Lux Æterna - Corto (2019)

Metafilmico bad boy Noé convocato alla scrittura definitiva del gran manifesto cine-ideologico, fra una strizzata d'occhio tematica ad un Christensen d'annata e il reticolo intertestuale di citazioni letterali che dall'amato Carl Theodor (Dreyer) passano per Rainer Werner (Fassbinder) e l'immancabile epitaffio di Luis (Buñuel). Caccia alle streghe reale o metaforica, storica o trascendente? Dalle diva fragile e dittatoriale, Charlotte eterna spalla della personalità forte: entrambe in croce, ad espiare peccati (non solo) propri. Finale di pura apocalisse sonico-visiva: avvisati.

Regista e attrice attendono che il set sia pronto per girare una scena di un film sulle streghe. Noé gira una sorta di mockumentary tra citazioni colte (Dostoevskij, Dreyer) e ispirazioni godardiane dando il suo personale contributo di bombardamenti visivi e suoni stranianti. Il cinema è arte che viene creata dal caos e il suo obiettivo viene raggiunto in un finale che, sebbene stordisca, è potente. La fase propedeutica tra split screen (che nulla aggiungono), backstage tipo sfilata di moda e intromissioni di ogni genere dà un senso di forzatura. La Gainsbourg meglio della Dalle.

Noè come Lars von Dreyer. O come agente 007 missione Fassbinder. Il sacro fuoco del cinema. L'adesione attoriale come stregoneria. Il film è santa inquisizione dello sguardo, a sua volta pira punitiva del peccato originale della creazione. Il meta che si fa metà anziché doppio artaudiano. Preziosismo lessicale e apriorismo teoretico precedono e ostacolano l'opera; la furente stroboscopia, traslato di ipnosi cecità rogo, suggella l'aporia: il corpo non segue lo spirito, lo spirito non segue il corpo. Il passo è sciaguratamente carraio anche per lo spettatore, cui Noé nega l'imbarco.