Painkiller - Miniserie TV (2023)

Già raccontata nella bella serie Dopesick, la storia della dipendenza da farmaci oppiacei, dovuta all’avidità dei dirigenti della Purdue Pharma, ritorna nella serie Netflix che segue più o meno le orme della precedente. Al netto della mancanza di originalità, si tratta certamente di un valido prodotto, diretto con professionalità da Berg. Il racconto è realizzato con una grande tensione drammatica e alterna le vicende del perfido Sackler (ottimamente interpretato da Broderick) a quelle delle vittime e dei pochi che perseguirono l’azienda. Godibile e informativo.

Scalata al successo ed età dell'oro della famiglia "più malvagia d'America" attraverso il racconto di un investigatrice che per anni ha cercato di dimostrare le responsabilità della Purdue Pharma nella crisi degli oppioidi che sta devastando gli USA a partire dagli anni 90. La serie presenta un approccio molto simile a quello di Dopesick, oltretutto più valida sotto il profilo narrativo, quindi offre poco o nulla di nuovo ma è comunque ben realizzata e ben interpretata in particolare da un incattivito Broderick, per cui si fa seguire con interesse e, dato l'argomento, repetiva iuvant.

Miniserie dall'indubbio impatto. Non si cerca il sensazionalismo con estreme romanzature, per quanto in qualche modo dichiarate nell'incipit di ogni episodio, perché la tematica demolisce ogni resistenza: Sackler e la sua ascesa, spalleggiato dalle istituzioni, con il denaro che scorre a fiumi mentre tutto intorno si allarga la "pandemia". Una realtà per il momento ancora ben lontana dalla nostra, ma che non può lasciarci indifferenti. Buone le prove attoriali e corretta la durata.