Un Grande Fratello ante-litteram, condito da riprese molto più amatoriali e “vere” nonché da un linguaggio a dir poco colorito (le bestemmie non si contano, probabilmente si tratta del film che ne contiene di più in assoluto nella storia del cinema). La durata (tre ore e mezza) mette a dura prova lo spettatore, anche perché pare non esserci consequenzialità nell'azione: si tratta sostanzialmente di lunghi dialoghi, discorsi di gruppo, sprazzi di vita quotidiana che nella maggior parte dei casi potremmo tranquillamente ascoltare senza guardare le immagini: non si perderebbe molto. Anna è una sedicenne, tossicodipendente e incinta. Massimo Sarchielli,...Leggi tutto attore e regista del film con Alberto Grifi, la ospita in casa e si occupa di mantenerla. Dalla loro vicinanza scaturiranno considerazioni semplici sulla vita che si accompagneranno a quelle fatte da un gruppo di anarchici romani di stanza a Piazza Navona con cui Sarchielli viene in contatto. Dalle oltre undici ore di girato Sarchielli e Griffi hanno selezionato tre ore e mezzo che però sembrano talvolta essere state scelte senza troppo criterio: come giudicare altrimenti gli squilli a vuoto di un telefono a cui nessuno risponde per minuti interi? E’ da premiare l'operazione-verità, la voglia di entrare a fondo nella mentalità giovanile di quegli anni (primi Settanta) ma il risultato, al di là di qualche buon momento, sembra solo utile come materia di studio per sociologi o critici “alternativi”.
L'operazione era chiara: raccontare il mondo giovanile anni '70 attraverso l'Anna del titolo, ragazzina problematica ospitata da Sarchielli e ripresa costantemente con una telecamera fino al voyeurismo. Cambia tutto quando sboccia l'amore tra lei e un elettricista della troupe, irruzione della vita reale nel cinema (vista da Grifi come atto rivoluzionario contro il cinema borghese) prima del decisivo colpo di scena finale. Film unico e irripetibile, molto oltre il cinema. E mattone colossale, sì: ma si deve pur tenere conto del valore storico.
MEMORABILE: Il profetico monologo di Stefano Cattarossi, verso la fine.
Al contrario delle aspettative, non mi si è rilevato affatto un mattone, tutt'altro, sebbene il peso della durata si senta eccome (motivo per cui l'ho visto a pezzi). Ne sono stato abbastanza affascinato, perché è un ottimo specchio socio-culturale di un'epoca trapassata e aldilà della sua vena documentaria dalla quale sono analizzabili infinità di contesti oltre a quelli propri di una cultura marxista, ha il fascino del vero, che però esce fuori dagli schemi sia del film-reality che dal film ad effetti reali.
MEMORABILE: Chiacchierata al bar con l'avvocato, dove l'uomo di scienza (giuridica) dimostra molta piu povertà di pensiero dei ragazzi della comune.
Vero Ufo del Cinema italiano, oggetto non catalogabile e non codificabile, il che già di per sè rende merito ai suoi due ideatori (Sarchielli e Grifi), i quali non a caso furono i primi a subire un'Opera che si faceva diversa da come l'avevano pensata. Tutto nel film infatti si ribalta: la bipolare Anna incinta si oppone al pietismo di Sarchielli, il videoregistratore prende il posto della cinepresa, Vincenzo l'elettricista entra in scena e si dichiara a Anna salvo poi subirne l'abbandono... Visione ostica e forse datata ma che non si lascia dimenticare.
MEMORABILE: Le provocazioni del Warholiano Waldon e la tensione che provocano; l'entrata ins cena di Vincenzo; la sua confessione finale.
Chiaro esempio di cinema sperimentale che racconta la vera storia di Anna, una ragazza incinta venuta dalla Sardegna e presa in casa da Sarchielli e soci. La vera trovata è la confessione d'amore, nei confronti di Anna, dell'assistente elettricista Vincenzo. Il tutto è condito da dialoghi, sigarette (tantissime) e incontri a Piazza Navona con un gruppo di anarchici. Sembra un reality show ante litteram dove tutto però è tremendamente vero, con il regista che a fine film fornisce le sue considerazioni sull'opera.
Molto prima di Ecce bombo fu Grifi a ragionare da vicino dei giovani romani. E se Moretti usò la pellicola come moschetto, Grifi e Sarchielli fecero del videotape un microscopio. L'effetto-verità doveva essere al millesimo per restituire Anna, dropout 16enne. Non è ancora videoregistrazione pura (ha un montaggio) per quanto ne fissi l'idea. La bassa fedeltà ha preservato la freschezza di questo esperimento che scavalcò Eustache anticipando la vita in diretta dei cellulari. Indispensabile per chi riflette sul mezzo cinema, altrimenti tre ore non passano mai.
MEMORABILE: Il colloquio in piazza Navona con l'avvocato bigotto e fintamente caritatevole.
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DiscussioneFabbiu • 7/12/09 09:42 Archivista in seconda - 652 interventi
Dice il maestro, che a volte le scene sembrerebbero buttate giù senza tanto criterio (come dire, giusto per mantenere viva l'aria di film sperimentale) come giudicare altrimenti la lunga (dieci minuti in effetti non sono pochi) scena degli squilli a vuoto di un telefono?
L'operatore aldilà del telefono svolge un servizio pubblico (ora non ricordo con precisione se si tratta di un centralinista pubblico, od un operatore del vecchio servizio - ora contrario al diritto alla privacy - che dato il numero di telefono ti diceva a quale intestatario corrisponde); il fatto che sia stata ripresa la lunga attesa prima della sua risposta, secondo me è stato un modo per sottolineare l'inefficienza dei servizi statali, quindi per far mettere lo spettatore nei panni di chi perdeva la pazienza ad aspettare una risposta. Potrei sbagliarmi, ma del resto questo è un film fatto di interpretazioni, e questa è stata la mia.
DiscussioneZender • 7/12/09 11:16 Capo scrivano - 47824 interventi
Può essere un'interpretazione, certo. Anche interessante, perlatro.
CuriositàFabbiu • 30/12/09 19:33 Archivista in seconda - 652 interventi
Dal video che ho linkato: a quanto pare Anna è finita in un manicomio.
Facendo alcune ricerche così alla buona, pare che Vincenzo è morto accoltellato in una rissa.
CuriositàFabbiu • 30/12/09 19:56 Archivista in seconda - 652 interventi
si ma il film è stato girato sulla fine dei 60, poi presentato nel 75, e i fatti sono accaduti negli anni a venire.
i Manicomi sono stati chiusi nel 78 con la Legge Basaglia.
Quindi o Grifi usa il termine "Manicomio" come per intendere i reparti psichiatrici degli ospedali oppure Anna ci è finita dentro in tempo in tempo