Roma, anni Settanta: la giovane Adriana sente di essere nata in un corpo sbagliato e si fa chiamare Andrea, con tutte le difficili conseguenze del caso. Anche la vita familiare non è delle più semplici. Il film ha dalla sua garbo, delicatezza e sobrietà nel raccontare una storia personale - autobiografica - che come tale merita rispetto. Però, al di là di una buona confezione, sembra mancare di forza narrativa ed emotiva. Tutto appare troppo semplice, probabilmente per scelta, se non addirittura un po' "piatto". Non brutto, ma non spicca il volo.
MEMORABILE: Adriana-Andra dice alla madre: "Tu e papà mi avete creato sbagliata"; L'esibizione finale de "L'immensità".
Crialese racconta la sua infanzia, il suo sentirsi maschio in un corpo femminile creando scalpore. Ma il film non racconta solo questo, c’è un quadro molto efficace e spietato della vita familiare, con una ambientazione anni Settanta molto d’effetto, arricchita da brani cult dell’epoca. Film apprezzabile più per le immagini e le suggestioni che per l’intreccio narrativo. Penélope Cruz splendida e bravissima.
Vicenda autobiografica del regista, il quale ci racconta una Roma periferica agli inizi degli anni 70 che vede un'agiata famiglia con marito sempre al lavoro e moglie insoddisfatta di bellezza sfolgorante (brava la Cruz) con tre figli. Narrazione fatta di momenti in cui se ne segnalano alcuni dal bell'impatto visivo e altri fini a se stessi. Nel complesso un buon film.
Ragazzina vive i turbamenti di chi sta in un corpo "sbagliato". L'analisi di una crescita problematica è vista con una parziale profondità, in quanto l'avvenenza della Cruz e le ambientazioni anni Settanta distolgono dal focus del film. Crialese resta in superficie e i siparietti ispirati a trasmissioni come "Milleluci" (con stupende coreografie) fanno più colore che altro. Anche il messaggio finale non prende una direzione precisa, salvo un pizzico di nostalgia.
MEMORABILE: Il duetto Celentano/Carrà; Nascosti sotto la grata; Il bacio in macchina.
Pellicola che combina le ambiguità di genere di Girl e soprattutto Tomboy con la classica storia di famiglie in crisi, con qualche nota di colore che fa molto formato esportazione. Nonostante tali non incoraggianti premesse il film risulta ben diretto e interpretato, senza punti morti né cadute di gusto, con un tratteggio dei personaggi piuttosto credibile, abile nello scansare gli eccessi, pur con qualche momento di amarezza. Equilibrato e riuscito, con in aggiunta il campo nomadi della porta accanto che tutti avremmo sognato (balli, grigliate, amori preadolescenziali).
Ragazzina vive il tormento di sentirsi un "lui" mentre i genitori attraversano una fase complicata. Bel film che mette a confronto due generazioni alle prese con problematiche forti e soprattutto attuali tramite uno stile narrativo vivido sospeso a volte tra sogno e realtà (emozionanti a tal proposito le sequenze in bianco e nero, in special modo quella finale). Cruz sempre intensa, anche se la prova attoriale migliore viene offerta dalla giovane Giuliani in un "doppio" ruolo; azzeccata la scelta di una colonna sonoro capace di riportare indietro nel tempo suscitando nostalgia.
Pellicola ben confezionata, che denota garbo e grazia nel trattare un tema delicato come quello vissuto anche dallo stesso regista. Lo stile minimal è particolarmente apprezzabile perché, pur coinvolgendo nelle difficoltà attraversate dall'adolescente Adriana/Andrea, non scivola mai nello stucchevole. Una certezza la Cruz, sempre bellissima e talentuosa, particolarmente dotata nell'interpretare la moglie sola e depressa ma anche la mamma frizzante e amorevole. Ben ricreate le atmosfere anni '70 con audio e immagini dell'epoca a far da colonna sonora.
Ambientato nella Roma degli anni '70, il film di Emanuele Crialese è una vera e propria autobiografia di quella che è stata la sua giovinezza, quando la consapevolezza di non appartenere a un determinato genere prendeva il sopravvento e la famiglia non era un porto così sicuro. Penelope Cruz ci regala un'interpretazione magistrale nei panni di una donna fragile e incompresa che deve portare sulle sue spalle il peso della famiglia. Il film è romantico, sincero e appassionato ma ha l'unico difetto di risultare un pochino piatto e di non arrivare dritto al punto. Un buon film.
Fortemente autobiografico, il film di Crialese parla di una transizione in un'epoca che rendeva molto complicate certe scelte individuali. Il regista realizza un film raffinato dalla numerose e ben collocate citazioni, oltre che di buon livello nel comparto tecnico, con ottime fotografia, scene e costumi che ricostruiscono egregiamente l'epoca. Mancano un po' la personalità e la passione, che il regista forse trattiene nel timore di un'esposizione eccessiva e troppo coinvolgente. Da questo punto di vista il film è in parte un'occasione persa.
Mediocre, se non addirittura deludente. L'effetto nostalgia è quello che cerca di trasmettere questa storia, a carattere anche autobiografico. Ci sono momenti che sono difficiii da apprezzare. Penélope Cruz è indubbio che sia brava, ma non mancano forzature che rasentano la banalità e la prevedibilità. Poteva uscirne qualcosa di meglio. Una visione la merita, nonostante tutto.
Più che il tema (autobiografico) trans (la ragazzina che si sente maschio), cuore del racconto sono i delicati equilibri di una famiglia borghese degli anni 70 (ricostruzione raffinatissima), con madre fragile ma brillante, padre padrone e figliolanza di contorno, fotografati in aneddoti e situazioni da diario intimo, senza mordente (e perciò spesso poco coinvolgenti). Il tentativo di una via personale alla Voci lontane, con ampia selezione musicale, è supportato da una spinta ricerca della sequenza bella che però tiene lontani dall’emozione.
Film immensamente fragile, così evidentemente senza pelle cinematografica da far tenerezza e simpatia nonostante le sue talora marchiane debolezze. È trasparente come Crialese metta in gioco qualcosa di intimamente autobiografico, fino ad arrivare a un nocciolo che si mostra tuttavia incapace di gestire in autonomia stilistica, finendo con l'ammantarlo di un sovrastato già visto, tutto sommato posticcio e semplicistico (la TV anni '70, le canzoni, l'annientamento femminile borghese). Danno comunque "respiro" le interpretazioni di Penelope Cruz e di Luana Giuliani/Andrea/Adriana.
MEMORABILE: "Mamma basta perché sei così bella"; Il fratello di Andrea va a dormire col padre.
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Nell'esibizione finale della Giuliani la canzone che lei interpreta con la voce di Dorelli è il tema di Love Story nella versione italiana e non il brano "L'Immensità" che accompagna i titoli di coda.
L'album di figurine che sfoglia il piccolo Gino (Francioni), anche se il film è ambientato negli anni 60, è quello delle Figurine Panini della stagione 1976-1977. Le pagine inquadrate sono quelle dedicate alle squadre del L.R. Vicenza e del Lecce.
Nell'esibizione finale della Giuliani la canzone che lei interpreta con la voce di Dorelli è il tema di Love Story nella versione italiana e non il brano "L'Immensità" che accompagna i titoli di coda.
premetto che non ho visto il film, ma solo il trailer, la versione che ho sentito io non è cantata da Johnny Dorelli. Penso che sia Iva Zanicchi o Patty Pravo, ma non escludo che tra trailer e film siano due versioni diverse