Ozon si occupa dello scandalo della pedofilia nella Chiesa con un docu-film che, ispirato al recente caso di Lione, descrive la sofferta azione delle vittime di abusi che a distanza di anni decidono di mobilitarsi per chiedere giustizia. Il regista francese si concentra sul dramma delle vittime mostrando le diverse conseguenze degli abusi sulle loro vite affettive e sessuali. Un approccio meno incalzante e spettacolare rispetto al Caso Spotlight ma ugualmente efficace nella denuncia.
MEMORABILE: "La maggior parte dei casi, grazie a Dio, sono prescritti".
Ozon cambia ancora una volta tema e registro per raccontare in un film corale dal taglio semi-documentario lo scandalo che in tempi recentissimi ha coinvolto i vertici della Chiesa cattolica lionese, accusati di aver colpevolmente protetto un prete più volte indicato come pedofilo. Le vittime hanno nomi fittizi ma i nomi dei colpevoli sono quelli reali, come reali sono le testimonianze e credibile la gamma delle reazioni delle persone coinvolte, sia i diretti interessati che i loro familiari. Un film non facile, problematico ed appassionato, in grado di suscitare pietà ed indignazione.
MEMORABILE: Quell'imperdonabile "grazie a Dio" pronunciato nel momento meno opportuno
Ozon documenta origine e sviluppi della class action che mise alle corde la connivenza e il silenzio della gerarchia ecclesiastica lionese nei confronti di gravissimi episodi di pedofilia, intrecciando la storia di alcune ex vittime dopo anni e anni di rimozioni. Come nel Caso Spotlight, anche qui si ha l'impressione che tutto si consumi a livello soggettivo e individuale, relegando ai margini l'indagine sulle effettive responsabilità del sistema, lasciando alle didascalie finali ciò che invece avrebbe dovuto essere il cuore dei fatti narrati.
MEMORABILE: La determinazione dirompente di Francois; Perdonare o non perdonare; Gli incontri con padre Preynat.
François Ozon realizza una delle sue opere più convincenti occupandosi dello scandalo delle pedofilia che sconvolse la chiesa di Lione. L'evento è raccontato con lo stile del documentario, analizzando in modo approfondito i singoli personaggi, evitando i toni eclatanti e sottolineando in modo drammaturgicamente significativo i passaggi più significativi. Un film che lascia un senso di amarezza e si conclude in modo assai poco consolatorio, specie se visto dall'ottica di un fedele. Attori tutti convincenti. Doloroso ma necessario.
Una lucida e solida denuncia verso atti di pedofilia praticati da un sacerdote in Francia. Ozon sceglie un taglio cronachistico e tendente al documentario per denunciare vergognose nefandezze. Ottimo risultato, ottenuto anche grazie a un cast coeso in cui ognuno appare al posto giusto. Certo il finale potrebbe lasciare l'amaro in bocca, ma è il messaggio cinematografico a lasciare il segno.
Autore di un cinema ad alta densità narrativa, posseduto da una famelicità fassbinderiana che oscilla quasi fisiologicamente tra intensità e sterilità, Ozon concentra per la prima volta la sua "scandalosa" mdp su un "soggetto" esplicitamente sociale e civile. Il film, pur non evitando le secche della (peraltro sacrosanta) denuncia contro le reticenze del sistema Chiesa, ha il merito, grazie alla tecnica della germinazione dei racconti dei protagonisti, di affrontare prospettive individuali contestualizzandole senza manicheismi. Ineccepibile il cast. Un filo abbondante la durata.
MEMORABILE: Il volto dubbioso di Poupaud/Alexandre; La determinazione di Menochet/Francois; La fragilità di Artaud/Emmanuel; La conferenza stampa di Barbarin.
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CuriositàDaniela • 26/02/20 10:00 Gran Burattinaio - 5925 interventi
Nel 2019 al Festival di Berlino: Orso d'argento, gran premio della giuria.