Cavallone dirige un dramma la cui ferocissima critica è rivolta a una Germania post-dittatura dove esistono ancora omertà e disinvoltura. Il dramma (fulcro del film) viene commentato sovente con inserti storici di repertorio, la cui esaustiva ripetitività crea al film un bizzarro clima da documentario storico. La recitazione di Calonghi è alquanto esile, così come il montaggio spesso assai troppo “sperimentale” e, in alcune scene, certi inusuali posizionamenti di mdp. Tuttavia il film non delude, grazie anche al pungente script di Cavallone e all’ottima musica swing di Patruno.
MEMORABILE: Il processo agli ex capi nazisti; Il finale.
Riemerso miracolosamente dal nulla dopo quasi sessant'anni di oblio e con un titolo diverso, l'esordio perduto di Cavallone rileva intenzioni generose ma soffocate da una verbosità debordante e inconcludente, da un montaggio dalle pretese inutilmente sperimentalistiche e dalla recitazione inadeguata di Calonghi. Comunque un documento curioso e interessante se non altro perché permette di intravedere in nuce alcuni dei temi che saranno al centro delle future opere dell'autore. Decisamente audace per i tempi la parentesi erotica, che comunque non c'entra nulla con il resto.
MEMORABILE: Il discorso del difensore degli imputati nazisti.
A lungo ritenuto perduto e solo in tempi recentissimi riemerso in superficie, l'esordio finzionale di Cavallone merita una visione non solo per soddisfare pruriti completistici, ma anche per le peculiarità di un oggettino strambo, a tratti indecifrabile (mal si adattano certi vezzi sperimentali nel montaggio), nel suo poveristico (gli abbondanti inserti documentaristici, ciclicamente ripetuti: i primi piani su sfondo neutro; la fluviale, mesmerizzante logorrea dei monologhi interiori di alcuni personaggi) ma del tutto dignitoso (ottima e variegata la colonna sonora di Lino Patruno).
MEMORABILE: L'arringa della difesa; La canzone nazista intonata al ricevimento.
Il discorso su come la Germania abbia gestito la spinosa eredità del nazismo è poco convincente, affrontato ricorrendo a una ricostruzione del processo di Francoforte in cui un avvocato si lancia in una lunga e retorica arringa mentre scorrono immagini documentaristiche. Più centrato e meno logorroico invece il tema dell'alienazione (di pochi anni prima era la trilogia di Antonioni), affidato alle riflessioni epistolari della fidanzata del protagonista. Moscio Paride Calonghi, buona la fotografia in bianco e nero, soprattutto negli interni. Confusionario talvolta il montaggio.
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DiscussioneBubobubo • 2/05/21 12:12 Archivista in seconda - 271 interventi