In un villaggio della provincia cinese, una giovanissima maestra parte alla ricerca di uno dei suoi alunni che ha abbandonato la classe. Il regista cinese Shang Yimou alle prese con una piccola storia dalla quale riesce a ricavare più di un insegnamento morale. Splendidamente girato e molto basato sul contrasto tra la remota e povera provincia e la città tentacolare, il film si avvale di un cast molto efficace con un'ottima prova della piccola protagonista. Meritato premio per il miglior film a Venezia.
Una ragazzina di tredici anni, a fronte di stenti economici, decide di prendere l’incarico di supplente in una scuola situata in un paesino sperduto della campagna cinese. Commovente è l’occhio di riguardo che Yimou riserva alle persone che vivono ai margini e altra attenta disamina di due popoli così vicini e così lontani. Non uno di meno rappresenta la forza di volontà e l’importanza che il denaro assume nelle situazioni più critiche e disperate. Apologo di innata leggerezza, ma al contrario delle Lanterne rosse, il risultato finale è meno incisivo.
MEMORABILE: La ragazzina che fuori dall'emittente televisiva, domanda ad ogni impiegato: "È lei il direttore?"
Ma quant'è bravo Zhang Yimou? Lo si supponeva intrappolato in un cinema da cartolina e invece eccolo che gira un film come De Sica, per strada, pedinando la tredicenne Wei Minzhi alla disperata ricerca dell'alunnetto perduto, dal suo ignoto villaggio sino alla tentacolare metropoli. Una storia semplice come la verità, ma - come la verità - altrettanto forte e commovente, dove gli interpreti sembrano recitare se stessi (e forse lo fanno) con una naturalezza straordinaria. Uno di quei film che fanno male (bene) al cuore.
Non uno di meno: questa è la condizione che permetterà alla giovane maestra di portare a casa il guadagno pattuito. Non uno di meno è anche la prospettiva educativa di tanti insegnanti ben ispirati. Presto si capisce che la maestra ha abbandonato l'idea del guadagno facile per abbracciare un discorso pedagogicamente elevato. Il paesino e la grande città; la negligenza e la voglia di insegnare sono un paio dei grandi contrasti che portano alla crescita interiore dei protagonisti. Leone d'oro meritatissimo.
Va bene l’intento sociale di un film in stile pubblicità-progresso per scongiurare il grave abbandono scolastico nelle zone rurali cinesi. Va anche bene l’indiscussa abilità cinematografica del regista, che tocca in modo raffinato il rozzo soggetto che vede nella prima parte la paradossale presenza di una 13enne in veste di maestra e nella seconda una sorta di riproposizione del buon pastore che cerca in città la pecorella smarrita. Ma il film è noioso, petulante, scialbo, insopportabile: altro che neorealismo!
Uno Zimou ancora lontano dalle megaproduzioni a venire. In effetti un certo sapore genuino il film lo conserva grazie ai piccoli protagonisti e alla mano del regista nel metterli al centro della scena. Un pregio che gli si può tributare nonostante la ripetitività di certe situazioni che ogni tanto qualche sospiro lo provocano.
Supplente tredicenne di un villaggio cinese va in città alla ricerca di un alunno. Il tema principale riguarda l’abbandono scolastico e quello delle zone rurali, che si spopolano, ma l'accento è sul tema dell’infanzia. Yimou coglie l’essenza del vivere senza mezzi e con l’umanità che colma ogni necessità. Toccante il messaggio dell’annuncio ma l’epilogo del rientro risulta come incollato all’ottima atmosfera di festa. Eccellenti i piccoli interpreti, già dotati di senso della tradizione.
MEMORABILE: L’alunno scomparso che guarda il cibo altrui in città; L’annuncio all’emittente televisiva; Gli spazzini che portano via i fogli di carta.
Yimou mette in evidenza con questo film le grandi contraddizioni del colosso cinese, di cui un esempio paradigmatico è il rapporto città-campagna. La narrazione è molto profonda e spesso toccante e riesce sia a trattare i temi della povertà rurale e dell'infanzia sia a delineare l'evoluzione psicologica della supplente, sempre più coinvolta dai propri alunni. Peccato che poi il film si perda un po', diventando più fiacco e a volte leggermente irreale, incanalandosi così in un finale scontato.
MEMORABILE: La ragazza che interroga per strada tutti gli uomini con gli occhiali per cercare il presidente.
Una specie di apologo sui buoni sentimenti che dovrebbero sostituire le carenze sociali, la povertà e l'emarginazione in un povero villaggio cinese che stenta a conservare la sua scuola. Una "maestra" poco più grande dei suoi stessi alunni deve supplire l'assenza del titolare e garantire che nessuno abbandoni. Una storia poco verosimile nei presupposti e nel messaggio vagamente (ma non troppo) propagandistico (vedi la voce off finale), che regge per l'ambientazione e la spontaneità della pluriclasse piena di allegria nonostante tutto.
MEMORABILE: La conta dei mattoni; La difficile ricerca del "fuggitivo"; L'appello in tv.
Quando il maestro dell'unica scuola elementare deve assentarsi per un mese, il capo di un piccolo villaggio ingaggia come supplente una tredicenne promettendole che sarà pagata alla fine del periodo ma solo se riuscirà a conservare tutti i suoi allievi... Uno scorcio di vita rurale dal gusto neorealista che nella prima parte commuove per la freschezza dei piccoli attori, la povertà delle risorse e la tenera testardaggine della maestrina improvvisata, mentre meno riuscita è la parentesi cittadina, poco incisiva e con un esito che rischia di far scivolare il film verso la propaganda.
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DiscussioneRaremirko • 16/11/21 21:43 Call center Davinotti - 3863 interventi
Dramma di ricerca lineare e semplice, con bravi interpreti e, praticamente, un inno alla vita, con un forte rispetto verso i bambini (qui alunni).
L'opposto del film spettacolare e mainstream, che non è necessariamente ne un pregio, ne un difetto, con momenti riusciti ed una certa sincerità di fondo.