Hou continua il suo viaggio tra le derive esistenziali, gli amori, le amicizie, i ricordi; aggiunge un altro tassello al suo percorso introspettivo dedito soprattutto a indagare nella psicologia dell’individuo nella società contemporenea. Rarefatto, minimale, elegante e misuratissimo, quasi anestetizzante come i ragazzi taiwanesi a detta del regista: anestetizzati e privi di qualsiasi desiderio. Flashback e flashforward accompagnati dalla voce narrante per raccontare un senso incolmabile di vuoto, di esistenze che scivolano in un baratro generazionale.
MEMORABILE: La sequenza iniziale; il viso di Qi Shu.
È un mambo lento, quello del nuovo millennio. Un mambo che più che ballato è fumato e bevuto, fino alla nausea. La fatuità (e in un certo senso l'inutilità) di ambienti dove ci si rifugia per sfuggire la realtà (quale realtà?), sentimenti antichi, tradizionali che stridono con uno stile di vita che vorrebbe essere emancipato e rivolto al futuro. Solo la fresca neve del Giappone regala un po' di sollievo, assieme alle frittelle della nonna che vuol campare cent'anni. Maschere ricalcate sulla neve che scompaiono in breve tempo. Esercizio di stile.
Il mambo del nuovo millennio è una danza ipnotizzante e anodina: pulsa i beat di sonorità techno, rarefazioni chill-out colte da distorsioni psicotrope, scivola sulle superfici levigate, fluttua negli aloni al neon dei piano bar. Hou Hsiao-hsien scruta nel vuoto struggente della contemporaneità rispettandone la bellezza ineffabile che addossa nell'esteriorità muta lo smarrimento identitario e generazionale; scompone, smaterializza il flusso del tempo in un'apnea che è anamnesi senza redenzione. Shu Qi, bellissima, è donna-angelo, conduttrice, proiezione ideale del desiderio. Sospeso.
Antonioni rivisto da Wong Kar-Wai: è il mood techno-esistenziale di questo film, che dall’ipotetico 2011 ricorda senza rabbia il 2001 e l’amore confittuale tra una dolcissima lei e un lui poco di buono. Sono solo piani sequenza, stesi sull’ordinarietà di vite quotidiane e di sentimenti malriposti, con un costante tappeto musicale house: la cinepresa osserva freddamente i teatrini stanchi di una relazione di coppia, per frammenti, rimescolati e ricostruiti nel ricordo con dolciastra e ambigua nostalgia. Stiloso, ipnotico, lontano.
A Taipei, Hao-Hao e Vicky vivono alla giornata, fra locali notturni, alcool e canne. Il loro non è un rapporto facile, per l'inclinazione alle droghe e la gelosia ossessiva di lui, ma sembrano non poter vivere lontani... Commedia generazionale con una Qi Shu-Beatrice, bellissima e sfuggente, che ci fa da guida in un Paradiso artificiale scandito dalla musica tecno, illuminato dalle luci al neon, reso evanescente dal fumo, mentre la purezza astratta della neve fa intravedere (forse) la possibilità di un futuro migliore. Stilosissimo.
MEMORABILE: La lunga sequenza di apertura, con Vicky che cammina facendo ondeggiare i lunghi capelli neri; le maschere nella neve
La relazione turbolenta di una giovane coppia viene presa come a esempio di una generazione allo sbando. Approccio indiretto con voce narrante che soavemente descrive le situazioni tra brevi violenze, musiche disco e grandi bevute. È la mostra del nichilismo che non porta a niente, autodistruttivo con l'ombra della tradizione sullo sfondo. A tratti rarefatto, con piani sequenza leggeri come la neve che candidamente sotterra tutto questo vivere disordinato.
MEMORABILE: L'inizio; Qi Shu nello spettacolo di spogliarello.
Vicky sgomita per fuggire da una relazione tossica, sebbene il futuro da soli non sia più promettente. In questo impasse, la ragazza si ritrova ospite degli spazi angusti di una manciata di locali taiwanesi, avvolti da colori acidi, fumo e gente non sempre raccomandabile. C'è tanto stile - in ricordo di Kar-Wai - e buona sostanza, che talvolta si perde nei labirinti di sentimenti indecifrabili e nei rivoli di azioni un po' sconnesse, o forse solo ridondanti. Il punto sembra non arrivare mai, ma la strada per arrivarci è di sicuro gusto.
Film che tratta principalmente il tema giovanile in una Taiwan underground e fumosa. Il regista ricerca quasi esclusivamente luoghi interni e notturni dove i volti dei protagonisti sono ripresi con un lento ma costante movimento ipnotico. Si vive un disagio sociale in cerca di risposte rassicuranti come, forse, solo un finale candido e innocente di un paesino del lontano Giappone potrebbe dare.
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Originariamente la pellicola aveva una durata di 119 minuti. Dopo la proiezione al festival di Cannes il regista taiwanese Hou Hsiao-hsien ha deciso di ridurla di circa 15 minuti. Pertanto, la versione circolata nelle sale e reperibile in dvd di circa 105 minuti (con le dovute rettifiche nel passaggio da NTSC a PAL e dalla proiezione cinematografica all'home video – il dvd nostrano ne dura 102 ca.) è da intendersi come un final cut del regista e non come una versione rimaneggiata a posteriori da terzi o censurata.
Infatti Didda, anche della mia, e l'ho rivisto da poco: Mereghetti parla erroneamente di tagli nella versione cinematografica, ma non è un'informazione del tutto corretta ;)
Grazie Mickes! Per me è la seconda visione: la prima mi aveva lasciato perplesso, non ne avevo colto il senso profondo, ma Three Times mi ha aiutato non poco ad entrare nella poetica di Hou, e di questo sono io a ringraziarti ;)
grazie Rebis :)
a costo di essere ossessivo/pedante, segnalo altri due titoli di Hsiao-hsien che mi hanno profondamente colpito, Città dolente e A time to live, a time to die. da vedere prima o poi ;)
DiscussioneDaniela • 17/02/14 10:06 Gran Burattinaio - 5946 interventi
Per Mickes2:
mi sono (felicemente) mambizzata, ora vorrei vedere anche gli altri film che citi, non conoscevo questo regista: mi intriga soprattutto Città dolente, con Tony Leung che è uno dei miei attori preferiti.
Nel fine settimana mi sono fatta un trittico asiatico: i sud-coreani Secret Sunshine (che ho visto avevi già commentato ed apprezzato) e Breathless (con sottotitoli in francese perché mi ero stufata di fare la posta a quelli in italiano), infine questo Millennium Mambo che, rispetto all'assoluta drammaticità dei primi due (veri pugni nello stomaco), è risultato una visione rilassante, oltre ad essere visivamente fascinoso.
contentissimo del tuo apprezzamento Daniela :)
per continuare con Hou, farei la doppietta Goodbye south, goodbye e Three times. poi Città dolente che è opera ostica ma che sa ripagare moltissimo, fra l'altro Tony Leung recita sono con lo sguardo (prova intensa la sua) per ovviare al problema della lingua :)
DiscussioneDaniela • 17/02/14 11:07 Gran Burattinaio - 5946 interventi