Soggetto di Rodolfo Sonego, sceneggiatura di Cesare Zavattini, regia di Vittorio De Sica. Che ne uscisse un livido ritratto neorealista era quasi scontato, e così ecco Florinda Bolkan lavorare in fabbrica a Milano e ammalarsi di tubercolosi. Il marito (Renato Salvatori) è sciancato e non guadagna, quindi i soldi.per mandare avanti la famiglia (tre figli a carico) li deve portare lei. Una vita dura, avara di soddisfazioni, grigia come i paesaggi metropolitani immersi nella nebbia. Tutto cambia quando, scoperta la malattia, sarà "costretta" dal medico a prendersi una vacanza in montagna, nel sanatorio di Sondalo. Conoscerà nuove amiche e la lontananza dalla famiglia...Leggi tutto e da ogni pensiero le farà scoprire l'amore per la vita (e non solo...). Niente di particolare da segnalare per una storia condotta correttamente da un regista che su film così ha costruito parte della sua (meritata) fama. La Bolkan (doppiata in siciliano anche se dice di venire da Cosenza) parla poco e comunica con una bella espressività, le cime innevate della Valtellina offrono sporadicamente magnifici squarci paesaggistici, il cast si mette bene al servizio di una sceneggiatura non certo originale ma indubbiamente scritta con competenza. La breve - ma intensa - vacanza sui monti non ha la forza di una prima parte in cui il dramma umano della protagonista coinvolge maggiormente. De Sica intanto chiama a sé la famiglia: Manuel alle musiche e il ventiduenne Christian in una particina di cinque minuti sul treno per Sondalo: grassottello, è già debordante e logorroico, uguale a com'è oggi.
Non male questa opera drammatica del buon Vittorio De Sica (altra pasta rispetto al figlio). Ottima la prova della Bolkan, con un'insolita pettinatura borghese che sfoggerà anche in Cari genitori. Bene il restante cast; la storia sa un po' di già visto ma va bene lo stesso.
Il penultimo film di Vittorio De Sica ha un retrogusto di tristezza ma anche di rivalsa nei confronti della vita, con una Bolkan brava e capace di entrare perfettamente nel personaggio. La parte della vacanza in sanatorio è la più interessante anche per la presenza di una bravissima e intensa Adriana Asti nei panni di una malata terminale. Occhio ai giovani Christian De Sica e Monica Guerritore.
Una breve vacanza, ovvero una breve e fugace rivalsa da una vita difficile da cui è impossibile scappare. La Bolkan interpreta una donna prigioniera della sua condizione familiare, soffocata da una mentalità arretrata e ai limiti del sostentamento. Il film è migliore nella prima parte, in cui si tratteggia il dramma della donna con efficace realismo, mentre la parte nel sanatorio illude solamente, rendendo l’epilogo più amaro. De Sica si conferma capace di descrivere determinate realtà attraverso tante sfaccettature e senza essere mai banale.
Una trimurti (Sonego-Zavattini-De Sica) supporta la piccola fuga dell'operaia Clara dalla necessità. Un romanzo di formazione da adulta, madre di tre figli, che le lascia scoprire non solo, com'è ovvio, sé stessa ma pure un'aperta curiosità degli altri, che prima della "vacanza" risultavano indistinguibili nell'apatia fabbrica-famiglia. Buon film che però risente della cupezza di maniera anni 70; la Bolkan è troppo avvenente come proletaria ma se la cava. Apici sono l'euforia tragica della Asti e di certo il molosso Salvatori, esausto nel film come nella vita.
MEMORABILE: La visita dei familiari in Valtellina.
A seguito di una “breve vacanza” in sanatorio, Clara avrà modo finalmente di conoscere altro, dalla sua triste vita di calabrese immigrata a Milano. Un film il cui racconto scorre liscio, catturando sempre l’attenzione, soprattutto grazie alle magiche presenze di Florinda Bolkan e Adriana Asti, ricche della loro talentuosa recitazione. Finale com’era facile prevedersi, ma non del tutto chiuso.
MEMORABILE: La parlata di Clara, decisamente più sicula che cosentina…
Vittorio De Sica HA DIRETTO ANCHE...
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CuriositàZender • 4/11/07 13:17 Capo scrivano - 48842 interventi
Christian De Sica come appare sulla copertina del 45 giri tratto dalla colonna sonora del film: