Discussioni su Lipstick camera - Visioni intime - Film (1994)

  • TITOLO INSERITO IL GIORNO 1/04/20 DAL BENEMERITO BUIOMEGA71
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    Buiomega71

DISCUSSIONE GENERALE

1 post
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  • Buiomega71 • 1/04/20 10:42
    Consigliere - 26145 interventi
    Spacciato per un erotico da bancarella (visto la cover della vhs) o per una specie di Sesso, bugie e videotape in salsa noir, in realtà è un atipico e inusuale thriller che mischia teen movie, concetto della visione (grande presenza di tele e micro camere, videocassete, videoregistratori e riprese POV ante litteram), seduzioni pericolose, sadici comunisti dell'ex Germania dell'est (Terry O' Quinn che in pratica rifà il Jerry Burke del Patrigno), derive nerd (nel personaggio di Corey Feldman smanettone del computer e di sale di montaggio "amatoriali" e che indossa la maglietta del Flash Gordon hodgesiano) e un pizzico di sensualità nella figura statuaria della Bergman (che gira filmetti porno amatoriali compromettenti).

    Quà e là un pò di noia e la trama risulta non poco farraginosa, ma Bonifer tenta di realizzare qualcosa di "particolare", che alza il film al di sopra della media dei soliti thriller straight to video, tessendo una tela di complotti che avvolgono pian piano l'ingenua protagonista (una Ele Keats tra l'insopportabile invadenza e un'acerba sensualità, il suo passaggio da "brutto anatraccolo" al truccarsi allo specchio, con il primo piano delle labbre passate con il rossetto, mutazione di prorompente femminilità davvero notevole), che si barcabena in cotte pericolose, voyeurismo e in situazioni molto più grandi di lei.

    Sotto certi aspetti curioso, sotto altri ci si domanda dove Bonifer voglia andare a parare.

    Ma la tensione comincia a fare capolino con l'intrusione notturna nell'inquietante dimora di O'Quinn, dove iniziano a fioccare i cadaveri (occultati nello scantinato), fino al vero contenuto delle videocassette, twist a suo modo sorprendente e agghiacciante, dove, come recitava una famosa frase di lancio di un capolavoro depalmiano NON PUOI CREDERE A TUTTO CIò CHE VEDI.

    Perchè quello che si credeva il lato più rassicurante, nasconde filmati terrificanti, la morte in diretta, pregni di misoginia e furia omicida (le riprese casalinghe iniziali con la moglie-la Lewis di piratesca polanskiana memoria- portano volutamente fuori strada, fino a che non si VEDE tutto il girato) dove si sconfina nel più puro psychothriller, con tanto di compiaciuta e tormentosa revisione dei crimini (omaggio non poco velato all'Occhio che uccide), la videoconfessione e l'arrivo della polizia.

    E poco importa se Wimmer e la Bergman lo fanno senza togliersi l'intimo di dosso, se alcune schermagliette teenageriali tra la Keats e Feldman fanno storcere il naso, o se lo script sfocia in alcune assurdità, quello che conta è l'originalità con cui Bonifer ha messo in piedi il suo thriller e , soprattutto, nella dirittura d'arrivo a suo modo crudele e sorprendente, con quei video "proibiti" che nascondono pulsioni omicidi, dal vago sentore acre di "snuff".

    Tipicamente novantiano nell'uso e consumo della tecnologia, impreziosito da presenze cult (O'Quinn che fà O'Quinn in modalità psicopatica, la Bergman valchiria del sesso, e Feldman sfigatone che si balocca, come nel quarto Venerdì 13 con giochi al computer) e non esente da momenti di genuina suspence (l'incursione notturna casalinga).

    Andare oltre le apparenze di quello che è spacciato, truffaldinamente, per un erotico voyeuristico da discount, può rivelarsi (senza strapparsi i capelli) un piccolo thriller peculiare e nemmeno girato malaccio (pur con i suoi difetti), che, suo modo, ribadisce il concetto della "visione", o semplicemente la tematica su quello che l'occhio non vede.
    Ultima modifica: 1/04/20 13:45 da Buiomega71