Commedia grottesca in cui non v'è sorta di dialogo, sostituiti con grugniti ed urla. Un operaio si ribella alla società, torna a casa e la distrugge trasformandola in una specie di caverna troglodita; si dà all'incesto e al cannibalismo, coinvolge il vicinato nella sua regressione e sberleffa la polizia. Senza mai prendersi troppo sul serio è un curioso film che vive di contestazione, liberalismo e anarchia (temi cari ad un certo cinema post '68) anche se non ha la forza critica di Ferreri.
Dopo l'ennesimo sopruso sul lavoro, il muratore Themroc torna la casa, la distrugge trasformandola in un antro ed inizia a vivere come un cavernicolo, coinvolgendo famiglia e vicini in questo ritorno allo stato selvaggio, tanto che i poliziotti intervenuti a riportare l'ordine rischiano di finire cotti allo spiedo... Apologo post sessantottino reso ancora più bizzarro dall'assenza di dialoghi, sostituiti da grugniti, colpi di tosse, parlottii incomprensibili. Un esempio di cinema anarchico che può non piacere per eccesso di grottesco ma colpisce per la sua originalità.
Un operaio in difficoltà con l'ambiente lavorativo (un inedito Piccoli) di punto in bianco decide di riformare, stravolgendola, la struttura sociale cominciando dalle basi trogloditiche in cui trasforma il suo appartamento e sovvertendo ogni regola e gerarchia sociale. Un film provocatorio (alla Ferreri) ma certamente troppo legato al clima di stop & go ideologici post sessantottini e di cui non è chiaro il messaggio del ritorno a un bestiale stato di natura in cui non si parla ma si grugnisce, si urla e si borbotta. Molto più misurato e non meno incisivo del suo precedente film.
Operaio litiga con un superiore, torna a casa e comincia a spaccare tutto e a regredire a uno stato di vita da cavernicolo. Altri seguiranno il suo esempio. Il film, sperimentale, è sostanzialmente privo di dialoghi. Faraldo ci mostra fin da subito quelli che possono essere i suoi maestri ma, almeno in questo caso, manca sia della forza caustica del miglior Ferreri, che della pignola, geometrica organizzazione dell'inquadratura a fini espressivi di Tati. Non mancano soluzioni pregevoli, soprattutto grazie all'uso del montaggio, ma è troppo poco per elevare il film dalla mediocrità.
MEMORABILE: Gli stacchi di montaggio sui flashback allucinati durante il percorso verso il lavoro; L'inquadratura finale.
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