Un film importante per vari motivi: il primo è quello di essere uno dei primissimi in cui si parla di campi di concentramento all'interno della Germania in cui vengono rinchiusi oppositori politici ed ebrei.
L'austriaco Zinnerman, che si era stabilito definitivamente negli USA in quanto di origini ebraiche, trovò un buon soggetto nel romanzo pubblicato due anni prima di una scrittrice tedesca comunista che si era rifugiata in Messico, anche se dovette apportare modifiche per non incorrere in censure: nel romanzo di
Anna Seghers il protagonista George appartiene al partito comunista mentre nel film diventa un generico oppositore politico ed inoltre viene dato uno spazio maggiore alle sue vicende sentimentali.
La voce off che racconta la storia di George è quella di un morto: infatti, a parte le primissime sequenze, appartiene al primo fuggiasco ad essere catturato durante la stessa notte dell fuga, torturato ed infine legato agonizzante alla prima delle sette croci erette all'interno del campo, dove morirà poche ore dopo. E' la sua voce che incoraggia George a non perdere la fiducia nei suoi simili, per quanto dure possono essere le sue esperienze: un intento "didattico" che talvolta appesantisce la narrazione ma la carica anche di un'umanità commovente.
Tra l'altro, questo aspetto anticipa di qualche anno il più famoso "morto che parla" della storia del cinema: il mantenuto Joe Gillis ne Il
Viale del tramonto.
Hume Cronyn ottenne per questo film la candidatura agli Oscar come migliore attore non protagonista. Il ruolo di sua moglie è interpretato da Jessica Tandy, con la quale era sposato anche nella vita reale.
Ultima modifica: 26/07/20 14:37 da
Daniela