Buiomega71 • 27/01/24 10:33
Consigliere - 27118 interventiNon importa se è un remake fotocopia, e lascio cadere nel vuoto le solite discussioni (da retaggio culturale ormai stantio) della serie "gli americani banalizzano i rifacimenti dei film europei a loro uso e consumo",
Quello che davvero importa sono gli stati emotivi che i film regalano, il loro massimo coinvolgimento e le corde sensoriali che riescono a solleticare. E su questo,
Blood story, arriva dritto al cuore e all'anima, con una delle più struggenti, poetiche e intense storie di amicizia (che si trasforma in amore) in campo adolescenziale , di cui, al culmine, diventa difficile trattenere le lacrime (il momento in cui, in una sera gelida, Abby prende un taxi per abbandonare la sua abitazione e lascia solo Owen, che si dispera dietro al vetro di una finestra).
Ricordo poco dell'originale scandinavo (sono già passati 12 anni dalla visione) se non la strage in piscina sulle note di
Flash in the night, ma comunque mi piacque non poco.
Al netto della faccenda potrei fare il paragone di
Carrie versione De Palma e di
Carrie versione Peirce, seppur con le dovute differenze (registiche e generazionali) l'emotività istintiva era pressochè identica (in soldoni, per quanto mi concerne, due grandi film).
Reeves ne riprende le coordinate, ma si basa principalmente sul romanzo che non al film di Alfredson (ricevendo i complimenti dello scrittore per come ha trattato l'adattamento, un pò meno quelli del regista de
La talpa), immergendo il tutto, con rara sensibilità e momenti di regia straordinari (Abby a piedi scalzi sulla neve, l'amicizia che nasce dal cubo di Rubik, il massacro finale in piscina, l'incipit all'ospedale, il momento in cui Abby sanguina fulcianamente per non essere stata invitata a entrare da Owen nel suo appartamento) in un contesto di oscura e delicatissima fiaba nera, che sta tra Spielberg e la decadenza funerea del Coppola di
Twixt, abbagliato dall'avvolgente e meravigliosa fotografia di Greig Fraser.
Due solitudini che si incontrano e si saldano in un penetrante rapporto denso come il sangue, che sta tra l'innocenza e la condanna (Owen , inconsapevole, prenderà il posto del precedente custode di Abby, procacciandole la "selvaggina" per il suo nutrimento) con un ragazzino vessato da odiosi compagni di scuola e dei genitori assenti (altra felice intuizione registica di Reeves e quello di non mostrare per intero il volto della madre di Owen, come se fosse una presenza distante e astratta) che, nella sua cameretta, ha la passione delle finestre sul cortile (spiando col canocchiale i dirimpettai, nelle inquietanti vesti di un Patrick Bateman in micro).
Atti di bullismo che sfociano nel criminale (in piscina), il
Romeo & Giulietta zeffirelliano proiettato in classe, un goffo serial killer per obbligo che si copre il volto come lo Zodiaco (fautore di uno strambo incidente di macchina tra i più mozzafiato e geniali mai girati), sfigurato come il dottor Phibes che si lascia mordere , per poi gettarsi nel vuoto, una neo-vampira che si auto divora il braccio prima che le fiamme purifichino tutto, un detective impiccione che entra dove non deve entrare (altro momento di suspense tachicardiaca), notevoli pezzi in colonna sonora (in primis il tormentone di David Bowie) e poi il sangue: rappreso, che macchia volti, gocciola a terra alimentando la fame, sgorga dalle gole recise, imbratta muri e pavimenti, suggelando, infine, il legame con un bacio sulle labbra.
Chiusa sul treno, alla
Basket Case, praticamente identica all'originale che mette fine a una tra le più tormentose e dolci storie d'amor vampirico mai girate.
Si glissa sul lato pedofilo della vicenda (così come su morbosità sessuali. Non c'è nessuna insistenza registica sul non-pube della Moretz, ma solo lei che indossa il vestito della madre di Owen, in un'altro istante di tenerezza e innocenza), come la bambina di
Intervista col vampiro condannata per l'eternità ad avere 12 anni (altro lieve tocco registico di Reeves sono le foto che Owen scopre sul tavolo dello squallido appartamentino dove vive Abby con suo "padre") dove la Moretz ne da straordinariamente un aspetto cadaverico di ferina e sanguigna "animalità" mista a dolcezza remissiva.
Peccato la scelta di pacchiani effetti speciali in CG (le imprese animalesche e gli attacchi di Abby) e un make up vampirico piuttosto convenzionale, ma che non inficia sul notevolissimo risultato finale.
Non posso essere tua amica (basterebbe questa frase a far correre i brividi e a toccare il cuore).
Siregon
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