Il vergine - Film (1967)

Un giovane garzone di parrucchiere ama le auto di lusso e vuole partecipare ad un rally. Farà di tutto per realizzare il suo scopo. Film divertente e trascinante sull’iniziazione all’età adulta che, a prescindere dai suoi sviluppi narrativi, interessa soprattutto per la grande libertà, tipica del regista, sia sul piano formale che su quello narrativo. Bravo come sempre Leaud. Assolutamente strepitosa la colonna sonora, molto jazzante, di Komeda. Una chicca semisconosciuta che merita di essere vista e rivista.

Inqualificabile titolo italiano che ammanta il film di una morale pecoreccia del tutto estranea all'intenzione originale, è in realtà una parabola spensierata e imprevedibile sulla perdita dell'identità adolescenziale (efficacemente resa dalla pellicola che incendia sul volto del protagonista) definita da Skolimowski con un andamento isterico e concitato, attraverso forme espressive direttamente - e affatto nascostamente - mutuate dalla Nouvelle Vague. Irresistibile Jean-Pierre Léaud, qui particolarmente in vena di scherzare. Favolose escursioni romantiche; eccellente il commento di Komeda.

Skolimowski cavalca l'onda nuova francese seguendo quasi alla lettera i dettami del sovvertimento cinematografico capitanato da Truffaut, Godard e sodali vari. E così l'approccio alla settima arte diventa informale, arioso, divertente e rivitalizzato, ça va sans dire, a partire dalla faccia da schiaffi di uno stralunato, irascibile, straordinario Léaud. Inutile cercare una storia nel senso più classico del termine, roba da parrucconi: il filo rosso della ricerca della Porsche permette più che altro di gettarsi, spinti dal jazz di Komeda, in un turbine di sensazioni e umanità varia.

Aiutante di un parrucchiere desidera partecipare a tutti i costi a una gara automobilistica. Skolimowski prende ispirazione dalla Nouvelle Vague e aggiunge un clima di spensieratezza che sfocia, in brevi momenti, nel comico. La regia è dinamica e si permette una libertà espressiva giocando sui tempi e gli stacchi temporali. Le musiche jazz di accompagnamento contribuiscono a rendere il clima giocoso e senza regole. Léaud sembra divertirsi in più occasioni.

Briosa pellicola diretta da Skolimowski. Con stile tipicamente "nouvelle vague", il regista ci racconta le (dis)avventure di un giovane parrucchiere fermamente convinto a partecipare a una gara automobilistica; ha un unico problema: non ha una macchina. Il susseguirsi delle immagini e dei dialoghi è assai vivace e "nervoso", ed è proprio questa la caratteristica che rende più interessante una pellicola che altrimenti avrebbe potuto rischiare di risultare abbastanza scontata. Buona la prova di Leaud, sempre a suo agio con personaggi tormentati, così come quella della Duport.

Il ragazzo è infantile nei desideri (la Porsche per partecipare a una gara), nelle relazioni pseudo-sentimentali e nelle reazioni vocianti. Le parti migliori sono quelle anarchiche jazzate (musica coprotagonista): puro astrattismo narrativo. Le peggiori sono quelle (de)costruite per épater les bourgeois, inutilmente "scandalose". In mezzo le venature da assurdo-grottesco polacco che giocano con la nouvelle vague. Gli ultimi 10 minuti danno senso e spessore a quello che fino ad allora pare un divertissement sperimentale del giovane regista.