Riagganciandosi nominalmente alla saga di CAMP BLOOD, fonte di innumerevoli capitoli di matrice horror, i fratelli Polonia piazzano lì questo CLOWN SHARK, che sfonda a gran forza le barriere sempre più labili del trash per precipitare nel consueto shark movie diretto, recitato, fotografato e sceneggiato come peggio non si potrebbe. Chi vi incappasse senza conoscere il sotto-sottogenere potrebbe scientemente affermare di aver visto non solo il peggior film in tema, ma il peggior film nella storia del cinema. E potrebbe anche aver ragione, se non sapesse che ormai da tempo non c'è limite al peggio, quando si parla di pescecani...Leggi tutto assassini.
Nel prologo vediamo la robusta Jerry (Dainton) sfuggire nel bosco all'ennesimo clown assassino, che lentamente la raggiunge senza però riuscire a ucciderla. Lei di tanto in tanto si ferma, rivive in flashback le ultime uccisioni del pagliaccio, poi riprende a scappare, cade, si rialza e infine, trovato un arco (!), centra di notte, con una freccia in petto, il killer. Ma se fin lì era stata una corsa alla piena luce del giorno? E' solo uno degli ottomilasettecento errori in un film che non si cura certo di evitarli, anzi!
Sei mesi dopo ritroviamo Jenny che, in un'altra città, soffre di incubi continui e si fa consolare dalla sorella (Russo), mentre nei pressi di Camp Blood lo sceriffo (l'immancabile Kirkendall, qui pure co-regista) è alle prese con nuovi problemi, solo in parte dovuti a tre brutti ceffi che bullizzano il povero cugino (Hutch) del clown killer ucciso nel prologo, colpevole solo in quanto parente. Un grosso uomo è stato fatto a pezzi mentre pescava sul lago e tra i suoi resti è stato trovato un enorme dente di squalo. Com'è possibile? Facile: sei mesi prima Jenny aveva gettato in acqua la maschera da pagliaccio del killer, una maschera maledetta che s'è impadronita di un pescecane di passaggio, il quale ha finito per indossarla sul muso partendo all'attacco di bagnanti (nel numero di uno) e altri esemplari umani (il pescatore di cui sopra).
Jenny, ossessionata dai suoi incubi, torna a Camp Blood per dare una mano allo sceriffo e comincia la caccia a due. Il tutto condito da interminabili agguati nel bosco (dove nel frattempo si è materializzato chissà come un nuovo clown assassino), pestaggi al cugino rincitrullito e... novità inattesa, una ripetuta esposizione mammellare; della Dainton prima e della Russo – molto più insistentemente viste le dimensioni – poi. Sulla recitazione di Kirkendall e compagni non è bene soffermarsi, mentre la fotografia raggiunge nuove vette di aberranza difficilmente eguagliabili (colori sballati, saturazioni improvvise...).
Gli effetti non possono definirsi tali con cognizione di causa e vedere uno squalo animato in 2D volare addosso al pescatore senza nemmeno aprire la bocca ma solo cozzandoci contro mentre qualcuno azzarda a disegnare delle chiazze rosse sul fotogramma fa capire tutto. La simpatica locandina non ha nulla a che fare con quel che si trova nel film, dal momento che lo squalo ha forma tradizionale (concettualmente parlando, perché da vicino è un aborto digitale): semplicemente la maschera da clown gli viene spiaccicata sul muso con un effetto che qualsiasi app da cellulare permetterebbe di realizzare meglio. Il solo pagliaccio che saltella con l'ascia può ricordare vagamente gli horror a budget esistente, ma si tratta di pochi secondi a fronte di 70 minuti di mortale noia...
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CuriositàZender • 27/02/25 08:30 Capo scrivano - 48839 interventi
Dal momento che in certi film di squali, come noto, tra il dire e il fare c'è di mezzo... il mare, mostriamo a titolo di esempio quanto le locandine scelte per pubblicizzare queste produzioni a budget minimo siano a dir poco ingannevoli. Questo quello che il poster promette...