Pochi film hanno segnato la mia infanzia come "Antarctica": una muta di cani da slitta viene abbandonata dagli scienzati giapponesi in pieno inverno antartico e lotta per sopravvivere. Un soggetto molto semplice ma in grado di straziare chiunque abbia un minimo di sensibilità verso i quadrupedi in questione, complici anche le azzeccate musiche di Vangelis e l'espressività dei cani (a cui avrei riservato ancora più spazio), di fatto i protagonisti del film. Un po' lento forse, ma emozionante.
MEMORABILE: Il finale mi ha commosso come un bambino.
Come dimostrato da Hachiko (1987), i giapponesi hanno da sempre nutrito un profondo rispetto per tutte le manifestazioni di eroica dedizione, sia umana che animale. Antarctica è la ricostruzione, sofferta e toccante, di un episodio realmente accaduto nel 1957, quando una muta di 15 cani fu abbandonata tra i ghiacci polari da una spedizione scientifica. Scorciato di ben 50 minuti e rimontato in modo opinabile da Mario Morra, il film assunse in Italia le fattezze di un crossover tra mondo e lacrima-movie. Le musiche tronfie e strazianti di Vangelis sottolineano egregiamente tutta l'epopea infernale dei coraggiosi quadrupedi.
MEMORABILE: Le suggestive sequenze con i cani che osservano nel cielo, ipnoticamente terrorizzati, le amorfe e policromatiche luminescenze dell'aurora australe.
Bel salto all'indietro con "Antarctica", semplice ed emozionante. Con stile un po' documentaristico ed immagini ad effetto riesce ancora a fare breccia nel cuore. Le musiche di Vangelis fanno da splendido sfondo alle vicissitudini del branco di cani da slitta abbandonati dalla spedizione giapponese e ai loro tentativi di sopravvivere all'inverno polare.
Lo so, non si dovrebbe valutare un film in base a valori "emozionali", ma in questo caso mi è impossibile fare diversamente. Io adoro gli animali, i cani in particolare e questo film per uno come me è stato ed è, a ogni visione, straziante. La favolosa colonna sonora di Vangelis acuisce il tutto. Aggiungiamoci che il film documenta egregiamente una storia vera e il gioco è fatto. Magnifici gli scenari e incredibile la resa, assolutamente realistica (parliamo di una pellicola con solo cani in scena tutto il tempo). Tra i miei cult assoluti.
MEMORABILE: L'abbandono dei cagnolini alla base; Il finale.
Tratto da una storia realmente accaduta, è un film in realtà piuttosto semplice nella sceneggiatura e nella realizzazione, ma in grado di generare emozione a ogni inquadratura e alla maniera giapponese, senza quasi farsene accorgere. Niente prosopopea, solo una torma di cani abbandonati in Antartide che lottano per la vita e uno scienziato in preda ai sensi di colpa. In mezzo tanta poesia e tanto ghiaccio, in un'ambientazione sempre uguale ma affascinante. Come sempre splendida la OST di Vangelis. Finale commovente, specie per chi ama gli amici a quattro zampe.
Film che appaga intensamente sia sul piano emotivo (come ricostruzione di una storia vera di un abbandono non voluto, con sensi di colpa ripagati da una commovente e incondizionata devozione), sia su quello visivo (con riprese quasi documentaristiche e tecnicamente impeccabili che colgono le sfaccettature, le insidie e le atmosfere cangianti di un continente solo in apparenza uniforme e monotono, enfatizzate dal minimalismo arioso delle musiche di Vangelis). I cani, protagonisti quasi assoluti, si fanno ammirare per bellezza ed espressività.
MEMORABILE: L'abbandono dei cani alla base; L'aurora australe; Il finale.
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L'omonimo album, composto nel 1983 da Vangelis, comprende 8 brani di musica ambient/elettronica caratterizzati da una ecletticità evocativa molto ampia, in grado cioè di passare tranquillamente da atmosfere sonore fredde, placide, ipnotiche ed incantate ad un immaginario capovolto fatto di percezioni angoscianti e momenti di cupa desolazione ed isolamento.
Per diversi anni l'lp fu disponibile unicamente in territorio giapponese, per poi essere definitivamente distribuito in tutto il mondo dalla Polydor solo nel 1988.
Il film è basato su una storia realmente verificatasi più di mezzo secolo fa.
Da Wikipedia:
"Ai piedi della Torre di Tokyo, vi sono le statue dei 15 cani da slitta più famosi del Giappone dopo Hachiko: sono i cani che nel 1956 accompagnarano un team di 11 scienziati giapponesi in una base di ricerca situata al Polo Sud.
Nel febbraio del 1958 fu inviata una nave rompighiaccio, con a bordo una seconda spedizione, che doveva dare il cambio agli uomini che erano rimasti tra i ghiacci per più di un anno. A causa delle avverse condizioni climatiche, però, la nave non riuscì ad arrivare nelle vicinanze del campo, e si decise di farla tornare indietro.
A quel punto anche gli uomini della prima spedizione furono costretti a lasciare la base, e fu mandato a prelevarli un elicottero. Non fu possibile, però, imbarcare anche i cani, che vennero lasciati alla base, con la convinzione che presto sarebbe stato possibile mandare altri uomini a prendersi cura di loro.
Ma questo non avvenne, ed i cani vennero abbandonati al loro destino, legati ad una catena, con scorte di cibo sufficienti per una sola settimana…
Quasi un anno dopo, il 14 gennaio 1959, uno degli scienziati della prima spedizione, tornò al Polo Sud con una terza spedizione, e con l’intenzione di seppellire i suoi amati cani. Ma, con sua grande sorpresa, venne accolto alla base proprio da due di loro: Taro and Jiro, due fratelli.
Ancora non si è riuscito a capire come i due cani siano potuti sopravvivere al rigido inverno dell’Antartide, tanto più che il cibo rimasto al campo è stato ritrovato intatto…forse sono sopravvissuti cacciando pinguini e foche…
Questa storia, comunque, è stata raccontata in un film del 1983, che si intitolava “Nankyoku Monogatari” (La storia del Polo Sud), meglio conosciuto da noi come “Antarctica”. Chi di noi non ha pianto davanti a quella pellicola strappalacrime, e a quei cani che cercarono di sopravvivere, in qualche modo, al loro crudele destino tra i ghiacci?
Ma cosa è successo, dopo, ai due superstiti Taro and Jiro?
Jiro è morto durante la quinta spedizione in Antartide, nel Luglio del 1960. Il suo corpo è stato riportato in Giappone, e imbalsamato, ed ora giace insieme a quello del fedele HachikM, nel Museo Nazionale di Scienze a Ueno, Tokyo.
Taro invece è potuto tornare in Hokkaido dove ha trascorso i suoi ultimi anni fino alla morte, all’età di 15 anni, nel 1970. Il suo corpo imbalsamato si trova all’Hokkaido University."