coppia di cembali fa il suo fremente ingresso in scena...
Capolavoro di Alfred Hitchcock. Un film con una suspence di altissimo livello e un grandissimo finale che si può definire una lezione di cinema. James Stewart eccezionale. Non si capisce perché il film abbia ricevuto un solo Oscar (alla canzone!)
Pare che Alfred Hitchcock non amasse girare in esterni e location: questo film, infatti, è realizzato in gran parte con l'effetto del chroma key (non oso pensare cosa avrebbe fatto il regista inglese oggi con la computer graphic?) ed è un limite, specie nella parte marocchina. È una storia spionistica molto cemmerciale, compresa la presenza di Doris Day e la famosa canzone. Malgrado queste premesse il film appassiona e molte scene sono buone.
Non mi ha mai convinto molto. Lo trovo alquanto macchinoso, farraginoso, dal ritmo piuttosto fiacco e dal passo pesante. Poi vi aleggia una sorta di realismo psicologico estraneo all’usuale metodo di regia di Hitchcock che aggrava il profilo dei personaggi e li rende protagonisti in prima persona di forti turbamenti spirituali piuttosto che semplici ed infallibili frecce emozionali per lo spettatore. Un film poco astratto e poco stilizzato. Lo riscatta, parzialmente, il famoso finale da cuore in gola. Bravissima Doris Day.
MEMORABILE: Sicuramente la scena finale con l'unico colpo di cembali previsto dalla partitura che tutti aspettano e tutti temono... La canzone che canta Doris Day.
Quello che colpisce in questo autoremake, che non possiede il fascino dei capolavori di Hitch ma che è di alto livello, è la capacità di mettere in scena situazioni paradossali con la massima semplicità. La gentile coppia conosciuta a Marrakech è dentro sino al collo ed è un bello choc vederli come prete e sacrestana. Notevole suspense nella scena in cui la Day canta la sua hit. Gran parte del "look" di questo film (come altri) sarà mutuato nei primi Bond, anche se qui al posto di un agente immortale abbiamo il solito uomo comune (ed è più eccitante).
MEMORABILE: James Stewart nel negozio di Ambrose Chappell, imbalsamatore.
Rifacimento dell'omonimo film (dello stesso regista) del 1934, interpretato da Peter Lorre. L'uomo ordinario, gettato in un turbinio angosciante di una ramificata macchinazione spionistica, è un tema caro al regista, che di lì a poco ci riproporrà in Intrigo internazionale. Ammantato dal solito glamour che contraddistingue le opere di Hitchcock, il film procede senza intoppi, con una prima parte in terra marocchina particolare, soprattutto per l'utilizzo abbondante di trasparenti. Notevole la sequenza al concerto e Doris Day che canta "Que sera, sera".
Hitch adorava Stewart, tra le altre cose, perché secondo lui meglio rappresentava la persona comune, media. Questo l’elemento principale di quest’opera, forse minore, ma sempre in grado di avvolgere coi toni da commedia brillante per poi cambiare pelle in divenire mutando in vera indagine “fai da te” all’interno di un meccanismo spionistico intrecciandovi anche dramma famigliare. Comunque, importanza assoluta verso il sonoro che apre, scandisce, racconta, determina. Sequenza dell’Albert Hall negli annali per suspence, tecnica e costruzione.
Celebre quanto sopravvalutato: tensione a intermittenza, clima fastidiosamente dispendioso, insopportabile Doris Day (da cui tocca pure sorbirsi l'esecuzione di "Que sera sera"). Hitchcock delude ogni volta che sentiva il bisogno di misurarsi con la commercialità dello spionaggio. Gli darei ** ma guadagna mezzo punto in più per la lunga scena del concerto, impreziosita dall'indimenticabile volto deforme di Reggie Nalder (che Dario Argento citerà facendone ancora un killer nel suo Uccello dalle piume di cristallo).
MEMORABILE: La citata scena del killer al concerto.
Thriller spionistico che non si pone ai vertici del cinema di Hitchcock ma vi si trova una regia da maestro, nella quale ogni inquadratura è studiata per creare un effetto ben preciso. Ha l'andamento tipico di molti suoi film, quasi schematico, con una tensione che si dipana da una partenza distesa e qui la trama coinvolge ancor di più in quanto i protagonisti vi sono coinvolti per caso. Belle scene in esterno e colori sgargianti. Chi ama la grande musica apprezzerà la scena alla Royal Albert Hall di Londra. (***!)
Due grandi scene da cineteca (l'attentato alla Royal Albert Hall e la canzone di Doris Day all'ambasciata) elevano il film dalla media e ce lo fanno ricordare, per il resto discreto ma troppo convenzionale. Un tipico intrigo alla Hitchcock, coi protagonisti costretti a barcamenarsi in una faccenda al di là della loro forza e comprensione. Non ci si annoia (del resto è abbastanza difficile con Hitch...), ma l'indagine di Stewart è quasi snervante e la suspense latita. Non un classico irrinunciabile, ma sempre un bel film.
Film dalla solida narrazione, con inquadrature geniali e sviluppi non sempre prevedibili, propone temi presenti anche in altri lavori hitchcockiani, ma soprattutto quello dell'uomo comune che si viene a trovare nel posto sbagliato al momento sbagliato e, per uscire dalla situazione in cui cade invischiato, deve fare appello a tutte le sue forze. Il tema, caro anche ad altri registi e di indubbia presa sullo spettatore, è qui sviluppato ad altissimi livelli e con un finale davvero geniale.
MEMORABILE: I piatti usati come leitmotiv visivo dai titoli di testa all'esecuzione alla Royal Albert Hall.
Il "solito" capolavoro di Hitchcock. Un intrigo tutto suspense che sembra iniziare a Marrakech ma ha in realtà le sue radici a Londra, dove si ordisce una congiura ai danni di un primo ministro. Casualmente la famiglia McKenna si trova immischiata nella facenda e sarà dura tirarsene fuori. La regia del Maestro è impeccabile e originale e ha la capacità di risaltare tutte le sue doti: dalla versatilità degli ambienti alla precisione nella costruzione delle sequenze, dal totale coinvolgimento alla comicità mai eccessiva. Bravi Stewart e la Day!
All'avanzare della carriera, Hitchcock perfeziona sempre più la sua tecnica nel mettere a punto i meccanismi della suspense, che in questo caso beneficiano anche di un attento uso del sonoro, diegeticamente concepito come segnale d'attacco per un piano delittuoso o per scoprire la stanza del bambino rapito. Il thrilling ha intervalli di humour (l'autobus, la cena, gli ospiti addormentatati) talora macabro (il laboratorio di tassidermia): Stewart si giostra disinvolto in entrambi i contesti e la sua partnership con la Day funziona, sebbene l'attrice si sia vista più a suo agio nelle commedie.
MEMORABILE: I tavolini del locale marocchino, troppo bassi per le lunghe gambe di Stewart; l'incontro con il tassidermista; l'attentato a teatro.
Capolavoro di tensione, concepito e diretto magistralmente senza un solo momento di stanca nonostante la durata elevata e con intelligenti spruzzate di humor qua e là. Stewart regala una delle sue performance migliori, ben supportato da un'intensa prova drammatica (una delle poche) di Doris Day e da un cast secondario all'altezza. Bella fotografia, ottima colonna sonora. Un capolavoro assoluto.
Lo spionaggio internazionale è stato un argomento sempre caro a Hitchcock e si vede. Vero anche che il regista sapeva coniugare magistralmente curiosità e tensione con intrecci che si svelano per merito di una fine e sottile arguzia. Stewart è stato forse tra i migliori attori che ha avuto a disposizione e anche qui è il protagonista indiscusso. Forse non era necessario raggiungere le due ore, ma comunque l’attenzione non si allenta quasi mai.
Uno dei grandi classici di Hitchcock, che partendo da una situazione per lui abbastanza usuale (persone qualunque coinvolte in un misterioso complotto) costruisce un giallo spionistico stilisticamente impeccabile e dall'intreccio piuttosto lineare (ma non è necessariamente un difetto), che con il passare dei minuti diventa sempre più coinvolgente e carico di tensione. Stewart perfetto, la Day interpreta uno dei suoi personaggi migliori, ma il cast è ben diretto anche nei ruoli secondari. Finale forse leggermente sbrigativo ma efficace.
MEMORABILE: L'omicidio in Marocco; L'equivoco su Ambrose Chappell; Il concerto alla Royal Halbert Hall; Il finale.
Confezione (al solito) magistrale per questa spy story dall'intreccio non particolarmente complesso ma sufficiente a rapire per tutta la durata del film. La prima parte, in Marocco, in realtà somiglia più a una commedia dai dialoghi brillanti ed è lì che Doris Day dà il meglio di sé. Nella seconda parte, quella londinese, brilla di più Stewart, sempre perfetto per le ambientazioni più dark (memorabile la sequenza dal tassidermista). Vi resterà in testa per tutta la sera "Que Sera, Sera".
MEMORABILE: La cena al ristorante consumata con le mani; Doris day che suona il piano e canta.
Non c'è un momento di quiete, in questo lavoro hitcockiano; persino nella tranquillità del viaggio in bus utile a dare la prima pennellata ai personaggi si respira un anticipo di inquietudine e mistero e la normalità di un periodo di ferie lascia presto spazio alla situazione eccezionale. L'ambientazione si divide tra Marocco e Londra, ma la prima soffre oggi delle limitazioni tecniche dell'epoca, con riprese in loco montate a sfondo di parti recitate in studio. Di grande effetto l'interpretazione di "Que sera, sera" da parte di Doris Day.
Hitchcock riprende il prototipo del '34, lo rigira a colori e con un maggior dispendio economico, lo ambienta nel caldo Marocco e utilizza due volti celebri del cinema. Il risultato è un miglioramento rispetto al già ottimo ma arcaico originale: più vivace, sia per la sceneggiatura variopinta sia per la presenza del solito fuoriclasse James Stewart. Aumenta anche la durata, così Hitchcock può sviluppare la storia con qualche fronzolo in più, non rinunciando a qualche sprazzo di sottile ironia, questa volta senza eccedere in sentimentalismi.
Pur non essendo un fan del genere, che di norma mi interessa poco o nulla, devo ammettere che la parte marocchina è foriera di momenti interessanti (gran merito va alla location particolare); quando la vicenda si sposta nella terra d'Albione qualcosa nel meccanismo si inceppa - nonostante la tensione nella celeberrima scena alla Albert Hall - e la soluzione finale lascia poco soddisfatti. Stewart è attore di razza, la Day la si ricorda solo per le performance canore. Nella sterminata filmografia del maestro, lo reputo uno dei minori.
MEMORABILE: In attesa del "segnale" alla Albert Hall; Ambrose Chapel.
Una coppia americana in vacanza a Marrakech assiste a un omicidio e subisce il rapimento del figlio come minaccia affinché non vengano rivelate le parole pronunciate dall'uomo prima di morire. La prima parte in Marocco combina grande fascino esotico con un efficace crescendo di suspance, mentre quella londinese si trascina in modo più confuso e incongruente fino alla scena cult dell'attentato nella Royal Albert Hall.
Un film esemplare, in grado di creare suspense per due ore filate anche nelle scene apparentemente tranquille. La coppia Stewart-Day funziona alla grande e a livello registico Hitchcock riesce a rendere ogni sequenza ricca di significati che, insieme, danno un contributo essenziale alla riuscita del film. Le musiche di Bernard Herrmann sono fantastiche e il lavoro sul suono incredibile. Ricco di humour, come vuole il cinema di Hitchcock, accusa qualche problema nel finale, ma il risultato resta eccezionale.
Quello che si dice un buon film. Gli attori sono in parte, il ritmo è discreto (parte però un po' lento); e alcune scene, ma soprattutto, riprese, sono Hitchcock puro (la visione del corridoio, creato dal muretto, nell'avvicinamento al laboratorio del tassidermista; le inquadrature all'opera). Certo, qua e là c'è qualche momento più leggero, quasi disturbante (gli amici inconsapevoli). Ma la tensione non manca; e il fatto che il marito faccia quasi sempre danni, mentre la moglie, più riflessiva, ottenga i migliori risultati, contribuisce alla riuscita della pellicola.
MEMORABILE: Stewart tenta, prima di accavallare le gambe e poi di infilarle sotto un tavolino basso; In chiesa; La canzone al pianoforte.
La musica è il filo conduttore di questo ottimo giallo in cui una tranquilla coppia di turisti con figlioletto al seguito si trova coinvolta in un intrigo internazionale. Hitchcock rifà una sua vecchia e non troppo memorabile pellicola del 1934. I mezzi a disposizione assicurano un risultato certamente superiore all’originale, ma con qualche pecca come il pesante ricorso a fondali finti che penalizza l’ambientazione esotica della prima parte e la presenza di una Day più brava come cantante che attrice. Magistrale invece il finale musicale.
MEMORABILE: L'omicidio di Bernard al mercato; L'attentato alla Royal Albert Hall; Il leitmotif "Que Sera, Sera"; La piccola avventura di Ben dal tassidermista.
Famiglia in vacanza resterà implicata in un caso di spionaggio. Preambolo a Marrakech che con pochi tasselli riesce a creare la necessaria ambiguità e passaggio a Londra a causa del rapimento del figlio (questa soluzione, benché decisiva, appare piuttosto forzata come molla iniziale). Notevole la parte alla Albert Hall sia per la maestosità dell’orchestra che per gli sviluppi che portano alla conclusione. Prefinale non eccezionale ma chiusura con classico buonumore. Day che serve alla causa canterina ma si rivela poco adatta al genere thriller.
MEMORABILE: Il nome svelato dalla spia; Il segnale della musica per sparare; I cimbali aperti; L’urlo della Day.
Ottimo cast per un film di spionaggio veramente ben riuscito, la cui durata un po' lunga non incide minimamente sul ritmo. Nonostante la drammaticità della vicenda, il Maestro non perde l'occasione di inserireil consueto humour (a tratti sottile, a tratti palese), soprattutto nella parte finale, ossia quando la vicenda viene risolta in maniera ingegnosa (e clamorosa, una sorta di "americanata" che in verità inquina lo stile british del regista) da qualcuno che non ci si aspetta.
Hitchock propone un remake di un suo stesso film girato oltre vent'anni prima in Inghilterra e firma uno dei capolavori del cinema anni '50. Seppur non si discosti molto dall'originale come intreccio, il divario tra i due film è enorme. Come lo stesso regista disse nella sua più celebre intervista: "La prima versione è stata fatta da un dilettante di talento, la seconda da un professionista". La fotografia a colori, semplicemente straordinaria, accompagna un thriller assoluto che raggiunge nella scena risolutiva vette di bellezza quasi irraggiungibili.
MEMORABILE: L'arrivo a Marrakech; La scena del concerto all' Albert Hall.
Tremendamente invecchiato e molto male, ha un plot implausibile, con i servizi segreti inglesi che consentono a una coppia di civili di indagare per conto suo su un attentato internazionale, senza nemmeno provare a pedinarli. Il resto si fatica a inquadrarlo; sarà certamente un film tecnicamente ben fatto, ma è arduo rimanere seri di fronte a tanti buchi. Il Marocco di Hitch è un trionfo di folklore anch'esso molto poco interessante.
Altro pezzo di bravura di Alfred Hitchcock. Non è il suo miglior film perché Sir Alfred ha fatto di meglio e proprio nel periodo in cui questo film fu girato. Si avvertono delle fasi un po' di stanca nel racconto e nella sceneggiatura e non convince appieno l'ambientazione marocchina, un po' stereotipata. Ma la tensione è sempre alta, specie nella celeberrima scena dei cimbali, e la regia è costantemente interessante. Il tipico finale fulminante del regista qui è particolarmente simpatico. Bel film, ma non il migliore.
Come andare in vacanza con la famiglia in un luogo esotico e finire coinvolti in un caso di spionaggio rischiando la vita e come le canzoni possono essere utili per salvare le situazioni. Alfred Hitchcock mette in scena una storia capace come sempre di alternare momenti di humour con altri di suspense e sa come sempre cavare tutto il possibile dagli attori e soprattutto dalle attrici, come avviene con la bionda di turno che qui è Doris Day
Hitch scalda gli ambienti ed espande il mistero spostandosi dal gelido snobismo di St. Moritz al tepore velato d’esotismo di Marrakech. Lavorando più sull'empatia dei protagonisti, alza soprattutto il livello di personalità e coinvolgimento di lei (Doris Day non potrà mai essere una passiva gregaria). Riordinando gli eventi, struttura lo sviluppo in modo più equilibrato e leggibile, coordinandolo con pause tensive meglio studiate e dettagli arricchenti. La suspence viene alzata a scatti, amplificando le reazioni umane di ansia e disperazione in modo più credibile e coinvolgente.
MEMORABILE: I piatti che attendono l’acme appoggiati sulle poltrone; L’urlo di Doris Day.
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Doris Day era così famosa in Inghilterra che al suo arrivo centinaia di fan assediarono l'aereoporto: fu costretta a farsi scortare dalla polizia e inoltre il direttore dell'hotel in cui lei alloggiava fu costretto a chiederle di andarsene a causa dell'eccessivo ingorgo causato dai fan!
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Indubbio il miglioramento rispetto alle precedenti edizioni in DVD. Tuttavia l'immagine per quanto presentata nel corretto formato panoramico 1.85, dai colori vivi e ben dettagliata, presenta in alcuni passaggi delle piccole puntinatura non particolarmente fastidiose, ma che denotano che la pellicola non è stata adeguatamente restaurata. Diciamo che il livello del BD Universal è più che buono ma si poteva fare ancora qualcosa di più. L'audio italiano Mono 2.0 è molto potente non solo nella parte musicale, che comunque gioca un ruolo fondamentale in questo film, ma anche nei dialoghi.
Il film vede l'unica apparizione cinematografica del grande compositore Bernard Herrmann che qui interpreta il direttore d'orchestra nella Royal Albert Hall...
All'inizio Doris Day rifiutò di registrare "Que serà, serà" perchè la considerava "una canzone per bambini dimenticabile". Canzone che, invece, non solo si guadagnò un Academy Award, ma diventò anche il più grande successo nella sua carriera discografica, nonchè il brano che meglio la rappresentava. L'attrice lo ripropose in altri due film, Non mangiate le margherite (1960) e La mia spia di mezzanotte (1966). Il pezzo venne inoltre usato come sigla per tutti i centoventiquattro episodi della serie televisiva, The Doris Day Show (1968).