"Arancia meccanica": satira e rieducazione del male

29 Aprile 2008

Di Arancia Meccanica si è ormai detto tutto. D’altronde è uno di quei film che i pochi che non lo hanno visto ne hanno comunque sentito abbondantemente parlare.
Kubrick non è di certo un filosofo o un sociologo né tantomeno un politico; ma è un film-maker che dal romanzo di Burgess e dalla sua visione circa le istituzioni ha concepito una pellicola dalle mille sfaccettature; e per quanto i caratteri dominanti del film siano il paradossale e il satirico, non esiste chiave di lettura che lo possa escludere dall’attualità.
Scopo di Burgess era quello di fare un monito sulla libertà di scelta: da egli stesso il romanzo era sottovalutato e considerato come "un mediocre racconto" che in un certo senso aveva anche dell'autobiografico, un tentativo personale di sdrammatizzare su di un fatto relamente accadutogli: lo stupro della moglie ad opera di tre disertori americani mentre lui era in guerra in Oriente.
Curioso il titolo: per lungo tempo ho pensato ad Arancia Meccanica come ad una metafora che indicasse l'artificio (i meccanismi) all'interno di un corpo che, per quanto violento, è naturale, e la cui superficie (cioè la buccia, come quella dell'arancia) nasconde alla collettività i comportamenti interiori imposti dalle riforme politico-carcerarie. Solo ora invece vengo a conoscenza del fatto che in un pub londinese Burgess sentì dire da qualcuno una frase del tipo "Quel ragazzo era sballato come un'arancia meccanica” (o meglio come un'arancia ad orologeria, visto che il titolo originale è “A clockwork orange”).

Sotto un punto di vista giurisprudenziale i temi sono quelli del libero arbitrio, della pena volta a rieducare prima ancora che a punire (spesso attraverso misure di restrizione sempre attuali, visto che oggi in Italia si parla di castrazione chimica...) ma anche della libertà di determinazione e di quanto il ruolo della scienza possa essere politicizzato.

Nella perfezione quasi maniacale dell'esposizione narrativa, per mezzo di immagini che prese singolarmente esprimono concetti (penso allo stupro in teatro, in cui la ripresa viene fatta dalla postazione del pubblico) e in un ipotetico surrealismo fanta politico (ironicamente riferito ad una Inghilterra anni 60/70), Kubrick racconta di Alex e dei suoi Drughi: lui è il figlio di due brave persone (dipinte come una tipica famiglia working-class che si evolve in direzione di un'uscita dalla classe operaia) e altro non è che quello che in inghilterra anni 50 sarebbe stato definito un Teddy Boy. I Teddy Boys, accompagnati dalla prima ondata di Rock'n Roll anni 50 e ispirati allo stile Edoardiano, non delinquevano per ottenere qualcosa; piuttosto la loro era violenza espressiva e fu in quel momento che i criminologi ebbero seriamente l’idea di sperimentare il ricondizionamento. In realtà, l'idea di poter “riformare” l'uomo è all'origine del sistema carcerario; Burgess non condivide la cultura che intende il male come un male assoluto, sostiene che nasca dal peccato originale; pertanto da esso ci si può difendere ma non liberarsi.

Kubrick ci mostra il male assoluto nelle parate naziste durante il processo di ricondizionamento, il male indicibile e talmente interno all'animo umano che non ha speranze di essere rieducato. Tra il malessere e la delinquenza, Il grande regista coglie la differenza di ruolo e le nuove considerazioni di determinati soggetti: la vittima in particolare, una volta era simbolo di aggressione e ora è il concentrato di esigenza istituzionale di sicurezza, soggetto per il quale sono possibili meno mediazioni. D'altronde nell’analisi penale l'attenzione spesso si sposta dal reo alla vittima.

Si può dire che Kubrick abbia la visione del contrasto tra la funzione garantista e la retribuzione che la speranza della pena è volta a rieducare; Arancia Meccanica di certo non dà risposte al problema che pone (la sicurezza comune) ma il regista è così geniale da rappresentarne il problema senza averne poi quella grande conoscenza culturale che si applica nei discorsi di retribuzione come lite e reintegrazione come obiettivo (ne avrà avuta al massimo un'idea).

Un film da guardare molte volte, da non dimenticare mai, così immediato ma allo stesso tempo complicato. Un'opera cinematografica che qualche critica newyorchese dell'epoca bollò come "paranoide fantasticheria". Vietata a tal punto in alcuni stati che chi organizzava cineforum proiettandola finiva col risponderne penalmente.


ARTICOLO INSERITO DAL BENEMERITO FABBIU

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commenti (2)

RISULTATI: DI 2
    Saintgifts

    25 Settembre 2009 22:50

    LE DONNE DI
    Tarabas

    4 Ottobre 2011 16:00

    Molto interessante.
    Non dimenticherei però che il film pone anche un serio problema, tutto estetico, di cosa sia morale mostrare e quale sia la soglia di resistenza dello spettatore rispetto allo spettacolo della violenza (ovvero, alla violenza offerta come spettacolo).
    Coreografando aggressioni e stupri e accompagnando le scene con musiche completamente decontestualizzate, Kubrick sembra voler giocare con i riflessi condizionati dello spettatore, imponendogli di domandarsi se uno stupro mostrato col sottofondo di Singin' in the rain sia ancora così osceno e repellente come dovrebbe essere.
    Ossia, caro spettatore, trovi lo stupro repellente in sé, o solo la sua immagine convenzionale lo è, mentre l'atto in sé potrebbe non dispiacerti così tanto, una volta che sia proposto sotto un'adeguata convenzione estetica?
    Quanto salda è la nostra soglia di accettazione (o meglio, di rifiuto) di fronte alla manipolazione estetica di messaggi che, di per sé, non dovrebbero porre dubbi in nessuna persona sana di mente?