Rassegna estiva:
Postatomica-L'estate italiana del dopobomba Opera senza dubbio bizzarra e coraggiosa, dove Cavallone osa in una narrazione controproducente (nessun dialogo, se non la voce narrante simil Quark nell'intro, poi solo grugniti, urla e versi scimmieschi, il tutto sottolineato dallo score ripetitivo ma ipnotico di Alberto Baldan Bembo) rifacendosi alla lezione/antropologica
annaudiana.
Autore personalissimo e votato al surreale, Cavallone non rinuncia a momenti visivi suggestivi (la cerimonia funebre, il parto della Rispoli, legata a due bastoni, in una specie di ade dai riverberi
pasoliniani, il battesimo di sangue sul neonato con la testa mozzata dell'orso) e intinge la sua avventura preistorica di richiami al cannibal movie
deodatiano (le truci decapitazioni splatter, con insistenza sadica sulla carne maciullata, i crani sfondati a sassate e aperti con cervella estratte e divorate) e crudeltà assortite (mamma e figlioletto massacrati a clavate). Sequenze antropofaghe comunque ben gestite (con dovizia di particolari raccapriccianti) e dirette da Cavallone, che valgono tutto
Cannibal ferox.
Il resto sono zuffe tra trogloditi, bastonate, risibili lotte con un orso (vero) che appare ogni tanto, terribili stock footage alla National Geographic per guadagnar metraggio, truci primi piani sui tratti scimmieschi dei cavernicoli, agguati tra tribù e mugugni animaleschi.
Di impressionante iperrealismo gli SFX gory di Rosario Prestopino (la testa decapitata di Sambrell alla mercè del "padrone del mondo") e chiusa, a suo modo geniale, che vira decisamente nel post-atomico.
Bellissima la sexy cavernicola della Rispoli, dove Cavallone si concede un'accoppiamento tra le fresche frasche, non prima che "l'eroe" della vicenda la irretisca con un bastone che punta proprio lì, anche se le esplicite morbosità sessuali di
Blue movie sono solo un pallido ricordo.
L'età della pietra come ecatombe di una possibile guerra nucleare che regredisce l'uomo ( o i pochi superstiti) allo stato brado (da quì la sua presenza nella rassegna).
Quasi unico nel panorama del cinema di genere italiano (se si esclude la deriva comicarola/trash di
Andy Luotto), non esente da una certa monotonia e dalla povertà della messa in scena, ma indubbiamente affascinante e selvaggio e impreziosito dalla tenacia visionaria di un autore che non è mai sceso a compromessi.