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Discussioni su La ragazza del treno - Film (2016)

DISCUSSIONE GENERALE

1 post
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  • Buiomega71 • 13/10/24 10:24
    Consigliere - 27418 interventi
    Thriller classico che più classico non si può (per questo godibile e piuttosto teso, dove più la storia intricata-all'apparenza-entra nel vivo, più avvince e non mostra cedimenti) , dove all'inizio si fa fatica a comprendere l'entrata improvvisa dei personaggi (due coppie scoppiate, un'alcolizzata guardona che fantastica e idealizza le persone che vede quotidianamente dal finestrino del treno, passando regolarmente per un sobborgo residenziale fatto di villette alla Amityville), con troppi flashback che rendono-inizialmente-il racconto confusionario, ma che poi, se si segue con attenzione, tutti i tasselli del puzzle si incastrano perfettamente, mostrando il quadro completo della situazione, tra meschinità e una barriera di menzogne.

    Non era facile portare sullo schermo la complessità delle pagine del romanzo della Hawkins, e Tate Taylor (che non ha l'autorialità visionaria e viscerale di un Tom Ford o di un David Fincher) gestisce la storia con abilità e professionalità, senza virtuosismi o voli pindarici, ma restando nell'anonimato di una regia classica, quasi paratelevisiva, che resta al servizio della storia e degli attori (tutti in stato di grazia, soprattutto le tre donne con il loro carattere, le loro contraddizioni e le loro sfaccettature psicologiche) immergendo la fosca trama di voyeurismi depalmiani (e Taylor ha pure tempo di citare il sommo nella copula in doccia)

    Traumi che vengono dal passato, corna su corna, le apparenze che ingannano, i vuoti di memoria, l'alcolismo, le false verità, la misoginia, la ninfomania, le mancate maternità, sotto gli occhi di una New York fredda e abbagliata dalla decadenza autunnale che sta tra Altman e Glazer.

    Non scevro da crudeltà (le sassate in testa, le scarpate in faccia e il cadavere occultato tra il fogliame nel bosco, le violenze domestiche, il narcisismo patologico, il pestaggio nel sottopassaggio), da una sessualità "selvaggia" (presa da tergo tra gli alberi, la fellatio mimata succhiando le dita, il toccarsi lì, gli amplessi dettati dalla ninfomania di Megan-che ha il solo cattivo gusto di indossare stivaletti alla texana praticamente antisesso-), da attimi strazianti (l'annegamento della bimba nella vasca da bagno, Megan che corre , nuda e disperata, sotto la pioggia) e da un finale violento, di femminea rivalsa, con cavatappi piantati in gola e fatti rigirare.

    La versione delittuosa di American beauty (non per nulla dietro c'è la Dreamworks di Steven Spielberg), soap opera virata in nero, in un intrigo che scoperchia il lato marcio e incancrenito che si nasconde dietro le facciate placide delle villette e dei sereni (all'apparenza) nidi famigliari della middle class newyorkese , come insegnava David Lynch in Velluto blu appena al di là delle perfette staccionate bianche e dei giardini fioriti.

    Visti i tempi la chiusa frena in cinismo e cattiveria (ah, la solidarietà femminile), ma vale il motto della frase di lancio del capolavoro depalmiano: "Non puoi credere a tutto ciò che vedi".




    Ultima modifica: 13/10/24 12:12 da Buiomega71