Darkness/Light/Darkness - Corto (1989)

un corpo di plastilina si ricompone pezzo dopo pezzo in una piccola stanzetta... Delirio surrealista nonchè piccola lezione di anatomia, tra le cose migliori una mano che grazie agli occhi comincia a vedere, una lingua che sembra proprio arrivare da un macellaio e un pene che cerca di sfondare la porta che viene calmato con un bicchiere d'acqua fredda addosso...

Se "il Signore Dio plasmò l'uomo con polvere del suolo", Svankmajer ricorre alla plastilina e, una volta che la luce fu, lascia siano i singoli pezzi - le intraprendenti mani, gli occhi curiosi, i piedi maldestri, il pene irruento - a combinarsi fra loro, prima in maniera approssimativa (la farfalla/orecchie smembrata al polso), poi fino a comporre una creatura completa, ma impedita a muoversi, stretta com'è fra le pareti della minuscola stanzetta. E la luce non fu più...

La creazione umana secondo Svankmajer. L'uomo è fatto di plastilina e la sua nascita è fatta di tentativi e di aggiunta di parti finché non si arriva al risultato finale. Ma l'evento non ha nulla di gioioso ma è anzi angosciante ed oscuro come suggerisce l'emblematico finale. L'ennesima perla del regista.

In una stanza entrano uno alla volta diversi pezzi di corpo umano in plastilina che pian piano formano un uomo: un crescendo divertente ma inquietante, che trascina la creazione biblica in una meschina cornice domestica borghese. Un corto arguto e spiazzante: la prevedibilità dello sviluppo della storia non fa scemare per un attimo l'attenzione, sostenuta dall'infaticabile affaccendarsi delle mani che aprono la porta ogni volta che un organo bussa, e dalla colonna sonora fatta dei rumori della plastilina. Splendido l'ingresso dei genitali.

Come al solito un risultato straordinario. Lo spettatore riesce a percepire minuto dopo minuto l'angoscia del personaggio che si sta pian piano componendo nelle sue varie parti (mani, gambe etc.), considerando che egli si trova in una piccola stanza... Da citare i tentativi di tener chiusa la porta onde evitare l'arrivo di nuovi parti del corpo, o il bicchiere d'acqua usato come arma di difesa.

Sofferenza, ansia, inquietudine, angoscia. Un corpo scomposto che si esplora e cerca affannosamente di comprendersi, di raggiungere una forma attraverso tentativi e incidenti. Ogni distrazione lungo il percorso viene contenuta (il pene - e dunque la sessualità - viene sedata con acqua fredda) in funzione del fine ultimo. Quando pare che il tutto faticosamente si compia, che ogni pezzo vada al posto giusto, l'uomo si rivela troppo grande per la piccola stanza che lo contiene. Nichilista? Forse. Però ipnotico.

In questo cortometraggio Svankmajer sviluppa il mito della creazione attraverso un ammasso di plastilina che poco alla volta va a formare quello che è un corpo umano. Altra intuizione geniale del regista ceco che utilizza in maniera incessante il modellamento del materiale plastico per creare un effetto straniante costituito da organi che bussano alla porta in attesa di essere collocati al posto giusto. Poco importa che si tratti di una lingua o di un pene, l'ansia di diventare un tutt'uno prevale nonostante poi la stanzetta sia troppo piccola per contenere il tutto. Illuminante.