Blue boy - Corto (2019)

In questi venti minuti scarsi Manuel Abramovich ci trascina al bar Blue Boy di Berlino per farci raccontare, in maniera speciale e innovativa, il lavoro di sette ragazzi rumeni che si prostituiscono con altri uomini. Ognuno di essi ascolterà le parole registrate degli altri, accompagnandole con smorfie e impassibilità. Notevole cortometraggio che si fa apprezzare per i contenuti scabrosi raccontati in maniera diretta e precisa, che delineano diversi profili e modalità di affrontare lo stesso percorso di vita. Questa scelta permette anche di concentrarsi meglio sulle parole.

Interviste allo specchio: Abramovich piazza una telecamera in faccia agli esotici ragazzi del Blue Boy di Berlino e fa loro ascoltare le reciproche confessioni su gioie, dolori e approcci personali alla nobile arte della prostituzione omo, registrandone sull'istante le reazioni spontanee. Se alcuni dei racconti effettivamente interessano e intrigano per la loro cruda asciuttezza, lascia un po' a disagio vedere il loro effetto perlocutorio, questo sì pornografico, su cui è contemporaneamente soggetto agente e oggetto paziente della narrazione. Forse voluto, ma voyeuristico.

Blue Boy di Berlino: sette giovani professionisti del sesso, ascoltano guardando in camera le confessioni e le esperienze altrui. I loro volti si alternano dinanzi allo schermo tra smorfie e presunta impassibilità. Poco meno di venti minuti che però riescono, almeno a tratti, a raggiungere una certa intensità, rendendoci partecipi dell'universo umano e dolente di questi ragazzi che esercitano la professione più antica del mondo. Storie crude e realistiche, segnate da un linguaggio schietto, ma non di prive di umanità e di qualche sprazzo persino di dolcezza.