WESTERNALIA: L'ESTATE SELVAGGIA DELLO SPAGHETTI WESTERN
Al di là delle sparatorie un pò bambinesche e di alcune "teatralità" nei dialoghi e di qualche lentezza, il western firmato Giuseppe Vari e crudele e allucinato, con vaghi sentori da film horror e un massacro finale stile Sam Peckinpah dove, quasi tutti, ci lasceranno le penne
Quello che colpisce sono alcune intuizioni anomale e stranianti, che lo elevano dalla media del genere
C'è un villaggio spettrale, Danger City, battuto da un forte vento, abitato da sole donne abbruttite e impazzite, dove il crudele Ramon (un Dan Vadis di "rodrigueziana" efficacia) ha rapito tutti gli uomini, portandoli nel suo rifugio e legandoli ad una staccionata come salamelle.
C'è una scena in campo lungo (che e un gran pezzo di cinema della crudeltà), dove Ramon e i suoi sgherri (su una collina, prima del grande deguejo), mandano avanti gli uomini tenuti prigionieri, che barcollano come i morti viventi romeriani, appena le mogli li vedono, si gettano tra le loro braccia, Ramon dà il "via", ed è jeux de massacre...
Si sente la mano di Sergio Garrone alla sceneggiatura (che produce pure), con alcuni stilemmi da horror gotico e le donne che vengono armate e "arruolate" per far fronte alla furia di Ramon pronto a radere al suolo il paesello fantasma
Non avaro di crudeltà (uno degli uomini di Ramon si fà scudo-durante una sparatoria-di una madre con il suo bambino alla finestra), e anche le donne (come la messicana Rosa, l'ex donna di Ramon) verranno uccise senza pietà
Il gran finale anticipa qualcosa del
Mucchio Selvaggio e ha alcuni punti in comune con il
Cjamango dell'anno dopo (l'agente federale in incognito, il bambino con l'unico sopravvissuto al deguejo)
Ottimo anche l'apparato attoriale, da Riccardo Garrone (funzionale e con la faccia giusta), a Daniele Vargas, sino al granitico Giacomo Rossi Stuart (con mani ferite e fasciate alla
Django), ma su tutti svetta la bellissima Erika Blanc, inquieta e avidissima, glaciale e senza scrupoli.
Alcuni momenti francamente stonati (Stuart che scala una roccia) e la tonitruante musica di Alexandre Derevitsky, che passa da musichette stile commedia anni '50 (c'è pure un intro alla "Jingle Bells!"), a sonorità invasive e fastidiose, sino a accenni valzer, non inficiano più di tanto
Ci sono alcune trovate umoristiche da lasciare basiti (vedere le scritte sulle lapidi in legno a inizio film), ma l'originalità non manca e Vari riprende i volti delle donne superstiti (e qualche sequenza) come se fosse un melodramma neorealista, nonchè personaggi inusuali per il genere (il colonello fuori di testa, che si crede ancora in guerra e invoca il generale Lee)
Di culto il duello finale tra lo spietato Ramon e Rossi Stuart, nonchè l'agonia del primo...
Un western cupo, piuttosto spietato, che sarebbe piaciuto allo zio Sam.