Anthonyvm • 15/04/20 02:52
Scrivano - 804 interventi Charles Band, da volpone dell'exploitation e della produzione ultra-cheap, decide di battere sul tempo ogni "rivale" e improvvisa in quattro e quattr'otto il primo zombie-movie esplicitamente basato sulla pandemia di Coronavirus del 2020.
Girato (ma sarebbe meglio dire montato, trattandosi di fatto di un mixaggio di altri film con pochissime scene originali) nel pieno della quarantena, non può ovviamente contare su un cast corale o su un plot elaborato.
Una bella e stereotipatamente sciocca bionda (Corey Renee Cameron, comparsa in ruoli secondari in decine di titoli, da
The neon demon a
El camino) torna a casa dal supermercato stupendosi di come gli altri clienti si siano dimostrati aggressivi nei suoi riguardi. Una sua amica le telefona e la informa della nuova pandemia di Covid-19. La Cameron accende la TV e ascolta i notiziari. A quanto pare si tratta proprio del virus che purtroppo tutti noi conosciamo, eccezion fatta per la tendenza di trasformare gli infetti in zombi affamati di carne umana: i Corona Zombi (e qui scatta la battuta che dovrebbe dare un'idea del livello di comicità a cui bisogna sottostare nel corso della visione: "Corona? Perché non Heineken?").
Il TG, fra un intervista ai giovani che in barba alle restrizioni si godono una bevuta in compagnia e un annuncio di Donald Trump che promette di debellare la minaccia entro Pasqua (immagini di repertorio autentiche), annuncia che la causa di tutto è da ricercare a Baltimora presso un'azienda produttrice di minestre, la cui recente zuppa di pipistrello sembra avere un paio di effetti collaterali.
Da qui si palesa la natura di film-collage della presente opera: veniamo infatti catapultati nientemeno che in
Virus - L'inferno dei morti viventi, il classico trashone del nostro Mattei, di cui la Full Moon di Band ha acquisito i diritti (e non vengono risparmiate nemmeno le musiche dei Goblin, già di loro riciclate da
Zombi del '78 e
Contamination di Cozzi). La centrale dove nel film dell'80 si sprigiona il contagio viene così spacciata per la fabbrica di zuppe rea della diffusione del Covid. Un ri-doppiaggio umoristico fissa i raccordi fra l'originale matteiano e la "nostra" storia, mettendo parodistiche pezze sulla distrastrata continuity (non manca neppure qualche forzato omaggio alla mini-serie
Chernobyl).
"Corona Zombies" dura poco più di un'ora, e di questi sessanta minuti almeno quaranta sono costituiti dall'opportunamente remixata opera di Vincet Dawn. I militari che facevano il verso a quelli dello
Zombi di Romero vengono ribattezzati "Corona Squad", e il loro obiettivo è adesso quello di recuperare dalla casa di un terrorista un importante carico di carta igienica rubata (!). Margie Newton diventa una reporter d'assalto pronta a spogliarsi per entrare in contatto con una tribù cannibale residente a Baltimora (il voler spacciare la giungla della Nuova Guinea per il Maryland e gli indigeni per una comunità religiosa simil-hamish ha del geniale). Zantoro viene rinominato Argento (per la sua somiglianza con Dario...?), e, anche con dialoghi diversi, resta il personaggio più spassoso.
In mezzo ai suddetti tronconi di
Virus, spuntano anche scene splatter estrapolate da un precedente film di casa Band, il mockbuster
Zombies vs. Strippers, qui tramutate in esclusive immagini shock diffuse dal TG: il monito del commentatore va a coloro che, pur di non perdersi uno spogliarello, se ne sono infischiati delle regole contenitive.
Nel frattempo la Cameron ha delle allucinazioni a base di morti viventi (nello specifico uno solo, con addosso la mascherina, interpretato da Russell Coker), forse a sottolineare il clima di paranoia nel quale ci ritroviamo coinvolti. In realtà la cosa è trattata con molta superficialità e suona più come espediente per allungare il già ristretto brodo e condurre il film a una conclusione vagamente spettacolare (con un orrido ma, data l'estrema economia dell'insieme, corretto effetto green screen che porta la ragazza a contatto coi redivivi di Mattei).
Insomma, chi si aspettava da un titolo d'impatto come "Corona Zombies" un film altrettanto d'effetto rimarrà deluso. La faciloneria con cui l'opera è stata concepita e assemblata potrà far storcere il naso ai più, ed è evidente che l'intento primario di Band fosse quello di far parlare di sé col minimo sforzo. Niente di meglio per pubblicizzare il servizio di streaming della Full Moon Features.
Un'operazione commerciale, exploitativa, di dubbio gusto e puerile, eppure, mentre la si guarda, nella sua totale spensieratezza ed estrema goliardia, ci si trova spesso un sorriso scervellato sulla bocca. Sentire la voce del commentatore elencare i sintomi tipici dell'odiosa malattia per poi uscirsene con segnalazioni di antropofagia e attacchi zombi lascia sulle prime interdetti, poi l'innegabile pazzia del progetto ha la meglio, e lo spiazzamento cede il posto all'accettazione. Una freddura, una lunga barzelletta che ironizza sulla follia che stiamo vivendo in questi tempi, che punta il dito contro le autorità che minimizzavano l'emergenza, e che, comunque, invita i cittadini a fare i bravi e a non sgarrare sulle misure di contenimento. Sotto questo punto di vista, il messaggio che trapela è persino edificante.
Il comparto comico, come già si accennava, è decisamente bambinesco, e chi mal sopporta le battutacce e i giochi di parole sarà tentato di interrompere la visione ben prima della fine. Le banalità sono all'ordine del giorno: si prendano gli zombi che, invece del classico "Braaains..." de
Il ritorno dei morti viventi pronunciano ossessivamente "Coronaaa...". Inaspettatamente, tuttavia, il ridoppiaggio del
Virus di Mattei nasconde piccole perle di ironia, specialmente per coloro che hanno già visto e (nei limiti del so-bad-it's-good) apprezzato il film. Fra anacronistici riferimenti a Uber e Tinder e
The walking dead, il bambino-zombi rimproverato perché non rispetta l'isolamento sociale, qualche uscita vincente ("Lei sì che sa come iniziare una conversazione!" dice Argento/Zantoro alla Newton durante la famosa sequenza di denudamento), il militare che sembra avere difficoltà col cambio manuale della jeep e i problemi della squadra a raddrizzare il gommone in acqua (ottimo esempio di "buona la prima" matteiana), sembra di assistere a una video-recensione parodistica. I fan della pellicola originale avranno una ragione in più per divertirsi.
Peccato che, nella seconda parte, la qualità delle battute perda generalmente colpi. Sarà quindi più facile per lo spettatore notare la raffazzonata fattura dell'opera nel suo insieme. Certo, si tratta di un filmetto indipendente girato letteralmente con tre attori (di cui soltanto due mostrati in viso) e una location interamente casalinga, e la propensione di Band a fare di necessità virtù è in un certo senso ammirevole, ma la fretta e la trasandatezza con cui l'idea è stata partorita e portata all'atto è palese. Fortunatamente la brevissima durata tiene lontano per forza di cose il fardello della noia.
L'idea di realizzare un horror casereccio nei limiti imposti dalla quarantena è comunque valida, e con un po' di impegno in più qualche autore (e magari lo stesso Charles Band, ora che si è tolto lo sfizio di arrivare per primo e non gli corre più dietro nessuno) potrebbe tirare fuori un prodotto davvero interessante.
"Corona Zombies" è un titolo che implora di essere menzionato e discusso a ogni costo, e questo è il suo più grande pregio e il suo maggior limite. Chi non ha pretese e non pensa che giocare su un'emergenza sanitaria globale sia motivo di indignazione, può però permettersi di buttare un'oretta della propria vita, bruciare qualche neurone e ridacchiare colpevolmente fra una gag cheesy e l'altra. Come semplice diversivo alla noia dell'isolamento può funzionare.
Anthonyvm
Caesars