Indiscutibilmente insolito e originale, almeno a queste latitudini, il film aveva sulla carta più di una buona idea per riuscire a fondere il clima surreale, fuori dal mondo, della famigerata Area 51 alle forme di una commedia d'impronta dichiaratamente favolistica, che non a caso sceglie il nome del bambino come protagonista del titolo. Tito (Esposito) e sua sorella (Riccio) arrivano da Napoli proprio lì nella 51, dove il loro zio, detto "il professore" (Mastandrea), lavora da anni a un progetto top-secret. Hanno appena perso il padre, che attraverso videomessaggi registrati prima di morire hs spiegato al fratello come accogliere i due ragazzini pregandolo di prendersene cura. Quelli arrivano credendo...Leggi tutto di trovare Las Vegas e la grande America vista in TV e immaginatevi la sorpresa quando si accorgono che dovranno invece vivere in una grossa casa "gonfiabile" piazzata in un deserto dove non si scorge un'anima per chilometri. A quel punto i dischi volanti che passano ripetutamente in zona non sono nemmeno la cosa più singolare. Spaesati, i due conoscono la "autista" dello zio (Poésy) e vengono a sapere che la zia è morta pure lei, lasciando un grande vuoto nel professore, ridotto quasi a larva umana perdipiù minacciato dai suoi superiori, pronti a chiudere baracca e burattini se non riuscirà a dare un senso compiuto al suo progetto "Linda". Un'avventura stralunata e parca di parole (molte in inglese con sottotitoli, visto che i militari di passaggio parlano nella loro lingua), che punta sulla stupefazione dei piccoli alla quale dovrebbe corrispondere anche quella dello spettatore; che però, capita l'antifona, si aspetterebbe che il film non si fermasse alla mera messa in scena di un soggetto striminzito ma trovasse anche qualche snodo interessante in grado di renderlo piacevole. Al contrario ben poco succede; gli effetti speciali digitali sembrano serivire a nulla o quasi e anche Mastandrea, cui spetterebbe il ruolo di chi prova a dare un senso al tutto, sembra preda della stessa apatia del personaggio cui dà vita. Non che manchi qualche momento riuscito, specie quando più si fa sentire per i due ragazzini l'assenza dei genitori, ma ci voleva maggior decisione nell'affrontare il tema, perché così tutto scorre senza che quasi mai ci si ridesti da un torpore che induce sonnolenza, tra visite a strutture futuristiche, incontri ravvicinati da quattro soldi, contemplazione di orizzonti infiniti che comunicano poco o nulla. Curiosa la scelta di girare quasi per intero con lo schermo aperto a 1.33:1 in un'epoca segnata dal 16/9: restringe il campo visivo, considerati gli spazi sconfinati che in orizzontale avrebbero forse potuto rendere meglio; ma non è certo questo il problema del film, che in conclusione lascia poco e tende a scomparire senza lasciare traccia, proprio come le presenze aliene sulla Terra. Marcel M.J. Davinotti jr. Chiudi
Non ci sono alieni veri e propri nel nuovo film di Paola Randi ma gli spazi smisurati del cosmo, popolati dai vivi fantasmi della memoria e un deserto americano dove vivono un professore e i suoi due nipotini (uno è Tito) piovuti dal cielo. Umani, accomunati dalla solitudine e da una faticosa esperienza di lutto, raccontati attraverso una fantascienza che muta sovente in favola, senza rinunciare al calore della risata e all'emozione della poesia. Film coraggioso e notevole e, come tale, da vedere e rivedere.
MEMORABILE: "Dov'è Lady Gagaaaaaaa?"; Tito insegue la luna.
Zio scienziato prende in custodia due nipoti rimasti orfani. Tema dell’elaborazione del lutto e della speranza nel ricordo che evita il lato compassionevole e sottolinea l’aspetto favolistico (per adulti e non). Intento da Dr. Creator con Mastandrea poco credibile come professore e col duo di ragazzini la cui napoletanità stufa da sùbito. Regìa con qualche buona inquadratura (specie dall’alto) che esagera nell’uso di canzoni per aggiungere sentimento e con fotografia eccessiva nella saturazione del blu. Conclusione scontata ma corretta.
MEMORABILE: “Ballo come un pony”; Il divano ribaltabile all’esterno; La maschera spaziale come casco.
Uno scienziato napoletano depresso che lavora nel bel mezzo del deserto del Nevada per captare segnali provenienti dalle stelle riceve in "eredità" due nipoti rimasti orfani che il fratello, prima di morire, gli ha affidato con un video messaggio... Fantascienza minimalista, pretesto per parlare di elaborazioni del lutto dolorose e della necessità di interiorizzare il ricordo della persona cara ed andare avanti, in un film non del tutto riuscito per un certo compiacimento della propria bizzarria ma coraggioso nel voler percorrere strade poco battute ed anche commercialmente poco appetibili.
I ricordi, nel finale, se ne vanno nella pioggia. Favoletta che mischia amore filiale, lutto, incontri ravvicinati e un bel po' di baracconate. Regala qualche momento azzeccato, ma la vicenda non ha né gli elementi né il respiro del lungometraggio: non a caso la vicenda, titoli esclusi, sta attorno all'ora e un quarto e, per arrivarci, deve ricorrere persino ad una storia d'amore. Mastandrea bravo come di consueto ma, a farsi ricordare, sono i due bravissimi attori giovanissimi. Napoletani, ovviamente.
Paola Randi HA DIRETTO ANCHE...
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