Giallo dal titolo argentiano ma più vicino agli orgasmo-paranoia di Lenzi, non convince fino in fondo ma alla fine non mi è dispiaciuto. L'intrigo nel suo insieme è abbastanza interessante, peccato averlo visionato in una versione con alcuni dialoghi in spagnolo e con audio molto basso.
Miserrimo. Del 1973, ma girato prima, come palesa la gioventù di Hilton. Si parla di “cloralio”, come nei vecchi libri della Christie! Ci sono personaggi che entrano ed escono così, senza motivo, ed altri che dovrebbero entrare ma non arrivano mai: ciò non è originale, bensì sciatto. La Tiller e la Marandi si sforzano, forse ci credono, ma tutt’intorno è mal recitato, mal girato, indifendibile. In un titolo di giornale si legge “QUAL’È” con l'apostrofo in mezzo. Unica cosa notevole è l'incredibile apparizione di Vivi Gioi, diva del Ventennio!
Un'attrice sul viale del tramonto simula un furto per intascare il rimborso dell'assicurazione. Per la "messa in scena" si fa aiutare da un complice che, puntualmente, elimina appena raggiunto lo scopo. Mediocre giallo che ha ben poche freccie al suo arco, e queste sono garantite, sostanzialmente, dalle inusitate locations dell'entroterra toscano. Hilton è bravino ma la regia, invece, statica, piatta e al servizio di una sceneggiatura priva di colpi di scena e/o sviluppi narrativi intriganti...
Indubbiamente non è un granché, ma se c'è un elemento che ho sempre apprezzato nei cosiddetti B-movies è la suprema immediatezza degli argomenti e lo svolgersi del film senza tanto starci a pensare sopra. La sorpresa finale è molto buona, anzi notevole. Certo che non è assolutamente un thriller, bensì un ibrido fra commedia e giallo. Nel complesso gli attori si lasciano apprezzare e anche la colonna sonora non è malaccio. Bellissima attrice la Marandi.
MEMORABILE: Ovviamente il racconto in flash back con le immagini rosa tenue.
Tardo emulo dei gialli complottisti lenziani di fine anni Sessanta, è penalizzato da una messa in scena di avvilente piattezza e povertà, priva di ogni accenno di suspense e con minima concessione all’erotismo – tolto un bel nudo della Marandi mentre si alza dal letto – che dovrebbero costituire la ragion d’essere di questo genere di pellicole. All’impietoso setaccio resistono il fascino vintage (la mise colorata degli attori, i quadri optical alle pareti, le musiche di Ortolani) e la calda, rigenerante luminosità della location toscana.
Nella sua semplicità si fa vedere. Nadja Tiller riesce a reggere da sola il film (discreto Hilton), curioso Garrone detective. Non tutto funziona e il titolo è sicuramente minore, eppure un minimo di interesse lo suscita e non è poco. Se non vi aspettate molto e se amate il genere può essere una visione piacevole.
MEMORABILE: Il flashback finale con i colori virati; Nadja nel finale davanti allo specchio.
Thriller italiano di scarso peso specifico e di poca tensione nonostante un colpo di scena finale non certo imprevedibile ma nemmeno da buttare via. La storia scorre via senza scossoni fino all'epilogo che rappresenta, forse, il meglio della pellicola. Per il resto nulla da segnalare. Regia anonima; attori così così. Brutto
e "consigliato" cautamente solo agli amanti del genere ed ai completisti.
Una cantante oramai lontana dalle scene è indebitata fino al collo ma sembra non rinunciare ai suoi lussi e vizi, divisa fra gioielli, amanti e champagne. Giallo simil-lenziano che però manca del ritmo necessario per una sufficiente fruizione, rimanendo fermo nelle scene e finendo con il trasformarsi in una specie di fotoromanzo filmato. Sullo stesso livello i dialoghi fra i vari interpreti.
MEMORABILE: La splendida collana di smeraldi di... Smeralda.
Gialletto senz'arte né parte, misero, privo di tensione (basti guardare alla fuga in moto del protagonista: roba da sganasciarsi dagli sbadigli) e, alla lunga distanza, assolutamente spossante. Cercare appigli per salvare qualche parte d'esso equivale a scalare una parete di sesto grado liscia per una saponata. I più sono avvertiti. Si salvicchia Garrone.
Probabilmente girato prima del 1973, è un giallo di matrice lenziana ambientato in Toscana e che ruota attorno al clamoroso furto di gioielli ai danni di una ex cantante in bolletta. Regia e sceneggiatura non particolarmente brillanti, ma il finale non è così scontato, e il variegato cast è di un certo livello: brava la Tiller protagonista, Garrone commissario funziona, bella la Marandi, Madison, Feliciani e la diva del Ventennio Vivi Gioi danno lustro. Nel genere si è visto di molto meglio, ma gli appassionati possono comunque concedergli una chance.
Mario Sequi HA DIRETTO ANCHE...
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"Questo film dovevo farlo con Robert Taylor, che adoravo come attore, ma è morto nel frattempo, e allora hanno preso Guy Madison, e c'era anche un'attrice tedesca, Nadja Tiller.
Lo girammo a Tirrenia e mi ricordo che in quel periodo erano venuti i miei genitori dall'Uruguay e mentre io finivo il film, li ho lasciati per un pò a Firenze."
Nella sua rece B.Legnani osserva che: "In un titolo di giornale si legge “QUAL’È” con l'apostrofo in mezzo". Sapendo che egli è profondo conoscitore della lingua italiana, ben più del sotoscritto, mi stupisco (della mia ignoranza più che altro, anch'io l'avrei scritto così) ma decido di approfondire l'argomento. Accludo un link dove si parla della questione. L'ho trovato molto interessante.
http://www.mauriziopistone.it/testi/discussioni/gramm01_qual.html
Caesars ebbe a dire: Nella sua rece B.Legnani osserva che: "In un titolo di giornale si legge “QUAL’È” con l'apostrofo in mezzo". Sapendo che egli è profondo conoscitore della lingua italiana, ben più del sotoscritto, mi stupisco (della mia ignoranza più che altro, anch'io l'avrei scritto così) ma decido di approfondire l'argomento. Accludo un link dove si parla della questione. L'ho trovato molto interessante.
http://www.mauriziopistone.it/testi/discussioni/gramm01_qual.html
Interessante. Spiegazioni molto complete e divertenti si trovano nel sito della Crusca. Venendo al punto, è certo ch l'[ab]uso della lezione "qual'è" stia progressivamente portandola alla tolleranza. Ciò non toglie, però, che essa sia forma resa accettata dall'[ab]uso, non corretta di per sè.
Ti faccio notare che si scrive po' e non pò. Ma sui quotidiani si accetta pò: fanno eccezione il Corriere, la Repubblica e pochi altri. Un motivo ci sarà.
Dici bene: "una forma accettata dall'(ab)uso non è corretta di per sè". D'ora in poi mi guarderò bene dallo scrivere "qual'è", del fatto che si possa scrivere "pò" non ne voglio neanche sentir parlare. Di questo passo la nostra povera lingua dove andrà a finire?
Caesars ebbe a dire: 1) del fatto che si possa scrivere "pò" non ne voglio neanche sentir parlare.
2) Di questo passo la nostra povera lingua dove andrà a finire?
1) Eppure è cosa inarrestabile. Il T9 la dà come forma regolare,
2) La lingua ha degli utenti, non dei servi(Montanelli). Talvolta può dispiacere... ma è giusto così (qualcuno, cosa orribile, scriverebbe cosi').
Nadja Tiller. Valeria Valeri
George Hilton. Romano Malaspina.
Evi Marandi. Melina Martello
Guy Madison. Roberto Villa
Sign Farvini. Wanda Tettoni
Affittacamere. Benita Martini
Doppiaggio Internazionale
Con la partecipazione della CVD.