La grande estasi di Robert Carmichael - Film (2005)

La grande estasi di Robert Carmichael

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TITOLO INSERITO IL GIORNO 12/10/12 DAL BENEMERITO BUIOMEGA71
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Buiomega71 12/10/12 00:29 - 2912 commenti

I gusti di Buiomega71

Giovani disadatti di famiglie bene che si calano di tutte le droghe possibili, sullo sfondo grigio e squallido di un paesino della contea di Essex. Thomas Clay si rifà al realismo e all'emarginazione di un Ken Loach e certi silenzi impietosi rimandano al cinema di Bruno Dumont. Poi arriva il feroce finale, di una violenza devastante, brutale, insostenibile e agghiacciante da far sembrare Michael Haneke un dilettante. Film duro, durissimo che picchia sotto la cintola e fa un male cane. Clay non solo ha talento da vendere, ma non ha paura di nulla. Spietato.
MEMORABILE: Tutta la parte finale nella villa dello chef e di sua moglie, tra stupri insostenibili e feroci, umiliazioni corporee e un'esplosione di totale follia sanguinaria.

Gestarsh99 15/10/12 17:19 - 1395 commenti

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Il classico film che scinde a metà il pubblico, uno sguardo distaccato ma non troppo sulle macerie mostruose della gioventù inglese, oltre orizzonti ingloriosi in cui noia, disadattamento e carenza di prospettive decadono irrazionalmente nell'abuso di istinti inibiti e potenzialità frustrate. Il linguaggio autoriale è silentemente "austriaco" e si appoggia a geometrismi di ripresa cartesiani, brutalità eruttive on-and-off screen e sonorità di barrente stridore sinestetico, aperti a spifferi rapaci di humour british in picchiata sulla collottola (il cuoco tv che parodia Chef Ramsay; l'uomo del cane con la mano fasciata).
MEMORABILE: Il fuori scena del triplo stupro in casa del pusher, col tappeto "tumulante" della musica techno-hardcore; I tre ragazzastri che s'incamminano verso l'orizzonte.

Didda23 16/10/12 10:31 - 2426 commenti

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Se da un lato la freddezza dell'opera esprime un certo realismo cupo e disturbante, declinando in modo interessante il disagio giovanile soprattutto nelle periferie dall'altro risulta essere emotivamente poco appagante poichè non si crea nè ammirazione nè repulsione. Riuscita la scena dello stupro fuori campo, peccato per il finale stilisticamente poco intrigante: in effetti Clay si limita a inquadrare la scena a mò di filmino amatoriale casareccio. Vista la dose di insana violenza mi aspettavo una forma all'altezza del contenuto.

Fauno 11/10/13 10:02 - 2212 commenti

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L'assenza quasi totale di primi piani e la debita distanza delle inquadrature lasciano presagire un taglio sinistro del regista all'opera che va a compiere... Un paesino costiero economicamente depresso, ove le droghe sintetiche sono come il pane e, se la cultura non manca, in Robert costituisce un'arma insidiosa quando si mischia alle suddette droghe e a una crisi esistenziale mai neanche affrontata. L'allarme dato è forte, nulla è casuale o funge da sostegno per alcunché e anzi, il cambio immagine nella scena finale è semplicemente da urlo...

Mickes2 27/01/14 20:33 - 1670 commenti

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Ulteriore ricognizione algida e silente di una quotidianità desolata e annichilita, in cui il talento è calpestato dalla noia la quale consuma una gioventù bruciata dalla droga, impietoso elemento ricorrente per sopperire all'incessante e granitica routine. L'istinto animalesco per sentirsi vivi, almeno un po', diversivo obbligato, vertigine comportamentale in cui Clay, sinuosamente hanekiano, non sa affondare con l'introspezione ma fornisce solo un resoconto pedissequo, comunque disarmante, di una giovinezza sul fondo del baratro e oltre.

Rebis 28/02/14 19:28 - 2339 commenti

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La livida provincia di Newhaven svezza pargoli forieri di atrocità e violenza. Geometrica sintomatologia del vuoto che affastellando grossolanamente cause di forza maggiore (la guerra in Iraq, blando spunto polemico; Herzog, citato pretestuosamente; il nazismo e il Mahabharata, sdoganati clamorosamente nel finale) deraglia il film dal determinismo ambientale, ammantandosi di un intellettualismo ambizioso e ingombrante. Se il ritratto del giovane protagonista è stringente, il pugno allo stomaco finale è indotto: un goffo tentativo di lasciare il segno, piuttosto che una disarmante presa d'atto.

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  • Discussione Buiomega71 • 11/11/12 22:32
    Consigliere - 26006 interventi
    Non per nulla, Schramm, Dumont è uno dei miei autori preferiti (credo che 29 Palms sia il film più intenso che abbia visto quest'anno)

    D'accordo sulla sensibilità personale (sacrosanta e intoccabile)

    Ma il finale di Carmichael lo trovato insostenibile per ferocia (non mi aspettavo una cosa del genere sinceramente)e misoginia

    Certo, La pianista (tiro fuori un titolo hanekiano a me molto caro) rimane insuperabile per disagio e alienazione umana, ma se si pensa che Clay non era ancora trentenne all'epoca del film, bhè, mi vengono i brividi

    Poi posso benissimo capire che il film non ti sia piaciuto (e sinceramente ne avevo il sospetto), ma per me resta una delle opere prime più devastanti in assoluto
    Ultima modifica: 11/11/12 22:34 da Buiomega71
  • Discussione Didda23 • 11/11/12 22:33
    Compilatore d’emergenza - 5797 interventi
    Per me ul problema è proprio il finale. Mi sembrava buttato lì solo per colpire a tutti i costi. La costruzione narrativa (ciò che critichi) non è così scandalosa. Però la vedo come te: in generale odio i film che vengono costruiti a tavolino solo per qualche scena violenta. Pure R,W & B di Rumley mi aveva alquanto indisposto!
  • Discussione Gestarsh99 • 11/11/12 22:42
    Vice capo scrivano - 21546 interventi
    Didda23 ebbe a dire:
    ... Pure R,W & B di Rumley mi aveva alquanto indisposto!


    O.T.

    Sarà che che sono un cassavetsiano doc ma a me quel film ha colpito un sacco, nonostante un evidente calcolo finale virato sul torture.
    L'ho trovato un film molto intimo e "vero" per la quasi totalità della durata.
    Poi lì c'era anche la nodosa prova recitativa di Noah Taylor, non dimentichiamocelo.
  • Discussione Raremirko • 11/11/12 23:24
    Call center Davinotti - 3862 interventi
    Letto tutto; mi pongo nel mezzo.

    Non boccio come Schramm (grazie per avermi chiamato), ma non mi esalto neanche come Buio.

    Un film interessante e fatto bene ma tutto, alla stregua di un The brown bunny, pare esser stato realizzato per infilare un finale scandaloso atto a far parlare.
  • Discussione Rebis • 27/02/14 10:42
    Compilatore d’emergenza - 4422 interventi
    Carissimo, sgomitando tra impegni, lavoro e film in cantiere, eccomi giunto al quarto appuntamento con il ciclo buiesco :)

    Non ti nascondo che è stata una grossa delusione… ma so che apprezzerai la mia franchezza.

    Mi è parso un film immaturo, irrisolto, ambizioso. Come sintomatologia del vuoto esistenziale avrebbe anche una sua forza pervasiva, data più che altro dallo stile geometrico, glaciale di Clay, alle soglie del documentario. Il determinismo ambientale, con il paesaggio che assume una valenza espressiva di primo piano rimane un elemento di suggestione (pur essendo una chiave interpretativa molto generica: non è certo il livore della provincia a produrre atti di estrema violenza - giungle e città ne sono piene…) ma funziona, almeno fino a quando Clay si limita a descrivere le azioni dei personaggi. Il problema è quando cerca di alzare il tiro e di individuare delle cause di forza maggiore, allora sbraca clamorosamente, incorre in strafalcioni e grossolanità: la guerra in Iraq - tutti i televisori del film non parlano d’altro: cosa starebbe a significare? Che mentre l’Inghilterra presta soccorso all’intervento americano contro la dittatura di Saddam Hussein coltiva in seno giovani mostri? Mi sembrano proprio due pesi e due misure, un modo piuttosto spicciolo di fare della polemica; Herzog evocato nel titolo - citazione pretestuosissima: l’estasi dell’intagliatore Stainer mentre si lancia nel vuoto non ha davvero nulla a che vedere con quella provata da Robert mentre brutalizza una donna… e anche qui due pesi e due misure accozzati; il Mahabharata sdoganato con solennità nel finale e strumentalizzato in funzione provocatoria – con l’effetto di una citazione da baci perugina che decontestualizza totalmente una frase nell’urgenza di addizionare significati (un po’ a caso, diciamolo…) per legittimare un finale atteso come la quaresima. Il film si ammanta di presunzione, di un fastidioso intellettualismo, perde in urgenza e spontaneità. Il carosello di droghe, abusi, tempi morti, fancazzismo, musica rave, è sociologicamente precotto, e il pugno allo stomaco finale ha tutta l’aria di un goffo tentativo di lasciare il segno piuttosto che di una sincera, perturbante presa d’atto.

    Ho apprezzato la definizione psicologica del protagonista, Robert Carmichael: il suo senso di frustrazione e impotenza, il bisogno di “iniziarsi” al branco, le mani che suonano il violoncello e poi si imbrattano di sangue quando compie una strage. Nel complesso è un ritratto efficace e ben delineato, giocato in sottrazione e per dettagli minimi: Clay avrebbe dovuto limitarsi a orbitare attorno a lui piuttosto che ambire ad uno spaccato sociale della contemporaneità.

    Il fatto che Clay citi a più riprese il cinema di Haneke per me dimostra solo il valore di quest’ultimo, la sua imprescindibilità, l’impatto cha ha avuto sulle nuove generazioni di cineasti e sul cinema della violenza in genere, ma non mi sembra né una soluzione originale né un segno di talento…

    Ecco Buio, l’ho detto. Spero che il mio parere conti solo come tale e che valga il confronto tra impressioni opposte, per me sempre stimolante.
    Ultima modifica: 27/02/14 20:59 da Rebis
  • Discussione Buiomega71 • 27/02/14 11:15
    Consigliere - 26006 interventi
    Rebis ebbe a dire:
    Carissimo, sgomitando tra impegni, lavoro e film in cantiere, eccomi giunto al quarto appuntamento con il ciclo buiesco :)

    Non ti nascondo che è stata una grossa delusione… ma so che apprezzerai la mia franchezza.

    Mi è parso un film immaturo, irrisolto, ambizioso. Come sintomatologia del vuoto esistenziale avrebbe anche una sua forza pervasiva, determinata più che altro dallo stile geometrico, glaciale di Clay, alle soglie del documentario. Il determinismo ambientale, con il paesaggio che assume una valenza espressiva di primo piano rimane un elemento di suggestione (pur essendo una chiave interpretativa molto generica: non è certo il livore della provincia a produrre atti di estrema violenza - giungle e città ne sono piene…) ma funziona, almeno fino a quando Clay si limita a descrivere le azioni dei personaggi. Il problema è quando cerca di alzare il tiro e di individuare delle cause di forza maggiore, allora sbraca clamorosamente, incorre in strafalcioni e grossolanità: la guerra in Iraq - tutti i televisori del film non parlano d’altro: cosa starebbe a significare? Che mentre l’Inghilterra presta soccorso all’intervento americano contro la dittatura di Saddam Hussein coltiva in seno giovani mostri? Mi sembrano proprio due pesi e due misure, un modo piuttosto spicciolo di fare della polemica; Herzog evocato nel titolo - citazione pretestuosissima: l’estasi dell’intagliatore Stainer mentre si lancia nel vuoto non ha davvero nulla a che vedere con quella provata da Robert mentre brutalizza una donna… e anche qui due pesi e due misure accozzati; il Mahabharata sdoganato con solennità nel finale e strumentalizzato in funzione provocatoria – con l’effetto di una citazione da baci perugina che decontestualizza totalmente una frase nell’urgenza di addizionare significati (un po’ a caso, diciamolo…) per legittimare un finale atteso come la quaresima. Il film si ammanta di presunzione, di un fastidioso intellettualismo, perde in urgenza e spontaneità. Il carosello di droghe, abusi, tempi morti, fancazzismo, musica rave, è sociologicamente precotto, e il pugno allo stomaco finale ha tutta l’aria di un goffo tentativo di lasciare il segno piuttosto che di una sincera, perturbante presa d’atto.

    Ho apprezzato la definizione psicologica del protagonista, Robert Carmichael: il suo senso di frustrazione e impotenza, il bisogno di “iniziarsi” al branco, le mani che suonano il violoncello e poi si imbrattano di sangue quando compie una strage. Nel complesso è un ritratto efficace e ben delineato, giocato in sottrazione e per dettagli minimi: Clay avrebbe dovuto limitarsi a orbitare attorno a lui piuttosto che ambire ad uno spaccato sociale della contemporaneità.

    Il fatto che Clay citi a più riprese il cinema di Haneke per me dimostra solo il valore di quest’ultimo, la sua imprescindibilità, l’impatto cha ha avuto sulle nuove generazioni di cineasti e sul cinema della violenza in genere, ma non mi sembra né una soluzione originale né un segno di talento…

    Ecco Buio, l’ho detto. Spero che il mio parere conti solo come tale e che valga il confronto tra impressioni opposte, per me sempre stimolante.


    Il solo fatto che tu mi abbia dedicato una rassegna, ti autorizza a scrivere quello che vuoi! :)

    Scherzi a parte, sempre interessante leggere le tue analisi approfondite e stimolanti

    Ovviamente non sono del tutto d'accordo. Quando scorrevano i titoli di coda, mi sentivo come travolto da un treno merci in corsa, film devastante e spietato come pochi, eppoi quel finale rimarrà indellebile nella mia mente (che fà il paio con quello di The Lost)

    Haneke sì, ma anche molto Dumont (i silenzi, la ferinità belluina delle Età Inquiete)

    Posso capire che magari ci si possano trovare dei difetti e delle ambizioni d'autore fastidiose (e comunque un opera prima), ma l'alienazione mentale del giovane Carmichael e ben resa e non poco disturbante (che sfocia quando il giovane si masturba sugli scritti sadiani)

    I continui rimandi massmediologici della guerra in Iraq, io gli ho interpretati come sintomo disturbante e alienante della furente e barbara violenza che sfocerà (un pò come i deliranti e efferati fatti di cronaca nera che gracchiava la radio in Non Aprite Quella Porta, per intenderci)

    Per me rimane un opera feroce e crudele come poche

    I tuoi pareri sono sempre interessantissimi e sempre ben accetti, anche se non condivisibili (come in questo caso)
    Ultima modifica: 27/02/14 17:44 da Buiomega71
  • Discussione Didda23 • 27/02/14 14:24
    Compilatore d’emergenza - 5797 interventi
    Rebis, siamo in due. Pure io ho visto il film per "colpa" di Buio. Anche se il film non mi era del tutto dispiaciuto, mi ricordo una "gran litigata" per colpa del confronto Haneke - Clay.
    Ideologicamente il film ha i suoi difetti, è probabilmente vero, ma ora sono più morbido e ti dico che ha ragione Buio quando dice che "nonostante tutto è un opera prima, e qualche scusante in più la può avere".

    Interessante davvero il tuo intervento, caro Rebis, su più parti concordo con te. Ma ciò che non mi aveva fatto gridare al gran film era una mancanza di forma filmica davvero originale ed incalzante.

    E' presuntuoso ed arrogante quanto vuoi, ma sono peccati di gioventù...
    Peccato che sia praticamente sparito nel nulla.
  • Discussione Rebis • 27/02/14 19:12
    Compilatore d’emergenza - 4422 interventi
    Beh, sì, in effetti io gli ho un po' fatto le pulci... però, sai, ci sono esordi ed esordi, e di solito il loro valore sta nella capacità di far emergere una cifra stilistica o uno sguardo originale sul mondo... ecco non direi che Clay mi abbia convinto in nessuno di questi due versanti; gli è andato storto qualcosa, si è fatto prendere dall'ansia di giustificare culturalmente le azioni dei personaggi... ma non ci si accontenta di approssimazioni quando il realismo e la violenza ambiscono a certi livelli. Sarei curioso comunque di vedere un suo secondo film, proprio per sapere dove è andato a parare...
    Ultima modifica: 27/02/14 21:03 da Rebis
  • Discussione Didda23 • 27/02/14 19:55
    Compilatore d’emergenza - 5797 interventi
    Sulla copertina del DVD ( inedito in italia) definiscono l'opera lynchiana. Non so se, con questa informazione, ti ho fatto venire voglia di recuperarlo...
  • Discussione Rebis • 27/02/14 20:50
    Compilatore d’emergenza - 4422 interventi
    Ah ah aha... Boh? Facciamo che lo vedrò, ma non gli darò la caccia :)