Discussioni su Verne Miller-Chicago anni '30 - Film (1987)

  • TITOLO INSERITO IL GIORNO 30/10/21 DAL BENEMERITO BUIOMEGA71
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    Buiomega71

DISCUSSIONE GENERALE

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  • Buiomega71 • 30/10/21 10:44
    Consigliere - 26073 interventi
    Gangster movie sui generis, dove più che il pressapochismo della vicenda criminosa e delle ridicole sparatorie (che sembrano coreografate da un ragazzino di tredici anni. A tal proposito vedere come è risolto il massacro di Kansans City, che sembra più una pantomima da film muto che un vero e proprio agguato, e non ultimo le espressioni idiote e ridicole dei colpiti a morte), nonchè di un montaggio balordo, incuriosisce per come Rod Hewitt permea questo suo sgangherato e bizzarro crime movie.

    Non essendo nè John Milius, nè Arthur Penn, nè Robert Aldrich, nè Martin Scorsese, nè Roger Corman e , ovviamente, nemmeno Brian De Palma, e non potendo contare su un budget come si deve (la ricostruzione storica degli anni 30, seppur volenterosa, lascia a desiderare, dove Hewitt ci infila dentro pure i cinegiornali dell'epoca, sul crimine perpetuato dai gangster che invade gli Stati Uniti), il giovane regista corre ai ripari, e proietta la storia del gangster Verne Miller (Scott Glenn recita con il pilota automatico, tanto da  sembrare un rigido automa, che ne aumenta l'alienazione) in un contesto quasi surreale e onirico.

    In primis la suggestiva fotografia di Misha Suslov che dona inaspettati contorni cromatici degni di un tableaux vivants (Miller tra i campi con i colori dell'autunno, dai vaghi sentori vangoghiani), poi le balzanerie dell'insieme, che fanno a pugni con l'ascesa criminale di Miller, dando a questo particolare b-movie un aurea peculiare che lo discosta dai soliti Dillinger & co.

    Tutte le donne che incontrano Miller (il parterre femminile è da sturbo, anche se, curiosamente, Hewitt non fa mostrare alle sue attricette manco una tetta di striscio) cadono ai suoi piedi vogliose (la bionda che si fa palpeggiare il seno, la moglie del beccamorto che lo provoca a tavola infilandosi il dito in bocca, la figlia-la Laura Harringhton del Brivido kinghiano-e la moglie del giudice che smaniano in fregola un uomo, fumando oppio da un narghilè, l'infermiera Bobby, la femme fatale di turno, la fidanzatina che molla su due piedi il moroso imbecille all'entrara di un lussuoso albergo, per andare a letto con Miller) manco fosse Gabriel Pontello.

    L'Al Capone di Thomas G. Waites è talmente sopra le righe da sconfinare nel delirio del teatro dell'assurdo (così come suo fratello, tutto smorfie e sguardi minacciosi, il grandissimo Ed O'Ross) che in uno dei momenti cult del film si fà fare una pera da un'algida dark lady biondo platino.

    Miller che in un agguato si traveste da mimo e si mimetizza in una vetrina insieme ai manichini, che sembra una versione glaciale del Joker, per poi sfondare le finestre come se fosse Batman, per eliminare testimoni, gioca a golf con la pistola, spara ai piccioni e vive in una specie di harem dove le sue ragazze sembrano uscite da Histoire d'O (curioso come Miller usi le donne a mò di Vulnevie phibesiane).

    Un chè di pseudo browninghiano ( e scomposto lynchiano) nella bislacca puntatina al luna park , tra freak (la donna barbuta), mascheramenti simil Eyes wide shut, ragazzini ciechi, tiri al bersaglio, giostre e clown.

    E Hewitt rincara la dose delle stramberie con un bordello dove le prostitute sono in vetrina in pose da simil Vogue e si dilettano in una sottospecie di teatro kabuki, supevisionate dalla mastodontica mistress di colore e Al Capone che si diletta, sudando, a assistere allo spettacolo.

    Poi la sifilide che corrode Miller, la cecità che lo divora, l'auto data alle fiamme in campo lungo, i manichini rubati in vetrina, che danno un sentore di inquietudine e ricordano il finale di Puppet, feroci e spietate esecuzioni (il bambino rapito freddato), il trio criminale (Miller, Bobby l'infermiera e la vamp Vi-le due complici sempre più in odor di saffo-) in fuga alla Bonnie & Clyde, la chiusa senza speranza con un Miller devastato dalla malattia.

    Non si contano i buchi di sceneggiatura e le situazioni al limite della credibilità (Miller va a far visita alla famiglia di una agente dell'FBI che le da la caccia come se andasse a trovare sua sorella), ma sembra quasi che a Hewitt importi fino a mezzogiorno di essere attinente con la realtà, perchè il suo è un crime scollegato, balordo, bislacco, puro b-movie che sembra uscito dalla scuderia del Roger Corman degli anni 70 un pò misto alle derive flou di un Just Jaeckin, e che calca sugli aspetti deliranti e anacronistici (Miller visto come una specie di supererore irresistibile agli occhi femminili), quà e là strizzando pure l'occhio al Padrino coppoliano (il Frank Nash-detto "il pelato"-che nasconde la calvizia con un terribile parrucchino-di Sonny Carl David è una palese brutta copia del Tom Hagen di Robert Duvall).

    Dal canto suo sorprendente, per come scardina gli aspetti convenzionali e le regole di certo tipo di cinema con il nemico pubblico numero uno e sventagliate di mitra.

    Infine un'aspra atmosfera autunnale, quasi fulciana, amplifica ancor di più lo straniamento di questo stravagante "gangster movie".

    Uccisioni, riunioni gangsteristiche, pezzi di ragazze sempre disponibili, sicari e boss mafiosi da operetta, sottane, l'impassibilità di Scott Glenn qualsiasi cosa faccia, fughe, circhi e Capone che passeggia nelle fogne di Chicago. E , valore aggiunto, il ghigno ebete da psicopatico di Andrew Robinson post Scorpio da aggiungere allo strambo calderone di questa sottospecie di Dillinger andato un pò in acido.

    A suo modo, quasi, un culto non colto (con riserve).
    Ultima modifica: 30/10/21 17:24 da Buiomega71