La zia di Monica - Film (1979)

Solita pellicola in cui la giovane bellezza muliebre di turno, scompagina l'ordine familiare con varie conseguenze. Gli schemi sono quelli soliti, la regia, nonostante Mille sia un esperto del genere, latita e gli attori sono al minimo sindacale. Anche le scene presuntamente erotiche non sono nulla di che: quindi delusione sotto tutti gli aspetti. Certo, ci sono le protagoniste gustosamente polpose, ma non è certo un merito filmico-artistico.

Ancora collegiali in vacanza per Giorgio Mille, sebbene stavolta la fresca spensieratezza del film precedente sia sovvertita da soluzioni più perverse (la Well addirittura riesce ad accoppiarsi solo con uomini in abito talare) e da scene di sesso appena al di qua dei confini con l’hard. L’ambientazione è tipo quella del giardino di casa e Raho, l’unico a poter essere definito attore in senso pieno, mai era apparso in un ruolo così umiliante. Un paio di battute metacinematografiche tentano un salvataggio in extremis, risolvendo il film in uno scherzo collettivo.

Puro distillato di serie Z italico; un'eroticommedia ruspante e poverissima, girata coi piedi e montata in maniera delirante (nientemeno che dal buon Batzella), nella quale, tra attrici (secondo chi scrive) ben lontane dall'avvenenza e interpreti maschili disarmanti, colui che ne esce meno peggio risulta il solitamente agghiacciante Gianni Dei (il che dice tutto). Un po' di involontario divertimento quando si accosta il sacro al profano, ma quando gli attori guardano in macchina e si rivolgono allo spettatore le braccia inevitabilmente cascano.

Pedestre e insalvabile commedia zozzona in cui tutto ruota attorno alle avventure di alcune collegiali che vanno nella villa della zia. Siamo al grado zero, con una serie di scenette erotiche molto spinte (non a caso esiste anche una versione con insert) collegate da qualche siparietto pseudocomico non divertente (i tentativi di sfondamento della quarta parete sono davvero goffi e non riusciti). Gianni Dei almeno ispira simpatia. Incredibilmente c'è anche Umberto Raho, per qualche strano motivo finito in questa scalcinata produzione.

Un erotico collegiale-clericale tra i peggiori il cui titolo si ispira alle commedie incestuose, con le quali non ha niente da spartire né come tematiche né come qualità. Tra dialoghi ridicoli da porno "mancato" e feticismo della tonaca risaltano le poche note intonate della cacofonia: qualche motivetto musicale gradevole, la storia d'amore sensuale tra Gianni Dei e la fanciulla marocchina e il messaggio che l'altruismo è indispensabile anche nell'eros, soprattutto per i maschietti egocentrici e "sbrigativi" negli amorosi congressi.

Erotico con qualche momento da commedia e un po' di morbosità d'accatto tipica di quegli anni (il feticismo per la tonaca e la voracità sessuale di tutte le protagoniste), con un cast che vede qualche habitué del genere e un Raho ai minimi storici. Le scene di sesso - almeno nella versione soft - sono piuttosto anonime e pudiche e si può sorvolare sui goffi tentativi di coinvolgere lo spettatore; ci si annoia profusamente e a parte le discrete location e le musiche c'è poco o nulla di salvabile, nonostante una regia quantomeno corretta e una confezione nella (povera) media.

Il livello qualitativo di riprese, montaggio, dialoghi, sceneggiatura pare quasi quello di un film a luci rosse. Uscito nel 1979 ma, a giudicare dai look, sembra girato qualche anno prima (purtroppo non si riesce a decifrare il bollo sull’Alfetta). È il classico esempio di sveltina filmica per monetizzare l'onda del genere sexy, sfruttando orde di ragazze che volevano dimostrare quanto efficacemente erano state liberate dalla rivoluzione sessuale. Precocemente imbolsita la Konopka, molto graziosa la Well, così come la Green; ma non bastano.