In parte sopravvalutato dalla critica, che ha dato probabilmente troppo peso a certe trovate indubbiamente originali, TANO DA MORIRE resta comunque un esperimento curioso, a tratti esilarante. Non tanto nelle gag verbali (praticamente assenti in una sceneggiatura confusa e pretenziosa, come il montaggio) quanto nelle scenografie e nella scelta di attori non professionisti (tutti debitamente segnalati nella simpatica chiusura prima dei titoli di coda) dai volti perfetti. A partire dal protagonista Tano Guarrasi (Ciccio Guarino), versione sincera del Leone di Lernia, per finire alle casalinghe coriste in attesa dal parrucchiere. La regista Roberta Torre sfoggia uno stile di ripresa molto raffinato, in...Leggi tutto netto contrasto con il gusto popolare del film (lanciato come “il primo musical sulla mafia”) e probabilmente esagera nel voler creare una confusione temporale negli eventi (il mafioso Tano venne realmente ucciso in macelleria, nel 1988) nel tentativo di seguire la moda tarantiniana rilanciata in PULP FICTION. TANO DA MORIRE vorrebbe essere un'opera d'arte bizzarra; è sconclusionata, gridata, un college di sketch brevissimi per la gran parte articolati sulle musiche scritte appositamente dall’ex caschetto d’oro Nino D'Angelo, oggi rivalutato in pieno. E in effetti c'è da dire che almeno due pezzi “top”, “Simm’a mafia” (parodia demenziale di “Stayin’ Alive”) e soprattutto il celeberrimo “Rap’e Tano” (con il coro “Tano Tano Tano da morire”) sono visivamente resi in modo eccezionale e dimostrano una conoscenza musicale non comune. Da soli valgono probabilmente più dell'intero film.
Divertente, rutilante esperimento di contaminazione alto-basso, forse non degno delle grida al miracolo lanciate allora (e del resto il prosieguo della carriera della Torre è stato abbastanza anonimo), ma assai godibile e in sostanziale equilibrio fra bozzettismo folk e post-modernismo. Musiche azzeccate (la sorpresa Nino D'Angelo), qualche faccia spettacolare: un buon lavoro.
Curioso esperimento di contaminazione tra scenari iperrealistici alla John Waters di Hairspray e storie da tragedia greca (i teschi-pupi che ciondolano, la sorte della sorella di Tano); la narrazione a tratti risulta faticosa, ma il tutto è alleviato dagli intermezzi musicali e dai costumi kitsch che però distraggono da quello che alla fine è pur sempre il classico binomio amore-morte.
Peculiare opera musicale ambientata in Sicilia in un contesto di mafia ed interpretata da attori non professionisti. Diretta con grande bravura da Roberta Torre, Tano da morire non si limita ad una rappresentazione del fenomeno mafioso ma si sforza di comprenderne i meccanismi (e le parti cantate sono funzionali allo scopo) anche attraverso una riuscita descrizione della realtà urbana popolare, quella dei quartieri e dei vicoli di una città siciliana. Belle le musiche di Nino D'Angelo.
Stravagante esperimento musicale sulla mafia, ispirato al gusto del pastiche che gioca con stili e stilemi del cinema alto e delle forme più popolari di spettacolo. Coloratissimo, fuori di testa, kitsch, il film si destreggia con rigore in una narrazione apparentemente sgangherata, dove spiccano gli attori non professionisti. L'originalità nell'affrontare un tema che sembrava non avere altre forme di rappresentazione è il valore maggiore, a cui si aggiungono alcune perle come le canzoni "Simm'a mafia" in discomusic e il rap di Tano.
Un film "strano". Anzitutto perché la via del musical è una delle meno battute dai nostri cineasti e poi perché gli attori sono presi dalla strada (tutto il contrario del professionismo esasperato del musical). Il messaggio però è forte e chiaro, ovvero una feroce parodia del fenomeno mafia. Alle carenze tecniche sopperisce una scenografia spesso (volutamente) eccessiva e il gusto per il grottesco di Daniele Ciprì (qui alla fotografia). Le musiche di Nino D'Angelo sono funzionali alla vicenda ma tutt'altro che indimenticabili.
Piccolo boss di un quartiere di Palermo, il macellaio Tano, ucciso su commissione dal picciotto che fingeva di tampinargli la figlia, viene commemorato a suon di musica da parenti, sodali ed avversari. Film unico nella sua geniale stramberia, interpretato da un gruppo di non professionisti scelti con gusto lombrosiano, per una salutare e liberatoria presa per i fondelli della mafia e dei suoi miti. Felicemente incongrua la colonna sonora di D'Angelo, tutta in napoletano, che mixa svariati generi con esiti sorprendenti. Gustoso, imperdibile.
MEMORABILE: La disco dance con i mafiosi ballerini - O'rap de Tano - I titoli di coda in cui viene indicato il vero mestiere dei vari personaggi
Pazzesco musical grottesco dalle scenografie curate accostando tra di loro colori sgargianti. Una macchina da presa che si muove e inquadra in maniera assurda, raramente fissa, passa con riprese "a schiaffo" da un personaggio all'altro. Gli attori, tutti dilettanti, mostrano le loro pecche creando un effetto quasi imbarazzante che si scontra invece con la cura per la sceneggiatura e i dialoghi importanti. Balletti dalle coreografie rozze, fuori tempo, mentre canzoni dai testi incredibili che catturano per il loro surrealismo. Di grande impatto sicuramente.
MEMORABILE: I titoli di testa e di coda; La canzone O'Rap'e Tano.
Opera d'esordio della Torre, folle e sgangherata come una commedia di Bollywood. La varietas della colonna sonora (che per aumentare il senso del grottesco sceglie, pur narrando la mafia palermitana, di affidarsi alla generica ed evocativa meridionalità del napoletano di Nino D'Angelo) è proporzionale a quella della messa in scena, che passa dall'impressionismo a Almodovar alla "tv verité" di Ciprì & Maresco, raccordando tutto con la naïveté di coreografie da recita parrocchiale e riprese amatoriali da pranzo di matrimonio. Splendido.
MEMORABILE: O' rap 'e Tano.
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Al minuto 20:40, piccola apparizione del famoso "Meusaro" di Palermo Rocky Basile, denominato (a mio avviso giustamente), il Re della Vucciria. Personaggio divenuto popolare a livello Nazionale grazie alla trasmissione Unti e Bisunti andata in onda su DMAX.