Herzog si reca nell'isola delle Antille francesi per documentare l'imminente disastro dovuto all'eruzione del vulcano. Si trova di fronte ad una città fantasma, gli abitanti sono stati evacuati in fretta e furia, dove gli unici essere viventi sono animali allo stato brado. Solo due persone non hanno abbandonato la zona: un contadino fatalista che accetta sereramente la morte ed un'altro che è rimasto ma andrebbe anche via se la troupe cinematografica lo accompagnasse dai suoi figli. Immagini affascinanti e personaggi emarginati.
MEMORABILE: La città abbandonata; Sembra un film di fantascienza.
Documentario su un'inevitabile catastrofe che in realtà poi non avvenne. Herzog va in Guadalupa per filmare prima il pre-esplosione e poi (da lontano) l'esplosione, ma riesce a filmare solo il primo. Spettrali immagini di una città abbandonata, assalita dai gas e dal vulcano. Ma il disastro, inspiegabilmente, non si compie. Estremamente suggestivo.
Herzog si spinge fino al limite del rapporto uomo/natura con una testimonianza drammatica degli ultimi presunti giorni di una cittadina sulla quale incombe un vulcano prossimo all'esplosione. Le immagini della prima parte della pellicola hanno un fascino superiore rispetto alle testimonianze dei tre unici abitanti rimasti. I momenti accompagnati dal secondo piano concerto di Rachmaninov sono struggenti: il regista coglie appieno il sentimento da fine del mondo che De Martino studiava negli stessi anni.
Estremo è il luogo, allocato tra l'essere e il non essere, alle soglie di un'apocalisse mancata (e frustrata). Herzog si spinge in questo oltre, sulle pendici di La Soufrière, vulcano in procinto di esplodere e segnare l'estinzione di un mondo. La tensione documentaria si accorda al clima spettrale che incombe sulla città evacuata; le testimonianze dei superstiti sfidano o assecondano l'ineluttabilità del Destino, mentre la Natura ordisce e dà scacco all'uomo. Tra gli esiti più persuasivi di una controversa "produzione documentaria".
Poteva Herzog lasciarsi scappare una spaventosa eruzione in Guadalupa? No, non poteva, tanto più se accompagnata da un’evacuazione preventiva e da qualcuno che si rifiuta di fuggire. Così si trasforma in giornalista, filmando la città deserta, il vulcano fumante e i pochi saggi renitenti all'esodo. Un corto davvero suggestivo, non tanto per le riprese paesaggistiche, quanto per quel senso di timorosa temeriaretà che regista e operatori trasmettono e per la curiosità di affacciarsi sull’orlo del baratro di una catastrofe annunciata.
Anche solo per il folle coraggio di essersi recati alle pendici di un vulcano in procinto di sprigionare 100 megatoni di magnitudo per filmarne tutto il pre sfidando le venefiche solfatare, è un documento degno d’ogni encomio: a fare da rafforzativo a una spettrale zona morta che sembra venire dai più riusciti catastrofici o postatomici, catturata con non comune vis poetica, accorrono le interviste agli unici tre uomini che hanno scelto di restare ad accettare la morte con un candido fatalismo che li rende campioni di forza e dignità. Alla fine l’annunciato sfacelo sarà quello filmico dato che in via del tutto eccezionale La Soufriere tornerà sui propri passi, tornandosene a nanna, inceppando così un’elegia in odor di pre-mondo movie.
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DiscussioneXtron • 29/01/18 23:15 Servizio caffè - 2233 interventi
Il documentario si riferisce al vulcano "La Grande Soufrière" sull'isola francese di Guadalupa e non al vulcano della vicina isola di Saint Vincent chiamato "La Soufrière" come si potrebbe intuire dal titolo.
HomevideoXtron • 30/01/18 22:58 Servizio caffè - 2233 interventi