L'esordio di Herzog nel lungometraggio conferma alcune caratteristiche dell'autore tedesco: la voce narrante, la ricercatezza tecnica (la fotografia in bianco e nero è perfetta), l'approccio particolare... Siamo in Grecia e alcuni soldati vengono trasferiti in una fortezza dove passano il tempo in vari modi. Un esperimento in cui il cinema diventa poesia con diverse scene davvero toccanti (la lettura delle epigrafi, il finale con i fuochi d'artificio, lo zingaro...) valorizzate da una regia pasoliniana. Da gustare con calma come un caffè...
Notevole esordio nel lungometraggio da parte del mitico regista tedesco; il film, attualissimo e che pare non esser invecchiato di un sol giorno, non è poi così lento e si fa apprezzare sotto tutti gli aspetti (regia, fotografia, dialoghi, regia, storia). Il cinema di Herzog si nutre di se stesso più che di citazioni e già solo questo suo primo film è praticamente un sunto di tutti i principali temi. La pazzia come risposta a una situazione assurda. Molto buono, anche a una seconda visione.
A una piccola compagine di soldati tedeschi viene ordinato di sorvegliare un deposito di munizioni. Soggetto dagli sviluppi letterari in cui la noia di essere in “vacanza” dalla guerra porta a implodere fino alla pazzia. Herzog utilizza uno stile essenziale e descrittivo (con voce fuori campo a spiegare gli antefatti) che migliora man mano fino a una seconda parte ricca di significati. Lo squilibrio mentale quasi si fa gioia e la voglia di evasione ha un che di malinconico. Alcune inquadrature, sebbene fisse, sono molto efficaci.
MEMORABILE: Il re zingaro; In perlustrazione sull’altopiano deserto; I primi fuochi all’impazzata; L’asino morto trainato.
In un bianco e nero evocativo e quasi astratto, Herzog si cimenta nel suo primo lungometraggio raccontando la storia di un gruppetto di soldati messo a presidiare una remota fortezza nell'isola di Kos; tra questi Stroszek, il più fragile e il più segnato dalla guerra, esasperato dall'inutilità dell'operazione, comincia a dar segni di una pazzia vendicativa. Si percepisce, nonostante la lentezza della prima parte, la forza espressiva e ideale del regista che si confermerà in tutta la sua produzione, tra invenzione e cenni di autobiografia, in un realismo trasfigurato e significativo.
MEMORABILE: Le antiche incisioni greche, in riferimento al nonno Rudolf Herzog, archeologo; Fricke al pianoforte; La sfuriata contro i compagni e la moglie.
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