L'uomo nel bosco - Film (2024)

Soggetto desiderante e oggetto di desideri (in)confessabili, Jérémie al suo ritorno nel borgo dellìAveyron - dove ha trascorso la giovinezza - provoca una reazione a catena di eventi dai risvolti imprevedibili ed è proprio questa imprevedibilità il pregio maggiore di questa sorta di thriller morale difficile da incasellare in un unico genere, fatto di allusioni al passato, dialoghi troncati a metà, personaggi paradossali che il protagonista manipola venendo nello stesso tempo da loro manipolato, mentre nel bosco degli incontri e degli scontri crescono funghi e marciscono cadaveri.

Giovane panettiere disoccupato torna al paese per il funerale del primo datore di lavoro. A attenderlo ci sono la moglie e il figlio del morto, un prete e un altro vecchio amico. Girato in luoghi stupendi, il film può vantare la capacità di mantenere viva la tensione e la bella interpretazione degli attori: chi vedrà il film sul grande schermo ne apprezzerà di più le sfumature. Difficilmente piacerà ai cultori della verosimiglianza assoluta: nella seconda parte bisogna abbandonarcisi un po', come a un incantamento. Non fuori luogo l'accostamento che qualcuno ha fatto con Teorema.

Inserire all'improvviso un elemento estraneo in una comunità tranquilla ed equilibrata può creare sconquassi, si sa. La tesi di partenza non è certo nuova e pure certi sviluppi. Altri invece sono più bizzarri e la tensione c'è, sebbene non raggiunga certo livelli alti, come pure l'interesse su come evolveranno le vicende. La cosa più interessante sono i personaggi e le interazioni tra loro: in particolare tra il protagonista e il prete. Nell'ultima parte la verosimiglianza va un po' a farsi a benedire, ma non è un grosso problema. Poco esplosivo ma ha qualche elemento di interesse.

Forse Jérémie, nel mezzo del cammino della sua vita, smarrita la retta via, oltre la selva oscura trova un limbo, un non luogo senza tempo in cui sospendere l'esistenza e rinascere. Il mistero non è la colpa, ma il desiderio che spinge questa comunità a cercarsi, toccarsi, proteggersi affinché nulla venga al mondo e tutto precipiti tra le foglie del sottobosco, diventando humus per pregiati funghi porcini. Tra Teorema di Pasolini e La congiura degli innocenti di Hitchcock, Guiraudie smarrisce la narrazione fuori dal sentiero morale e trasforma il noir in uno spazio dell'anima.

Come in un contesto completamente diverso ha raccontato Pier Paolo Pasolini in Teorema, l'arrivo di un personaggio ambiguo in una comunità chiusa può generare reazioni a catena veramente imprevedibili. Così è per la piccola comunità dove un panettiere è morto e il suo discepolo ritorna dopo tanti anni di assenza. Un film sottile, intelligente, che inizia come thriller per poi avere un'evoluzione quasi fantastica.

Garzone fa visita al funerale del suo ex datore di lavoro. La situazione di vicinanza affettiva diventa man mano inquietante, con comportamenti poco chiari tra un omicidio e improvvise morbosità. Sembra un cinema alla Chabrol nel quale i particolari emergono pian piano e riguardano marginalmente il lato giudiziario. Le sfumature sono tutte personali tra chi cerca consolazione (il prete), una strada (il protagonista) o una nuova vita (la madre). Qualche forzatura è inevitabile (il poliziotto notturno), ma il livello di attenzione si mantiene costante.

Un giovane ex dipendente rientra al villaggio per la morte del suo datore di lavoro trovando un ambiente in parte ostile per cui verranno alla luce tanti pregressi e comportamenti di natura ambigua, con conseguenze drammatiche. Un racconto dalle venature thriller concentrato sulla personalità enigmatica del protagonista, sempre sul filo del rasoio tra impulso omoerotico e istinto di autodifesa. Una regia attenta e concentrata tiene unita una trama che poteva sfilacciarsi e perdere di mordente. Ottimi l'ambientazione, la fotografia e il cast, nel quale spicca l'intensa prova di Kysyl.