Un avvocato italiano diretto in Messico è costretto a passare una giornata a Los Angeles. Tra scetticismo e curiosità, Salerno rimane imprigionato nel limbo del sogno americano fatto di arrivismo e grandi progetti. Rossi si concentra sul comportamento degli italiani in America e sulla loro americanizzazione ostentata, in cui non contano i rapporti umani ma solo le conoscenze. Curioso.
MEMORABILE: Salerno: "Gli italiani sono molto simpatici in Italia, ma all'estero vero..."
Nel panorama dell'epoca credo che a suo modo sia stato un film piuttosto originale e curioso, tutto ambientato in una Los Angeles dove un sempre straordinario Salerno (qui uomo dalle mille sfaccettature anche piuttosto meschino) costretto a restarci un giorno (che diventeranno due) avrà modo di conoscere e discutere di una realtà diversa da quella a cui è abituato. In poche ore riuscirà a stringere amicizie molto "importanti". Peccato per il finale, non ben chiuso (a mio avviso).
Gemma del cinema italiano assolutamente da riscoprire! Un film delicato e controverso allo stesso tempo, tratteggi pscicologici dei personaggi ottimamente valorizzati e location bellissime. Enrico Maria Salerno (forse uno dei migliori attori italiani) regala un'interpretazione lucida ed elegante dell'italiano all'estero! Renato Salvatori gentile ma anche viscido! Regia davvero ottima di Franco Rossi (da riscoprire tutta la sua filmografia). Piero Umiliani ci regala una partitura musicale eccelsa!
MEMORABILE: Lo scambio di opinioni tra i due protagonisti; Le location.
Franco Rossi mette in tasca una miccetta antiamericana all'italiano medio (il jolly Enrico Maria Salerno, tra gli attori più sottilmente eclettici). Vuole non tanto sbugiardare quanto fiaccare il mito losangelino, nel '62 ancora saldissimo: vacuità e vanità sono una nebbiolina inquinante; i sogni merce di scambio. Lo squattrinato Mario, tornito da Renato Salvatori, firma la lista degli italiani falliti all'estero, come sarà Manfredi ne Il gaucho. La scia della Girardot semina piccole miserie tra i petroldollari. Futuribile finale allegorico.
MEMORABILE: Salvatori mima la trivella succhia-petrolio.
Un “avvocato internazionale” in attesa di ripartire per il Messico passa qualche giorno nella caotica L.A. dove avrà modo di conoscere rapidamente nuova gente e nuove situazioni come in un effetto domino. Salteranno fuori le contraddizioni di un mondo così in anticipo rispetto all’ Italia, ma anche dentro di sé. Un quadro desolante della natura umana a cui il progresso ha insegnato poco, se non il mero materialismo. Il tutto descritto con la mano ferma e geniale di un regista che sa come incidere e far riflettere. Finale simbolico nella bolla di plastica “spaziale”.
Come smontare il mito americano che tanto massicciamente circolava nell'Italia del secondo dopoguerra? Semplice, ambientare l'intera storia a Los Angeles e raccontare storie di falliti a vari livelli che erano stati abbagliati da quel sogno. Un piccolo film tutto da scoprire e molto avanti rispetto ai tempi in cui è stato realizzato, con un Enrico Maria Salerno davvero in gran forma.
Avvocato in direzione Messico si deve fermare a Los Angeles per un giorno. Per l’epoca era certamente uno spunto interessante: l’italiano medio che sbarca in America dove appare come un alieno in un mondo sconosciuto. Salerno parte bene ma poi si perde in un personaggio da principiante esistenziale. Bene caratterizzati sono l’arraffone Salvatori e, soprattutto, la Girardot, che sembra aver assorbito i costumi locali. La chiusura alla Antonioni richiama il focus del film, ma è poco efficace.
MEMORABILE: Svenuto sulla pista da bowling; I pozzi di petrolio; Le conoscenze alla festa.
Avvocato italiano diretto in Messico è obbligato a fare scalo a Los Angeles. Ne approfitta per visitare la città. Interessante e non tipica, per quel periodo, smitizzazione made in Italy degli Stati Uniti. La storia, valida nella prima parte e nella caratterizzazione dei personaggi della Girardot e di Salvatori, ha poi un rallentamento dovuto a un'eccessiva ripetitività e scontatezza del personaggio di Salerno, che si involve un po' nello stereotipo. Stesso discorso per la regia, con notevoli soluzioni di gusto antonioniano all'inizio e più scolastica in seguito. Comunque buono.
MEMORABILE: L'uscita dell'avvocato dall'aeroporto e il primo contatto con la città; Il finale: nel bene o nel male.
Un pragmatico avvocato italiano viene trascinato suo malgrado a visitare una sorta di zoo umano losangelino popolato solo da compatrioti artisti e maneggioni, attratti dal west come i vecchi pionieri. Salvatori è ancora una sorta di magliaro, mentre la Girardot un'irrisolta in fuga che si crede libera. Film originale nel tema, ma forzato nel messaggio. Pensare di dimostrare la vacuità del sogno americano con una scheggia sociale irrealistica (ma non di registro palesemente surreale o satirico) piegata a dimostrare la propria tesi è pretenzioso, se non addirittura disonesto.
MEMORABILE: Gabriella che dice in continuazione: “Io sono americana” quasi fosse un titolo nobiliare; Le scritte delle località come nell’intervallo Rai.
Franco Rossi HA DIRETTO ANCHE...
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Nella colonna sonora, Piero Umiliani inserisce una citazione fugace del suo brano "Alone in a crowd", già utilizzato tre anni prima nel film Audace colpo dei soliti ignoti e il cui titolo viene qui leggermente modificato in "Along in a crowd". Il malinconico tema - esposto magistralmente dalla tromba di Chet Baker - sottolineava, in quel contesto, la solitudine di "Capannelle", povero e vecchio, ricoverato in ospedale. In "Smog", le poche note inconfondibili del tema emergono, fra una miriade di motivi, durante la solitaria passeggiata dell'avvocato Ciocchetti per le vie di Los Angeles. In una delle sequenze finali del film, Mario (Renato Salvatori) chiede a Gabriella (Annie Girardot) se si sia divertita al party dal quale è appena tornata, e la risposta è "...lo sai come si dice? "To feel alone in a crowd..." Coincidenze...
Questo fu il primo film interpretato da Enrico Maria Salerno dopo la pausa impostagli da un forte esaurimento nervoso per curare il quale gli fu prescritta anche la cura del sonno.
FONTE: Salerno torna sul "set" dopo la "cura delsonno", in Corriere d'informazione, 12-13 luglio 1961, pag.11.
Il soggettista del film, Pier Maria Pasinetti, disse in un'intervista che la sceneggiatura era ancora in fase di lavorazione all'inizio delle riprese. Per quanto riguardava gli attori affermò che molti sarebbero stati presi "dalla strada".
"Per esempio, l'altra sera qui a casa mia c'era un ricevimento e tra gli invitati Rossi ne ha notati due o tre che andavano a pennello per i tipi che aveva in mente. Li scritturò seduta stante".
Questa attitudine suscitò le proteste del SindacatoAttori Professionisti di Hollywood.
FONTE: Doris Cerea, Hollywood "provocata" da unregista Italiano, in Corriere d'informazione, 19-20 agosto 1961, pag.11.