Un concentrato di noia dal sapore intellettuale: una specie di proto-Albero degli zoccoli in salsa armena, amatissimo dai fan (e insopportabile per il sottoscritto), nel quale le velleità documentaristiche si infrangono contro una banale moraletta sulla ciclicità, resa ancor più indigesta da un irritante montaggio che associa ralenti e Vivaldi con una pretenziosità degna del Von Trier più altezzoso. Nella parte centrale trovano spazio anche frammenti veristi in senso stretto, ma ci vuole ben altro per risollevare la situazione.
L'instabile equilibrio dell'uomo - i contadini armeni - nel fluire incessante della Natura. Il documentarismo più estremo assurge, nel cinema di Peleshian, a una dimensione universale, icastica che libera emozioni nitide e originarie: nel quadro della ciclicità delle stagioni, il passaggio del gregge in un lungo tunnel diventa angoscia; la celebrazione di un matrimonio, gioia; il guado di un fiume in piena, eroismo; e il salvataggio di una pecora dalle rapide, avventura. Magistrale l'accordo tra musica - di Vivaldi - e montaggio; maestoso l'impianto figurativo. Elegiaco.
Le opere e i giorni: il poema di Esiodo sembra rapprendersi in queste immagini di pastorizia, agricoltura e vita sociale (le nozze) nell’impetuosa natura armena con cui l’uomo lotta da sempre. Impressionanti il passaggio del gregge nella galleria con le auto che strombazzano; la scivolata delle enormi balle di raccolto; la traversata del fiume a cavallo, fino alla stupefacente caduta senza fine di uomini e pecore giù dal pendio innevato sulla musica di Vivaldi, che scandisce le scene. Qualche ralenti di troppo. Più herzoghiano che piavoliano.
Breve documentario (meno di mezzora) con momenti che colpiscono, a partire dall'interminabile gregge che attraversa una galleria, interrompendo il paziente traffico motoristico. A ben vedere sono forse le pecore, nella loro anonima numerosità, a fare da protagoniste. Qua e là sorprendente, qua e là ovvio, forse in modo inevitabile, come nella chiusura in circolo che simbolegga la fine dell'anno e il ritorno al punto di partenza.
Il resoconto oggettivo della vita dei pastori armeni (tanto che il regista elimina ogni commento off) non esclude il tono epico. In alcuni tratti, i migliori infatti, la bellissima colonna sonora di Vivaldi affratella la condizione umana e quella degli animali di fronte alla natura imperiosa (la lotta con il corso d'acqua, la pioggia furiosa, la neve). Meno riuscite, poiché più ordinarie, le sequenze folcloristiche, sbilanciate verso l'esaltazione comunitaria e popolare semplicistica e risaputa.
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Zender il film è stato trasmesso in Italia da Fuori Orario con il titolo Le Stagioni che dovrebbe essere la traduzione letterale del titolo originale, ed è per lo più noto così da noi (anche su imbd). Credo si possa "upgradare" :)
DiscussioneZender • 20/10/12 08:34 Capo scrivano - 48879 interventi