La distruzione del mondo - Film (1933)

La distruzione del mondo
Locandina La distruzione del mondo - Film (1933)
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MMJ Davinotti jr
Titolo originale: Deluge
Anno: 1933
Genere: drammatico (bianco e nero)

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La nostra recensione di La distruzione del mondo

Commenti L'IMPRESSIONE DI MMJImpressione Davinotti

Il catastrofico americano negli Anni Trenta; un film la cui unica copia attualmente in circolazione è stata ritrovata (doppiata in italiano) a Roma nel 1981, con tanto di titoli di testa rifatti in pieno stile fascista e sostituzione di insegne e titoli di giornale nella nostra lingua. La struttura in fondo non è molto diversa da quelle dei film analoghi di oggi (anzi, si può dire che il THE DAY AFTER TOMORROW di Emmerich potrebbe quasi esserne un remake), al netto di ingenuità che ovviamente ci appaiono ormai datate. Presentati velocemente due o tre personaggi ma trascorsa la maggior parte del tempo all'interno...Leggi tutto di un ente meteorologico che registra le allarmanti notizie provenienti da tutto il mondo (gli addetti leggono continuamente drammatici dispacci che segnalano venti fortissimi, un'eclissi improvvisa e via dicendo), si passa all'azione catastrofica; e considerati gli anni va detto che gli effetti speciali mantengono una loro dignità. I grattacieli che crollano sono ovviamente modellini, ma ben fatti. E se si esclude una evidente difficoltà nell'amalgamare le immagini in primo piano con quelle sullo sfondo si potrebbe definire il risultato soddisfacente (e sicuramente tale era quando il film venne proiettato). Anche lo tsunami che colpisce New York (Statua della Libertà compresa) può definirsi a suo modo efficace. Sono dieci minuti per l'epoca spettacolari, mentre quanto segue si riallaccia alla tipica lotta tra sopravvissuti che saremo abituati a seguire nei tanti “postatomici” che verranno. L'uomo che avevamo visto all'inizio condurre una vita felice con moglie e figli (Sidney Blackmer, che molti anni dopo ritroveremo al fianco di Ruth Gordon come vicino terribile in ROSEMARY'S BABY) si risveglia dopo il cataclisma in perfetta solitudine, una bella nuotatrice (Peggy Shannon) viene invece subito approcciata da brutti ceffi che la invitano a passare il tempo con loro; ma lei non vuole, si ribella, fugge via mare e raggiunge la capanna dell'uomo rimasto solo, decidendo di mettercisi assieme fin dalla prima notte all'addiaccio. Nell'entroterra intanto si sta sviluppando una nuova comunità, molto numerosa e alla quale appartengono pure la moglie del disperso coi due figlioletti. La coppia a breve si riformerà e alla nuotatrice piantata in asso non resterà che cercarsene... un altro più bello che problemi non ha. Ad oggi il film suscita tenerezza: le storie sono di una semplicità imbarazzante, i dialoghi improponibili, la melodrammaticità della situazione difficilmente appassionante. Dell'insieme, insomma, vanno consegnati ai posteri i dieci minuti di terremoti e inondazioni, con la città di New York che cede progressivamente tra la polvere, l'acqua e il fumo. Il resto sono romantici testa a testa, un breve scontro tra moglie e amante, i rozzi burini che vorrebbero la nuotatrice tutta per loro... Volendo si possono anche paragonare queste scene a quelle di tanta solida “serie B” attuale: lontana dal cinema di alta qualità ma tutto sommato godibile.

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TITOLO INSERITO IL GIORNO 10/12/15 DAL DAVINOTTI
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Schramm 14/03/16 16:27 - 4046 commenti

I gusti di Schramm

Sostanzialmente, quanto avrebbe combinato Emmerich se fosse nato due generazioni e mezzo prima: il catastrofismo più pessimista con la destra, l’apocatastasi iperglicemica con la sinistra, e giù giocoleria. Polveroso acting da Carosello, panico di massa in fast-forward ridoliniano, calamità innaturali in cartongesso (ma la necessità virtù mostra già allora i suoi bravi assi di cuori), un contesto apocalittico paradossalmente accomodante, che muove al buonumore. Come in molta sci-fi primeva, l’effetto è quello di vedere cuccioli di gatto che giocano, praticamente impossibile non illanguidirsi.

Cerveza 6/02/24 13:38 - 853 commenti

I gusti di Cerveza

La grande depressione riaccende le paure anestetizzate dall’età del jazz, lasciando il campo alle lotte sociali per la sopravvivenza. Feist traduce questi conflitti incaricando la natura di azzerare i simboli della vanagloria umana. In modo decisamente frettoloso e ingenuo ci propone sopravvissuti che hanno perso tutto (tranne brillantina e Winchester) e naufraghe dall'outfit impeccabile. Ma incongruenze e facilonerie abbondano, così come i dialoghi in bilico tra il puerile e il retorico. Da guardare con la tenera benevolenza con la quale si può guardare la nonna novantenne.
MEMORABILE: Le donne che non possono restare nubili per legge; Claire che “sa badare a sé stessa”... almeno fino a quando non le portano via l’uomo.

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