Discussioni su Vampyres - Film (2015)

  • TITOLO INSERITO IL GIORNO 27/03/20 DAL BENEMERITO BUIOMEGA71
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  • Quello che si dice un buon film:
    Buiomega71
  • Non male, dopotutto:
    Trivex

DISCUSSIONE GENERALE

1 post
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  • Buiomega71 • 27/03/20 10:22
    Consigliere - 26015 interventi
    Ci sono film che sono solo mere scoppiazzature senz anima, e altri veri e propri atti d'amore verso il cinema di genere.

    Il restyling del gioiellino larazziano fà parte della seconda categoria, dove Matellano non solo si dimostra un vero appassionato del cinema di genere che fu, ma rende omaggio non solo a Larraz ma anche agli amati Jess Franco e soprattutto Jean Rollin.

    Della fiammeggiante pellicola originale , forse, manca quel tocco morboso e onirico tipicamente "settantiano", ma l'atmosfera che si respira tra quei boschi autunnali sospesi in un limbo surreale dove il tempo sembra essersi fermato , così pregni di malsana inquietudine e suggestivo mistero, resta inalterata (bellissime le sequenze in cui le due vampire si aggirano tra alberi e cimiteri in vestali oscure, e che vagano mortifere lasciando, come segno del loro passaggio, una rosa nera recisa) e il connubio sesso/sangue e morte è rispettato in tutte le sue macabre sfaccettature, dove le due vampire (che, però, Matellano non sottolinea propriamente come tali, se non la loro repulsione verso la luce del sole) si danno un gran daffare in amplessi lesbo al sangue, tra furenti slinguazzate, sesso a tre (con la vittima di turno), saffiche articolazioni che sfociano nella sequenza più crudele e esteticamente abbagliante del film: nella vasca da bagno a limonare all'impazzata, beandosi vogliose della doccia di sangue che le imbratta, della ragazza con la gola aperta che penzola dal soffitto (estasi necroforo/erotica/lesbo bathoryana simile a quella vista in Hostel 2).

    Vampire che non raggiungono la bellezza "eterea" di quelle larazziane (Marianne Morris e Anulka, che sarebbe stato bello vederle in un ruolo cameo) quì troppo "spagnoleggianti" e con seni prorompenti, ma se la Leon è la meno seducente (e forse la meno indicata), lo stesso non si può dire della Flitch, che ci dà dentro in fatto di lussuria cannibalico/vampirica, sinuosa mantide religiosa in autoreggenti, che si trastulla in amplessi selvaggi e bagni ematici ezbethbathoryani, con lapidarie frasi poco rassicuranti: "Quando la vittima è spaventata, la sua carne sarà più saporita".

    La sinistra casetta nel bosco (con i suoi interni spogli e squallidi), l'atmosfera fiabesca e necrofora che si respira, interrotta da estasianti geyser di sangue (gole squarciate e pasti vampirici dove la carne viene strappata febbrilmente, a morsi, al malcapitato ospite delle due fameliche signore della notte, una specie di simil festicciola orgiastica che si conclude nel peggiore dei modi), le nenie infantili intonate dalle vampire, fino a sfociare (nello scantinato/rifugio, con tanto di tagliola in fondo alle scale) in derive torture-porn di puro sadismo muliebre, con la ragazza legata dalla faccia sfigurata dove le vengono strappati lembi di carne, il crudele gioco del taglio della lingua, la gabbia, la testa mozzata dentro al casco, la lancia che trafigge e esce dalla bocca in stile Fiorenza Tessari in Phenomena.

    La morte innamorata e le citazioni alla "maledetta estate" di Byron/Shelley/Polidori fanno da sfondo alla decadenza dei luoghi, il misterioso uomo con la falce che si aggira silente (la morte?), omaggio nemmeno troppo velato al Vampiro dreyeriano, i sacchi, contenenti le vittime del duo lesbo lascivio/vampirico, appesi agli alberi, la bellissima sequenza della corsa disperata di Harriet tra le lapidi, fino alla barchetta del primo Venerdì 13, la vittima maschile che "ruba" l'amore ad una delle due vampire, che và a nutrire la morte vivente con il suo sangue (fonte di abbeveramento il taglio nel braccio). Prigioniero di un incantesimo che risolverà (in parte) a colpi di balestra, verso un finale onirico di leggiadra poesia romantico mortifera (mano nella mano per l'eternità).

    Matellano riesce a ricreare perfettamente gli umori e gli echi larraziani, gestendo bene le location boschive, le suggestioni lacustri, non lesinando su sesso e violenza (parecchie le lingue che si intersecano, i nudi generosi delle vampire cannibali-più cannibali che vampire-la loro lussuria sanguinosa, così come i loro pasteggi e i loro bagni di sangue), rimanendo fedele allo spirito larraziano (niente stile mtvesco, niente insofferenze teenageriali, niente vampirlate e lontano dalla luce dall'estetica videoclippara di cui ci ha abituati certo cinema americano degli ultimi anni in fatto di vampiri), dove la ferinità femminea (tanto cara all'autore di Sodomia) della brama di sesso, carne e sangue resta intonsa, si appiccica addosso e se ne sente l'acre olezzo.

    Non per nulla Larraz fu coinvolto nel progetto, poi portato a termine da Matellano dopo la sua morte.

    Si rivede con piacere Caroline Munro (in un ruolo marginale ma incisivo), invecchiata benissimo e qualche icona dell'horror spagnolo che fu (Lone Fleming, May Heatherly e il franchiano Antonio Mayans-l'uomo con la falce-).

    Da sottolineare il bel commento musicale di José Ignacio Arrufat e gli sxf di Colin Arthur (le gole tagliate in puro Tom Savini style).

    Più che un semplice remake, una vera e propria dichiarazione d'amore alle "ossessioni carnali" del cinema selvaggio degli anni 70.

    La dedica, prima dei titoli di coda, a Larraz chiude il cerchio di una venerazione e un tributo scolpito nel cuore degli appassionati.
    Ultima modifica: 27/03/20 20:49 da Buiomega71