In una sperduta stazione di servizio lungo le strade del Texas (si fa per dire, siamo in zona Campo Imperatore), gestita da tale Manolo (Fabiani), si fermano dapprima un giovane in moto, Michelle (Marrow), quindi una coppia in auto composta da Andrea (Maimone), ricco uomo d'affari in giacca e cravatta e Bea (Borghi), attraente ragazza dall'aria spregiudicata. Se escludiamo la povera muta (Giuri) che Manolo mantiene trattando come una bestia o poco meno dopo averla aiutata quando subì lo stupro che per lo shock le tolse la parola, i personaggi sono praticamente tutti qui. Manolo è un meccanico cinico e rozzo ma piuttosto controllato, Michelle il classico ragazzotto di bell'aspetto che naturalmente...Leggi tutto guarda con occhio interessato Bea, la quale si accompagna ad Andrea con l'atteggiamento insofferente di chi lo ha accettato esclusivamente per denaro e per vivere da mantenuta. I ruoli sono chiari e apparentemente stabilizzati, ma qui interviene l'idea di Masi (anche autore del copione), che non stravolge la realtà per agire a sorpresa sulla fantasia dei suoi protagonisti: ognuno di loro, in momenti diversi, stimolato dalle nuove conoscenze e da una situazione che costringe tutti a passare il tempo lì senza potersene andare (l'auto e la moto devono essere entrambe riparate), comincia a fantasticare ponendosi al centro di brevi avventure in cui agire da eroe ammirato e amato. Naturalmente il primo oggetto del desiderio è Bea, ma chi già ce l'ha pensa alla ragazza muta e chi ha mire più venali progetta fughe col malloppo. Realtà e fantasia s'intersecano (tanto che non è sempre immediato capire cosa di quanto immaginato sia invece parzialmente reale) in un progetto ambizioso ma piuttosto fine a se stesso, dove l'evidente carenza di mezzi non è necessariamente la causa prima di una sterilità che incrocia quasi sempre il prevedibile e l'inconcludente. Le facce sarebbero anche quelle giuste, gli atteggiamenti messi in scena pure, per quanto stereotipati, ma gli sviluppi di ogni “sogno ad occhi aperti” avrebbe necessitato, per reggere, di una regia più incisiva, che infondesse più passione e riuscisse a coinvolgere magari aumentando il ritmo o indovinando qualche sequenza singolare. Si segnala invece al massimo un'accettata in testa con modesto effetto splatter e poco altro, mentre non potevano mancare insistite scene di sesso con larga esposizione di seni e una facile replica dello stupro traumatizzante (questa volta con happy ending). Notevole il brano cantato in apertura che regala l'impressione, per un attimo, di trovarci in territorio americano, introducendoci al meglio nel clima scelto dal regista per raccontare la sua storia semplice di illusorie fughe dalla realtà.
Film demenziale ma originale, questo di Masi. In un'officina sperduta gestita da uno psicolabile arrivano un motociclista e un'auto di lusso con un trippone ricchissimo e la sua giovane compagna. In mezzo alla più estrema rozzezza e trivialità scaturiscono cinque o sei evoluzioni diverse e tutte possibili a verificarsi; e non mancano neppure del nudo e dello splatter sotto un solleone da delirare. E deliro anch'io... una bottiglia di Acqua Fiuggi e un contadino dall'accento toscano in un Texas sperduto, erboso e collinare. Davvero non male. Mi ha divertito.
In un confine tra Messico e Stati Uniti (palesemente finto come la bottiglia di acqua Fiuggi... tanto valeva ambientarlo in Italia), in una giornata afosa come non mai, una specie di rape and revenge molto curioso con i tre protagonisti che immaginano come potrebbe evolvere la loro giornata. Forse un po' troppi risvolti "finti" alla fine stufano, ma comunque è buona la prova del cast con la Borghi molto sensuale; meglio del previsto.
Incredibile sapere che dietro questo originale e divertente film ci sia lo stesso regista del Seme di Caino. Dopo la premessa doverosa, ecco il film assurdo ma piacevole, girato in un'improbabile ambientazione fatta di auto americane, bottiglie di acqua 100% italiana come la reale location. Bellissima la Borghi, bene il resto del cast (specialmente il barbuto Manolo). Musiche riciclate ma azzeccate.
Siccome gli attori sul libro paga son pochi e Masi ha il bernoccolo di un body count che non può immediatamente appagare né eccessivamente diluire, fa del plot una valigia tutta doppi tripli quadrupli fondi e sfondoni onirico-allucinatori ove tutti muoiono e nessuno muore, della serie credevo fosse amore pre-zarchiano e invece era un calesse in largo anticipo sui Wachowski. Nonostante il tutto diventi subito unità di misura del trash più dissennato, si fa una fatica sisifica nel terminarlo, autori nostro malgrado d’una partitura di sbuffi e sbadigli intercalati dai "maccerto, maccerto...".
MEMORABILE: La soggettiva circolare della moto attorno all’auto.
Non proprio scorrevole e povero di mezzi. Non è da tutti girare un film esclusivamente tra praterie e paesaggi selvaggi praticamente a budget zero. La carnalità di alcune scene lasciava presagire seguiti bollenti: la macchina da presa sembra accarezzare con le sue inquadrature i corpi dei protagonisti avvinghiati nella loro voluttuosità, ma perchè fermarsi ai nudi femminili? E soprattutto i preamboli sessuali vengono completamente disattesi. Anche il titolo viene tradito dalla messa in scena.
Masi vanifica un'idea di insperata finezza (quasi da cinema autoriale) in una fiacca sarabanda di stupri e tradimenti veri o apparenti. Più robusta del previsto l'atmosfera da explotation all'americana, ma ritmo sfiancante, cast al risparmio, messinscena poco curata e sorprese che una volta svelato il meccanismo sommano ripetitività alla ripetitivita. Bei brani cantati in colonna sonora, con qualche riciclo. Sgangherato e rozzissimo, ma con qualche felice intuizione: senza dubbio il capolavoro del regista.
L'idea di partenza è davvero interessante e nella prima parte funziona anche abbastanza bene: poi però, una volta capito il giochetto, il film inizia ad essere ripetitivo e qualche "variante" sfocia nel ridicolo. Alla fine si diventa talmente assuefatti all'alternanza realtà-sogno che pure l'epilogo, debole, passa in secondo piano e non interessa più di tanto. Non ho patito particolarmente il ritmo che alcuni segnalano lento: anzi mi sono pure quasi divertito. Tra quelli da me visti, il migliore del regista.
I temi del film sono originali: il delitto e il tradimento visti da tutte le angolazioni, con le diverse sfaccettature dei protagonisti che subiscono e fanno violenza allo stesso tempo, con i fatti ripresi dai vari punti di vista delle persone coinvolte. Il crimine, come afferma il titolo, è un demonio nel cervello, quindi pensato, congetturato, cerebrale ma poco vissuto perché offuscato dalle ipocrisie di facciata. Purtroppo i dialoghi piuttosto banali e il confinamento registico monotono alla exploitation erotica non valorizzano a dovere il tutto.
Trashomon! Un castellificio in aria all'insegna del pensiero stup(r)endo e del "godrei ma non posso", null'altro che riflesso parafrastico delle illusive potenzialità del regista. Masi aspirerebbe al colpaccio del teatrino smascheratorio sulle pulsioni inconfessate dell'individuo comune, quel paiolone di bramosie, venalità, fantasticherie e incomunicabili oscenità sobbollenti nell'indole umana più profonda, ma la concertazione pratica (simil-western fidaniano) dilama inescusabilmente nel canale in secca della più stiracchiata, inconcludente e sbertucciabile proiezione da cineforum fantozziano.
MEMORABILE: L'improbabile ambientazione finto-messicana da sotto-western ciociaro...
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Schramm ebbe a dire: scusate ma dove stanare sto fior fior di pre-zarchi tricolore e termale? l'ho cercato in largo e in lungo, invano... Si trova, si trova.. Aspettati un pm a breve.. :-D
non so che dirne ed è un bene perché fauno me la giurerebbe, ma ho fatto una fatica sisifica a terminarlo. qualcosa mi ha pure fatto rimettere dritto sulla sedia, come la moto-soggettiva circolare attorno all'auto (là mi son proprio detto "a masi, vedi che se ti ci impegni quel pochetto...!!") ma per il resto ho dato nei muri tutto il tempo, anche prendendolo sul fronte weird-trash mi ha davvero assassinato gli attributi. sarà che l'avevo diversamente immaginato.
Schramm ebbe a dire: non so che dirne ed è un bene perché fauno me la giurerebbe, ma ho fatto una fatica sisifica a terminarlo. qualcosa mi ha pure fatto rimettere dritto sulla sedia, come la moto-soggettiva circolare attorno all'auto (là mi son proprio detto "a masi, vedi che se ti ci impegni quel pochetto...!!") ma per il resto ho dato nei muri tutto il tempo, anche prendendolo sul fronte weird-trash mi ha davvero assassinato gli attributi. sarà che l'avevo diversamente immaginato. Dai, però quattro risate non puoi non essertele fatte.. hhaha! :D
non che io ricordi. una partitura di sbuffi e sbadigli e di "maccerto, maccerto..." che non ti dico. ma ripeto, peggio per me che l'avevo idealizzato come una sorta di pre-zarchi nostrano.
Schramm ebbe a dire: non che io ricordi. una partitura di sbuffi e sbadigli e di "maccerto, maccerto..." che non ti dico. ma ripeto, peggio per me che l'avevo idealizzato come una sorta di pre-zarchi nostrano. Eh, quando sia hanno aspettative spropositate si rischia di rimaner scottati. Personalmente non lo trovo un capo d'opera (ci mancherebbe) e pur avendomi divertito, arriverei, al massimo, al non male dopo tutto. ;-)
Eran quattro anni che cercavo di individuare uno dei pezzi cantati presenti nella riciclatissima soundtrack del film, per la precisione quello che parte dal momento dell'entrata in scena della sottomessa Dada (intepretata da Luigia Giuri); ero sicuro al 200% di averlo ascoltato altrove, chissà perché mi ricordava una vecchia reclame televisiva anni '80 di non so quale shampoo...
Poi, quasi fortuitamente, rivedendo il film di recente (per la classica "seconda chance" che concedo spesso ad opere curiose come questa), mi è ribalenata in mente l'origine effettiva delle note misteriose: si tratta(va) di uno dei brani della colonna sonora di Ultime grida dalla savana (1975), nello specifico la traccia che accompagna in sottofondo l'intero spezzone sul raduno a Cape Cod degli animalisti hippie: My Love, cantata da Ann Collin su musiche di Carlo Savina e testo di Gilbert Kaplan.
La buonanima del sommo Kurosawa mi perdonerà se nel commento ho osato tirare in ballo il titolo di uno dei suoi capolavori, ma viste le ricostruzioni "relativistiche" in cui si scindono e sovrappongono realtà e sogni a occhi aperti all'interno della non-trama, beh, quel Trashomon ci stava tutto.
Comunque, visto due volte nell'arco di quattro anni: stesso risultato.