La giovinezza della belva - Film (1963)

La giovinezza della belva
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Titolo originale: Yaju no seishun
Anno: 1963
Genere: gangster/noir (colore)
Note: Conosciuto anche col titolo "La giovinezza di una belva umana".

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TITOLO INSERITO IL GIORNO 1/08/08 DAL BENEMERITO COTOLA
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Cotola 1/08/08 13:51 - 9009 commenti

I gusti di Cotola

Riprendendo il personaggio di "Detective bureau", Suzuki firma un altro noir e lo fa alla sua maniera dando vita ad un film sporco, duro, profondamente pessimista e nichilista e, come al solito, visivamente straordinario (mescola sequenze in bianco e nero ed altre a colori). Bello e coinvolgente anche dal punto di vista narrativo, può contare su un bellissimo finale, a sorpresa, che pur lasciando con l'amaro in bocca non delude e non si dimentica facilmente. Praticamente imperdibile per chi ama il regista, ma vivamente consigliato a tutti.

Daniela 25/09/20 12:37 - 12622 commenti

I gusti di Daniela

Un uomo venuto dal nulla riesce a farsi ingaggiare da due bande facendo in modo da esacerbare la loro rivalità. Sembra interessato solo al denaro ma il suo fine è un altro... Meno inventivo di altri film del regista, parrebbe un yazuka come tanti altri anche se formalmente più curato della media, neppure particolarmente violento e con una trama simile a La sfida del Samurai per il doppio gioco del protagonista. Ma è nell'epilogo, cupo e sanguinoso, che Suzuki piazza i suoi colpi migliori con una rivelazione inaspettata ed una "esecuzione" che avviene dietro una porta chiusa.
MEMORABILE: Appeso per i piedi, oscilla per afferrare una pistola; Il confronto nel finale con la risata repressa, il lampo del coltello, la resa dei conti. 

Fulleffect 10/10/21 18:38 - 107 commenti

I gusti di Fulleffect

Molto prima di Walter Hill, Suzuki adatta Yojimbo all'ambiente della malavita dando vita a un ottimo film, dal ritmo serrato con più di qualche momento veramente riuscito. Joe Shishido, in una delle prime collaborazioni con il regista, regge perfettamente il ruolo del duro a metà tra la legge e il crimine, mentre Suzuki tiene a freno la sua vena sperimentale per donare una regia solida e quadrata. La parte finale, arricchita da una serie di colpi di scena ben assestati, non mancherà di stupire e affascinare, nella sua amarezza. Vivamente consigliato.

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