Happy end - Film (1967)

Ghigliottinato dopo aver assassinato moglie e il di lei amante, racconta la sua storia... ehm... dal "principio". Nel moto di incertezza e nel virgolettato c'è stavolta la quasi totale essenza del film di Lipský, la cui originalità sta in una narrazione letteralmente alla rovescia. Grazie a un prodigioso lavoro di montaggio, questa bizzarra e ironica dark comedy sull'amore si rivela come omaggio talora pirotecnico, a tratti ripetitivo, allo slapstick e al muto. Mensik, macellaio fedifrago e Benjamin Button antelitteram, è una perfetta faccia da schiaffi.

Impagabile commedia sperimentale dove Lipský dimostra, inesorabilmente, che mostrare un’esistenza come un nastro che si riavvolge ne produce un’altra, speculare, ma completamente differente: le teste risalgono il patibolo, l’effetto precede la causa, il futuro è un ricordo che sbiadisce. Un commento sbarazzino ci accompagna durante la visione, straniante e spassosa, cui si aggiungono accenti grotteschi (i discorsi al contrario) o deliziosamente macabri (la moglie "riattaccata").

L'idea di partenza, per quanto mutuata da Benjamin Button, è geniale: narrare letteralmente a ritroso, alla rovescia, la storia del protagonista. E così, partendo dalla sua decapitazione, parte l'effetto rewind che porterà lo spettatore a conoscere la storia di Bedrich. L'effetto è particolarmente riuscito e a tratti anche straniante poiché bisogna abituarsi anche al fatto che pure le battute sono al contrario: prima la risposta e poi la domanda. Il risultato è molto divertente e il film intrattiene fino in fondo. Ottimo il montaggio e buona la prova del cast. Da recuperare.