Come lascia intendere il titolo, nel film viene narrata la vicenda di una ragazza di nome Mona che vive da vagabonda, girando per le strade ed i paesi della Francia meridionale. La protagonista è sicuramente un personaggio interessante ma è da apprezzare il lavoro svolto con tutti i personaggi secondari. Tant'è che, forse, sebbene il film è concentrato ed incentrato su Mona, i veri protagoniti sono gli altri, con le loro vite "normali" "con tetto e legge".
Seguendo un ideale illusorio di libertà, Mona sceglie una vita di strada, arrangiandosi giorno per giorno grazie alla disponibilità di chi incontra. Nonostante il suo carattere irriducibile e anaffettivo, troverà quasi sempre negli altri uno sprazzo di umanità e di comprensione. Varda affronta l'ideologia di "libertà oppositiva" e implicitamente critica delle regole della "normalità" e ne esce un ritratto contraddittorio e autodistruttivo fuori tempo massimo (anche allora). Regia comunque agile nell'alternare luoghi e persone sfiorati da Mona.
MEMORABILE: La musica contemporanea "fuori luogo"; La presenza di Yolande Moreau; I rifugi di Mona; L'ammonimento del filosofo/pastore.
Non c'è compiacimento estetico né giudizio moralizzante nella ricostruzione investigativa che Varda fa degli ultimi mesi di vita di Mona (Bonnaire), giovane giramondo per scelta che vaga da un angolo all'altro della Francia alla ricerca di una libertà egotistica, utopica e, in definitiva, irraggiungibile. Popolato da marginalità sociali, economiche e geografiche bene messe in evidenza dal'abbruttito contesto ambientale, il racconto di Varda è interessante anche per i parallelismi morali suggeriti con il meschino microverso piccolo borghese da cui la protagonista decide di fuggire.
MEMORABILE: La celebrazione carnascialesca (e un filo inquietante) del carnevale contadino che si trasforma in presagio di morte per Mona.
Ragazza vagabonda viene trovata morta in un campo. Storia di una scelta di vita vista impostata a mo’ di inchiesta, con le persone incontrate dalla ragazza che raccontano la loro percezione dopo averla vista. La Bonnaire esprime la durezza del carattere anche nella gestualità e, a tale riguardo, il taglio benevolo dato dalla Varda (con la donna borghese che la “ospita” nella macchina, ad esempio) non appare sempre giustificato, o almeno è difficile da credere nella realtà. Nella seconda parte la parabola discendente esprime al meglio il baratro sia personale che ambientale.
MEMORABILE: Il confronto tra le mani; La tenda nel cimitero; “Un conto è errare, un conto è aberrare”; Le scene in stazione.
Agnès Varda HA DIRETTO ANCHE...
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Direttamente dall'archivio privato di Buiomega71, il flanetto di Tv Sorrisi e Canzoni della Prima Visione Tv (Ciclo: "Ultimo spettacolo, le prime", martedì 7 novembre 1989) di Senza tetto nè legge:
CuriositàApoffaldin • 13/05/25 10:11 Pulizia ai piani - 278 interventi
ENTRARE NEL PERSONAGGIO
In un'intervista concessa a Roma la regista Agnès Varda disse di aver costretto Sandrine Bonnaire a vivere con una vera clochard.
"Ho lasciato Sandrine e questa ragazza da sole per due giorni e due notti in un bosco lontano dalla città. Avevano una scatola di fiammiferi, qualche patata, due coperte. Si sono aiutate, parlate. È stato importante per entrambe e per il mio film".
FONTE: Giovanna Grassi, Agnès Varda: "Amo iribelli", in Corriere della Sera, 27 febbraio 1986, pag.17.