Alexandre Dumas figlio assiste alle prove della prima teatrale del suo più celebre dramma: sarà l’occasione per ricordare la breve e triste vita della sua ispiratrice, la cortigiana Alphonsine. Dal melodramma del romanzo si vira al quasi neorealismo di una regia sempre fredda e distaccata, pur capace di slanci tecnici notevoli. Notevole la messa in scena, specie per quel che riguarda costumi e scenografie. Forse non tra i migliori del regista toscano, ma sicuramente buono.
Di impianto classico, estremamente curato nei dettagli, nelle scenografie, nella musica ma poco fruibile per via di dialoghi troppo verbosi, per l'eccessivo spazio dato agli interni e per una certa rigidità formale. La Huppert è perfettamente calata nel personaggio a differenza di alcuni dei protagonisti maschili, poco credibili nei rispettivi ruoli. In definitiva una pellicola visivamente affascinante, ma troppo incentrata sul romanzo di Dumas.
Pregevole messa in scena. Ricostruzione visiva e delle atmosfere d'epoca coinvolgenti. Ben sceneggiato, dialoghi mai leziosi. Attori calati nella parte; Isabelle Huppert molto bella e brava, mai stucchevole. Regia severa e asciutta, di impianto classico (con retaggio neorealista). Si lascia seguire molto bene; niente esagerazioni del pathos (è tenuto sotto stretto controllo). Notevole il fascino pittorico dell'insieme (la fotografia fa pensare alla pittura di Degas). Talvolta accende l'immaginazione.
Partendo da un’opera letteraria come "La signora delle camelie" si rischia di restare intrappolati in una rigidità formale dalla quale sembra impossibile sottrarsi. Ne risente l’impianto scenografico, tuttavia apprezzabile nell'idea di insieme e in grado di restituire una messa in scena di pregevole fattura, mentre ingessate e quadrate sono le interpretazioni degli attori, quasi da palcoscenico. Volonté è bravo nelle vesti di un prosseneta, mentre la Huppert interpreta il personaggio con fatalismo e sfrontata rassegnazione.
Due i problemi che balzano all'attenzione. Si dice "storia vera", ma l'impressione è che sia stata ben romanzata. Ma il più grave è l'altro. Mai e poi mai, infatti, la Huppert è credibile come ragazza della quale tutti si innamorano perdutamente, per il suo algore che qui è di gran lunga più neutro che attraente. Attorno a lei grandi attori che sembrano manichini e, quando non lo paiono (Volontè), sembrano finiti nel film sbagliato. La freddezza, insomma, attraversa il film, cui non giova più di tanto l'ambientazione spesso lussureggiante ed un attento, e pittorico, descrittivismo.
MEMORABILE: "Non è colpa mia, se sono stato dimenticato dalla morte".
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