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Commenti L'IMPRESSIONE DI MMJImpressione Davinotti

Ennesimo shark-movie a zero budget che si pone come unico obiettivo quello di regalare qualche ghignata a chi si diletta nel vedere film di questo genere, in cui la si butta sul comico girando apparentemente tra quattro amici con un computer da utilizzarsi per effetti speciali che definire tali è un complimento.

Si parte da uno spunto di base non proprio credibile: per curare il figlio del Primo Ministro affetto da una malattia del sangue del tutto sconosciuta e che pare non lasciare scampo, si ricorre alla "medicina alternativa": dal momento che, è evidente, gli squali non si ammalano mai, né hanno mai un’influenza o un raffreddore, si pensa di rimpicciolirne...Leggi tutto uno per spedirlo in una vena del piccolo a combattere il virus. E come lo si farà uscire, dal momento che dopo 36 ore il destino del pescecane sarà quello di ritornare alla grandezza normale? Facile: basterà iniettare nella medesima vena anche un sommergibile (a sua volta rimpicciolito) guidato da tre specialisti del settore (un dottore e due assistenti donne) che dovranno spingere lo squalo e se stessi verso le vie urinarie prima della scadenza del temibile termine.

Una missione elementare, sembrerebbe, affidata in laboratorio a due scienziati buontemponi che in un attimo procedono alle dovute miniaturizzazioni e infilano in un siringone da carnevale il tutto, preparandosi all’iniezione nella vena del piccolo. Peccato che poi, invece, a subire l’accidentale infilzata nel sedere con tanto di squalo e sommergibile spediti nel corpo sia un povero addetto alle pulizie del laboratorio, che nulla capisce (è decisamente tardo) e che se ne scappa via di lì senza sapere cosa gli sia successo. I nostri dovranno ritrovarlo.

Che all’origine del tutto vi sia il VIAGGIO ALLUCINANTE di Fleischer è fin troppo evidente, ma questo NANOSHARK – considerata la bassissima qualità degli effetti – sembra quasi esserne il progenitore, concepito agli albori del cinema: lo squalo è un rigido pupazzetto che si muove su uno sfondo rosso che dovrebbe rappresentare la vena ricolma di sangue, il sommergibile un giocattolo che ondeggia nello stesso ambiente. Scordiamoci tutti gli inconvenienti che avevano reso a suo modo memorabile il modello, perché qui il massimo che si vede sono gli effetti “all’esterno” sul povero inserviente: il poveretto si gratta ogni volta che qualcosa gli si sposta nelle vene e di questo dobbiamo accontentarci. Per il resto dialoghi ai confini della barzelletta, con un umorismo che ogni tanto può sì muovere al sorriso ma giusto per qualche secondo, di matrice puerile e con scambi degni di chi potrebbe concepire il tutto come scherzo tra amici.

Inutile notare la povertà degli ambienti, della fotografia, della recitazione, perché fa tutto parte del gioco, di un gioco che porta a produrre in serie shark-movies di infima categoria che non è facile capire per quale motivo verranno poi trasmessi da qualche canale americano. Però ne continuano a girare, e la sfida è quella di superare le barriere del precedente confezionando film dagli effetti volutamente sempre più miseri che possano far magari da sfondo a qualche serata con birra tra amici… All’inizio c’è pure una scena girata all’interno di un mezzo navale da guerra che pare il set di un pigiama party, mentre l’epilogo ci mostra il figlio del primo ministro che esce dal bagno gridando felice: era solo una roba da toilette (riferita alla malattia, a meno che non si voglia ironizzare sul film stesso). In mezzo qua e là alcuni siparietti utili solo a far metraggio tirati incredibilmente per le lunghe...

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TITOLO INSERITO IL GIORNO 12/11/24 DAL DAVINOTTI
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