Raffinata produzione, ambientata nella Sicilia degli anni cinquanta chiarisce la premesse della nascita della piovra e di taluni personaggi tipo Tano (Remo Girone). Un'attrazione senza limiti tra una nobildonna ed un tenente di polizia (la Kling e Raul Bova entrambi all'apice della loro bellezza) porterà il marito di questa (potente signorotto) pazzo di gelosia, a subire una trasformazione personale e scendere a patti con la mafia. Purtroppo poca azione ma un'ottima fotografia per una Sicila splendida più che mai.
Qui Bova, che nella settima serie era vicecommissario, torna indietro nel tempo e diventa il carabiniere Arcuti. Buona l'idea di studiare "storicamente" la mafia e di approfondire l'infanzia di Tano. Ottima la fotografia, sceneggiatura un po' confusa e deludente; la regia, però, è solida e le interpretazioni (su tutti un cattivissimo Zingaretti) rendono piacevole la visione. Bella e brava la Kling, interessante il lavorio psicologico sul personaggio interpretato da Contri. Si resta un po' sospesi, in attesa dell'evidente sequel.
In questo riuscito prequel, con attori già visti nelle puntate precedenti e altri meno conosciuti, viene efficacemente ricostruita, tramite fascinose location, la Sicilia anni '50. Trame criminali si intrecciano con quelle passionali dando luogo a una vicenda appassionante. Spiccano le prove della Kling e di Bova, fisicamente splendenti, e di un bravissimo Contri. Appare Tano fanciullo, già lesto di cervello, e si chiariscono le sue misteriose origini.
Si cambia registro. Non più la Milano anni 80, non più Trapani, non più Roma ma un paesino siciliano dal nome inventato. Buona l'idea di cambiare la trama mostrando (con qualche incongruenza) la "nascita" di uno dei personaggi principali della serie. Ottima la prova del cast. Per chi si aspettava una mezza delusione è invece una piacevole sorpresa. Unico difetto: dura poco.
La serie si sposta negli anni '50 per raccontare la gioventù di Tano e raccontare allo stesso tempo l'evoluzione della mafia da una dimensione rurale a una nazionale, come già mostrato nelle precedenti stagioni. In realtà sembra più che altro un modo per perpetuare un franchise che inizia ad essere spompo: tutte le vicende del carabiniere e della coppia di baroni sono trattate troppo sommariamente per intrigare. Qualche spunto interessante giunge almeno dal racconto della formazione di Tano. Pochissime le scene d'azione, comunque discretamente realizzate.
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