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Commenti L'IMPRESSIONE DI MMJImpressione Davinotti

Poliziesco con contaminazioni thriller che molto blandamente porta al centro della storia le indagini sul solito serial killer specializzato in omicidi di giovani donne. Agisce nella zona che è sotto la giurisdizione della coppia di sbirri protagonista, divisa da caratteri naturalmente diversi e complementari: Jack Gates (Sergei) è quello pacato, contenuto, che ha smesso di bere e deve stare attento al fratello Danny (Fuller) da poco uscito di prigione; Michael Decker (Burgi) quello più irruento, imprevedibile, estroso: ha una figlia (Winters) che adora e una moglie lontana per lavoro da qualche tempo. Passano le giornate sulle strade di Los Angeles o in ufficio, a caccia di piccoli...Leggi tutto delinquenti e, per l'appunto, del serial killer di cui sopra, che colpisce nei pressi di una chiesa e che una testimone riferisce di aver visto indossare un abito nero con una maglietta bianca sotto. E se fosse addirittura il prete? O Danny, che indossa appunto una camicia scura e nella chiesa ci lavora? Decker non può escludere quest'ultimo dai sospetti e cerca di farlo capire al collega, al contrario convintissimo che il fratello non c'entri nulla. Chi avrà ragione? La storia inserisce qualche sospetto un po' forzato, ci mostra i problemi di Danny con l'ex moglie e il figlio, distribuisce timide tracce ma si capisce come si preoccupi soprattutto di tratteggiare il carattere dei protagonisti con lo scopo di proporli come coppia brillante. Si concentra in particolar modo su Decker, cui Richard Burgi è bravo a dare vivacità di spirito, prontezza di riflessi e di ragionamento, quasi guardando in alcune parti al Mel Gibson di ARMA LETALE (per come partecipa alle azioni senza sparare ma lasciando andare la lingua). Chiaramente il valore della sceneggiatura non è paragonabile e la simpatia innata di Gibson non si compra al mercato, ma Burgi il suo personaggio sa caricarlo di buona credibilità e grinta, sfruttando le modeste pieghe ironiche del copione per conferirgli bella tridimensionalità. Molto più convenzionale (per quanto corretta) l'interpretazione di Ivan Sergei, cui spetta di smorzare l'impeto del collega assistendolo con professionaltà ed efficacia. Una discreta coppia, dopotutto, che segue le indagini senza fare gran progressi mentre intorno a loro si muovono i personaggi secondari utili ad allargare il novero dei sospetti forzando la mano e divagando come in un vero giallo. Anche il finale percorre questa direzione, aprendosi a un colpo di scena che il suo effetto - almeno parzialmente - lo ottiene. L'azione tuttavia è modesta, i riempitivi abbondano (c'è addirittura qualcuno che viene inquadrato mentre sale in auto e la sposta lentamente di dieci metri per parcheggiare esattamente di fronte alla casa di Decker). Buona tensione nel classico mexican stand-off con ostaggio, ma la storia è proprio misera, costuita senza nerbo in funzione del finale. Il resto è per buona parte un déjà vu, con le donne ai margini in funzioni unicamente di madri o di prede.

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TITOLO INSERITO IL GIORNO 5/08/21 DAL DAVINOTTI
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