Opera inconsueta, questo L’ABBUFFATA. Ennesima riflessione sul cinema e i personaggi che lo abitano (con tanto di proiezione al cineforum di OTTO E MEZZO, che sul tema resta il capolavoro riconosciuto), è però costruita in modo anomalo, quasi andando a ricercare l'effetto documentario. Siamo a Diamante, cittadina calabrese che affaccia sul Tirreno e tre ragazzetti dall'aria un po' svogliata (Paolo Briguglia, Lorenzo Di Ciaccia, Lele Nucera) covano il sogno di dirigere un film. Nel frattempo si divertono a intervistare i compaesani per strada e chiedono l'appoggio a un regista del posto (Diego Abatantuono, eccellente nella sua indolente cattiveria)...Leggi tutto per poter partire col piede giusto. A convincerli però a partire per Roma, portando la sorella di uno di loro (Elena Bouryka), è un attore (in realtà il regista del film Mimmo Calopresti, che curiosamente scambia il mestiere con Abatantuono) che si preoccuperà di introdurli a Cinecittà e di presentargli un agente. Il prosieguo è abbastanza banale è già visto, ma conta il garbo con cui Calopresti mette in scena la sua storia, riuscendo a rendere credibile la vicenda al di là della scarsa plausibilità effettiva della stessa. La parentesi romana è ben condotta, Calopresti nel ruolo del divo-playboy è sufficientemente convincente e quando si torna a Diamante c'è Abatantuono a tenere desta l'attenzione. L'ultima parte poi, in cui finalmente si giustifica il titolo, riserva più di una sorpresa e conferma il buon clima generale strapaesano. Pur con i suoi tanti difetti è un film spigliato, scorrevole e rimescolato bene.
Pessimo filmetto semi-amatoriale di Mimmo Calopresti, che probabilmente crede di essere un grande poeta dell'introspezione. Invece il suo cinema trasuda solo arroganza da letterato e sprezzo per il pubblico. Il film è un marchettone a favore della regione Reggio Calabria che avrà finanziato quasi per intero le riprese. Per un'ora si ruota intorno al nulla, a cominciare dalle orribili riprese con la handycam digitale. I tre tipi che vorrebbero fare i registi sono patetici e inverosimili. La retorica e il vittimismo del no-budget fanno il resto.
MEMORABILE: Calopresti che recita e ne approfitta per baciare la bella Elena Bouryka è da manuale del viscido.
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Camei di Flavia Vento, del critico cinematografico Steve Della Casa e dell'avvocatessa Giovanna Cau (è stata al servizio di Alberto Moravia, Marcello Mastroianni, Federico Fellini, Sophia Loren, Italo Calvino, Luchino Visconti, Ettore Scola e Natalia Ginzburg), rispettivamente nei ruoli di attrice, conduttore televisivo e agente di spettacolo.
DiscussioneRaremirko • 2/05/21 18:51 Call center Davinotti - 3863 interventi
Altro film molto personale del regista, con buon cast (ormai ho un debole per la Bruni Tedeschi, mi piace più lei della sorella!) e prese in prestito varie (il Ferreri del titolo, Tornatore e qualcosa di Guadagnino).
Abatantuono e Deperdieu fan lievitare al film, che comunque qua e là è un pò ingenuo e di sicuro il regista ha fatto di meglio.