Homesick • 21/10/09 08:32
Scrivano - 1363 interventi CONTIENE SPOILER
Lo sceneggiatore
Biagio Proietti racconta:
«Molti credono che Durbridge abbia scritto il romanzo e che io lo abbia sceneggiato e la cosa sembra confermata alla presenza effettiva in un romanzo breve. La verità — riguarda tutte le opere di Durbridge anche quelle sulle quali io non ho lavorato — è questa: Durbridge scriveva per la BBC serie di originali televisivi in varie puntate, ognuna dalla durata di 20/30 minuti. La RAI comprava la serie nella traduzione di Franca Cancogni ma nei suoi palinsesti non esisteva in prima serata la durata di mezz’ora. Quindi si chiedeva ad un autore italiano — a volte era lo stesso regista, ad esempio nel caso di Daniele d’Anza per
Melissa e per
Giocando a golf una mattina — di portare le puntate alla durata di 1 ora. Questo significava un vero e proprio lavoro di sceneggiatura perché non si può solo allungare dialoghi e situazioni ma vanno inventate nuove scene, nuovi intrighi. Io fui chiamato a lavorare su Durbridge dopo il successo del mio
Coralba e partecipai al successo di due colonne del giallo “all’inglese” come
Un certo harry brent e
Come un uragano, protagonista il grande Alberto Lupo. Il terzo lavoro che mi fu offerto si chiamava
The other man ed erano sei puntate per la solita durata di 20/30 minuti. Rispetto agli altri mi sembrava più fragile anche se come al solito c’era una validissima costruzione di una macchina gialla e una bella ambientazione inglese sul Tamigi. Io chiesi ed ottenni di poter sceneggiare senza limiti, nel senso che potevo cambiare con ampia libertà. La prima trasformazione riguardava il figlio dell‘ispettore che conduce le indagini, da un bambino di 11/12 anni ne feci un ragazzo di 18/19 anni. Questo comportò subito un diverso rapporto fra lui e il professor Henderson, l’uomo sospettato d’essere l’omicida. E, credetemi sulla parola, arrivai a cambiare anche il finale. Non posso e non voglio dire qual era quello di prima ma quello che avete visto è diverso dall’originale. Soprattutto mi divertii a complicare tanto la storia, facendo in modo che ci fossero tante storie mischiate una all’altra, quasi una girandola, fino allo scioglimento finale. Un gioco messo in rilievo dalla regia di Alberto Negrin che non fece una regia tradizionale, ma usò molto la macchina da presa o la telecamera a mano, con molti movimenti, con un linguaggio che rendeva ancora più caotico il caos giù costruito sul copione. Ne uscì fuori una cosa strana che fece tanto discutere ma con un successo enorme anche da parte della critica. Proprio il successo di questo lavoro (e dei miei cambi) mi dette il potere di imporre una storia mia e di Diana Crispo ambientata in Italia DOV’E’ ANNA? un lavoro decisamente originale che ruppe tutti gli schemi del giallo televisivo e fece esplodere il filone italiano, fino a quel momento osteggiato, per vari motivi che altrove ho giù spiegato. Nel rivedere L
ungo il fiume e sull’acqua ho ammirato il bianco e nero che faceva rivivere l’atmosfera di film americani di spionaggio degli anni quaranta e rivisti molti attori purtroppo scomparsi. Parlo di Giampiero Albertini che qui disegna un poliziotto poco inglese, molto nordico e contadino, dai tratti duri e bruschi ma tenero nei sentimenti. Un uomo vero che piaceva agli spettatori. Ed ho rivisto un grande Sergio Fantoni, adesso fa soprattutto il regista, che ha il coraggio di disegnare un personaggio che per quasi tutta la durata del programma sembra essere l’autore dei delitti, ma poi si scopre la verità.
Sempre che la verità sia proprio quella…
Fonte:
http://www.thrillermagazine.it/notizie/8656/
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