(ULTRA BABY VINTAGE COLLECTION) Un motociclista (Fred Ward, prima del discreto IL MIO NOME E’ REMO WILLIAMS) viene catturato da una fantomatica macchina del tempo e spedito nel far-west, con tanto di veicolo. Qui è temuto da tutti, ma il malvagio Reeves (Peter Coyote) vuole impadronirsi del diabolico "cavallo meccanico" ad ogni costo. Western fantascientifico a bassissimo costo, con qualche trovata ridicola ben resa dalla simpatica faccia di Ward, il quale fino all'ultima sequenza non si rende conto di trovarsi nel passato e considera cow-boy e sceriffi alla stregua di una strana comunità di conservatori...Leggi tutto amanti del ritorno alla natura ("siete tipo Hari-Krishna, o una cosa del genere?", chiede interessato). L'idea forse non era nemmeno malvagia, ma l'esagerato insistere sulle corse in motocicletta di Lyle Swann attraverso il deserto, l'inserimento del solito gratuito paradosso temporale (Swarm risulterà essere il nonno di se stesso), la ridicolaggine e la superficialità con cui il regista affronta il problema scientifico del trasporto da un secolo all'altro, sono il chiaro indizio di un prodotto confezionato in gran fretta solo nel pallido tentativo di far colpo con l'originale idea di partenza. Il cast, in cui si riconoscono alcune facce note dei western americani, non è così tremendo, e anzi Peter Coyote sa divertire quando, per cercare di far partire la moto, ci salta sopra con forza provando a imitare i gesti visti fare a Fred Ward. Particolare trash: in mezzo al deserto, vicino a un cadavere, nel silenzio, la m.d.p. zooma sul casco di Ward, riflettendo impietosamente la troupe al lavoro!
L'idea di base è buona e pure Fred Ward è un attore che ha sempre dato solidità. Il problema è che se William Dear voleva creare un film sul viaggio del tempo, non capisco il motivo per cui ha chiuso tutto il film nel West americano, che viene ridicolizzato, dove i cowboy sono ritratti come dei cavernicoli di fronte al fuoco. Quindi troppa immobilità; tuttavia l'ultimo minuto riabilita leggermente film, con un finale poetico e aperto.
Visto il titolo, mi aspettavo la classica avventura sci-fi di serie-B stile anni 80, con mezzi futuristici e moto super-accessoriate degne Big Jim. Invece tocca sorbire per un'ora e mezza le peripezie di un endurista finito nel passato, che si destreggia fra pistoleri e cowboys senza nemmeno rendersi conto di quel che succede. Per carità, l'idea ci poteva anche stare, ma il problema è che si sono fermati li, infarcendo tutto il resto di banalità e ironia assolutamente mai a segno. Davvero noioso...
Il soggetto di fondo è buono, ma è sviluppato in maniera altalenante intervallando momenti di pura monotonia ad altri più vivaci dove sembra stia per decollare. Sicuramente i mezzi non erano molti, ma una maggiore cura nella scrittura avrebbe giovato in termini di freschezza, anche perché il cast non era affatto male. Resta l’interrogativo del perché i personaggi del far west debbano essere pedissequamente dipinti in maniera così becera. Nel complesso si può soprassedere senza troppa pena.
Di fantascienza ce n'è poca e niente, se non l'idea del viaggio nel tempo, che qui è svolta in maniera bislacca. È un western paradossale ma con poco mordente. In più c'è una specie di storia d'amore che serve a poco, se non come scusa per dare senso al finale. Il prodotto è scarso, raramente riesce a interessare; i più simpatici sono i fuorilegge, specialmente quello che brama la motocicletta del protagonista; sì, perché è tutto qui il film: motocross nel vecchio west.
In un esperimento finito male un motociclista torna indietro nel tempo fino al far-west. In una sceneggiatura mediocre, un cast nella media e una convincente riproduzione delle ambientazioni, assistiamo alle vicende di questo cronoviaggiatore che per quasi tutto il film non si rende conto di dove si trovi: convincente dal punto di vista della credibilità, scaturita dalle reazioni dei personaggi. Ma il film ormai risente della sua età.
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