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Continuo qui la recensione: la consulenza storica di Boris Ulianich non risparmia stoccate alla Chiesa del duecento: interessante infatti l'informazione che ci viene data sui preti di quell'epoca tenuti liberi (tramite il pagamento di una tassa) di tenersi concubine e figli delle stesse in casa. Il papa e il vescovo vorrebbero porsi in contrasto con questa usanza ma di fatto rimangono impotenti. Ed è proprio qui che la povertà di Francesco porta il suo simbolo rivoluzionario e da "i pugni in tasca": nel film è evidente che il distacco dalla famiglia(il padre è un mercante usuraio) appare come rinuncia ai beni e al vivere borghesi. Altro aspetto interessante la discendenza del film da Sergio Leone:nel film sono infatti memorabili gli stretti primi piani sulle facce scavate dalla povertà dei frati e la musica di Peppino de Luca è palesemente morriconiana.
Xabaras